Caos e manganelli a Milano contro un gruppo di ragazzi stranieri. La denuncia sui social: “Imparziale ricostruzione degli eventi “

Negli ultimi giorni sarà capitato a molti utenti dei social di imbattersi nel video di Huda, ragazza di 18 anni che in poco più di 7 minuti, racconta dell’ennesimo triste caso di razzismo nel nostro paese. Huda ha infatti deciso di affidare ai propri follower su Instragram e TikTok la denuncia delle violenze subite da un gruppo di ragazzi stranieri, tra cui lei stessa era presente, da parte di forze dell’ordine e militari. Il racconto degli avvenimenti non risponde solo alla necessità di diffondere un messaggio di sensibilizzazione; la ragazza ha voluto infatti mettere l’accento sulla poca e – secondo lei – imparziale ricostruzione degli eventi operata dalle testate giornalistiche le quali avrebbero fatto riferimento esclusivamente al resoconto dei militari.

 

Frame di alcuni video sul canale instagram @riphuda

É pur vero però che gli eventi in questione, avvenuti domenica mattina a Milano, possono apparire quanto meno confusi a fronte di una narrazione frastagliata e difficilmente oggettiva. A ciò si deve inoltre aggiungere un ulteriore tassello venuto a galla nelle ultime ore: una precedente rissa nella medesima zona che pare abbia svolto un ruolo cruciale nell’azione delle forze dell’ordine.

I fatti antecedenti all’arrivo dei poliziotti

Verso le 4 del mattino a Milano, a sud del centro e in zona Navigli, scoppia una rissa. Il motivo, secondo i presenti e come testimoniato da alcuni video postati sui social, sarebbero una serie di apprezzamenti e molestie rivolte nei confronti di una ragazza, nonché compagna del rapper Inoki; quest’ultimo dopo una serie di minacce e intimidazioni avrebbe reagito scagliandosi contro il molestatore e dando così inizio alla rissa.

Il rapper Inoki e un ragazzo presente allo scontro, fonte: Fanpage

Subito divisi, Inoki e la sua compagna si allontanano, ma i militari di stanza a Darsena, accorsi per calmare la situazione, richiedono l’intervento della polizia. Inoki ha successivamente confermato il suo coinvolgimento nella rissa tramite una storia su Instagram.

Storia caricata sul suo profilo instagram da Inoki, fonte: Fanpage

 

L’arrivo della polizia e l’assalto al gruppo di stranieri

La polizia, allertata dai militari, si presenta alle 5:45 nella medesima zona ma in Piazza XXIV Maggio. Qui un gruppo di ragazzi, secondo le ricostruzioni circa 15 di età compresa tra i 18 e i 25 anni, sta facendo colazione presso il McDonald del posto. Uno di loro inizia a suonare ripetutamente il campanello di un monopattino a noleggio e la pattuglia si avvicina ai ragazzi. Ciò che succede successivamente è descritto differentemente a seconda delle ricostruzioni. Secondo i ragazzi del gruppo il ragazzo di colore, non comprendendo l’invito da parte del poliziotto di cessare quel rumore, continua innocentemente a suonare il campanello. Secondo altri, e soprattutto i poliziotti presenti, i ragazzi iniziano a tenere un comportamento provocatorio nei confronti degli agenti. Quel che è certo è che, dopo pochi minuti, giungono sul posto altre sei volanti della polizia e addirittura due camionette dei carabinieri da cui sono scesi alcuni militari in tenuta antisommossa.

Le violenze

I militari iniziano a spingere i ragazzi, i quali, come testimoniato in alcuni frame di video, rispondono con atteggiamenti di resistenza passivi (rimanere seduti al tavolo e iniziare a cantare). Questo almeno finché uno dei ragazzi non risponde con una frase provocatoria. Il ragazzo viene quindi trascinato e picchiato e stessa sorte spetta immediatamente dopo a una ragazza frappostasi fra loro e il giovane per soccorrerlo. La 20enne riceve diverse manganellate, tra cui una in testa, e sufficienti a convincere i presenti a chiamare un’ambulanza. Data l’escalation di violenza alcuni ragazzi si muniscono di bottiglie per difendersi dai carabinieri che prontamente li inseguono e li picchiano.

Successivamente alla fine delle violenze ai ragazzi seguono momenti meno concitati durante i quali viene loro chiesto di mostrare i documenti. Il tutto si conclude con il trasporto in ospedale della ragazza che ha ricevuto una manganellata in testa e l’arresto di un ragazzo reo di avere opposto resistenza lanciando bottiglie di vetro.

I militari in tenuta antisommossa caricano i presenti, fonte. settenews

La versione della polizia

Diversa dalla ricostruzione appena fatta è quella invece presentata dai carabinieri e prontamente diffusa dai – in realtà pochi – giornali interessatisi. In essa viene riportato che le forze dell’ordine si sono recati sul posto “in quanto era stata segnalata loro una rissa”. La polizia “constatata la presenza di un gruppo di giovani, in prevalenza stranieri” ricevono dagli stessi “atteggiamenti provocatori”. I ragazzi, assembrati nei pressi del locale, a differenza di quanto riportato dai presenti, erano intenti a “bere alcolici e ascoltare musica ad alto volume”. All’allontanamento degli stessi da parte dei militari sopraggiunti è seguito il lancio di bottiglie, successivamente al quale i ragazzi sarebbero stati “dispersi dopo una breve azione di contenimento”.

Nel comunicato si riferisce l’avvenuta identificazione di 12 persone per violazione delle restrizioni per la pandemia da coronavirus. Un ragazzo italiano di 19 anni è stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. Si cita anche il fatto che “una 20enne originaria del Burkina Faso” abbia riportato una leggera contusione alla testa. La ragazza è stata prontamente trasportata all’Ospedale Fatebenefratelli. Nella nota però non si dice che la ferita è stata provocata proprio dall’intervento dei carabinieri come testimoniato nei video.

frame del video di @riphuda in cui si vede la fronte della ragazza che ha ricevuto una manganellata, fonte: news.robadadonne

 

La risposta della polizia alle domande

“Quello di domenica è stato un intervento come mille altri, non ci sono motivi per modificare o aggiornare la ricostruzione che è stata passata ai giornali”. Questa la risposta dei Carabinieri di Milano alla richiesta di chiarimenti da parte di alcuni redattori del Post. Da quel che risulta, inoltre, pare non essere stata neppure avviata alcuna forma di indagine interna circa i fatti sopra trattati.

 

Filippo Giletto

 

La caserma degli orrori: torture, abusi, droghe e lesioni a Piacenza

Dopo mesi di indagini condotte dalla guardia di finanza per conto della procura della repubblica della cittá emiliana, é stato possibile ricostruire passo dopo passo l’esistenza di una vera e propria organizzazione criminale di cui facevano parte Giuseppe Montella, Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga, Daniele Spagnolo, Marco Orlando e Stefano Bezzeccheri. L’operazione denominata Odysseus ha portato alla luce all’interno della caserma Levante di via Caccialupo a Piacenza un sistema di corruzione, dallo spaccio di droga all’estorsione e lesioni personali. Sistema andato avanti nella vendita di droga anche durante la pandemia covid-19, nonostante la città di Piacenza fosse uno dei  centri più colpiti .FLASH Ndrangheta, 14 arresti tra Corsico e Reggio Calabria per ...

Operazione Odysseus

L’operazione Odysseus è nata a seguito del racconto di un militare, il quale durante una testimonianza alla polizia per un’altra inchiesta, si era ricollegato ad alcuni avvenimenti brutali della caserma Levante, raccontati da un uomo che li aveva subiti in prima persona. Le indagini durate sei mesi avevano riconosciuto tra le altre cose uno dei sei carabinieri accusati, a bordo di un auto con dei spacciatori al casello di Milano sud durante l’emergenza coronavirus. Questo è stato solo uno dei campanelli di allarme che hanno condotto la guardia di finanza a una maxi investigazione attraverso intercettazioni telefoniche.

Le intercettazioni

Un sistema di corruzione svelato grazie alle opere di intercettazione telefoniche e telematiche. Un captatore informatico installato sui dispositivi degli indagati, in modo da garantire l’accesso segretamente alle foto e alle conversazioni audio di quest’ultimi. Una rete di corruzione ruotante intorno allo spaccio di droga. Era Montanella stesso che si preoccupava di rifornire direttamente i pusher alle sue “dipendenze”acquistando ingenti quantitativi di stupefacente, chili in alcune occasioni, trasportati anche a bordo della sua auto fino all’abitazione degli spacciatori o in alternativa la droga sequestrata veniva presa dai carabinieri e data in parte all’informatore per compensarlo della soffiata e in parte agli spacciatori con i quali poi dividere i guadagni della vendita in piazza . Tra le intercettazioni si vede:

“Ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi (…) in poche parole abbiamo fatto una piramide (…) noi siamo irraggiungibili”, aggiungendo: “Abbiamo trovato un’altra persona che sta sotto di noi. Questa persona qua va tutti da questi gli spacciatori e gli dice: “Guarda, da oggi in poi, se vuoi vendere la roba vendi questa qua, altrimenti non lavori” e la roba gliela diamo noi!”.

Riferimenti chiari che non lasciano spazio ad interpretazioni; è questo il quadro che si evince a seguito della maxi inchiesta ad opera della guardia di finanza.

carabinieri-arrestati-piacenza

Modus operandi

Un modus operandi senza scrupoli che si conforma a ciò che dovrebbe reprimere, in virtù della divisa che si porta. Ed ecco che chi dovrebbe farci sentire al sicuro, far credere nelle istituzioni, ci lascia ancora una volta con l’amaro in bocca. Una lista lunga di reati, che non tiene conto di niente e nessuno, neppure una pandemia, che ha portato oltre un milione di morti; è riuscita a fermare i carabinieri di Piacenza. Mentre l’Italia era completamente bloccata quella che sarà denominata come la caserma degli orrori agiva liberamente fornendo autorizzazioni per gli spostamenti ai  fornitori, permettendo di raggiungere la piazza di Milano per comprare la droga. Droga che veniva depositata in un garage stando alle intercettazioni su Montanella. “Vabbè senti a me ascolta me, tu prendi questo, tanto v’ho messo il timbro”, dice il carabiniere. Era il 17 marzo quando l’autocertificazione è stata consegnata davanti alla stazione dei carabinieri di Piacenza Levante e il 19 marzo il galoppino è tornato con 3 chili di marijuana trasportati con la stessa auto con cui era partito.

Gli abusi di potere

Nell’ordinanza di arresto sono emersi oltre allo spaccio di droga, torture e lesioni all’interno della caserma. In particolare il pestaggio di un cittadino accusato e arrestato ingiustamente di spaccio di droga mediante prove false, organizzate appositamente per giustificare l’arresto. Emerse anche foto contenenti dei selfie con le persone che venivano maltrattate, oltre intercettazioni in cui si sente un carabiniere dare ordine agli altri di ripulire dopo un pestaggio. Sulle brutalità commesse dalla caserma emiliana è intervenuto anche il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, assumendo tutti i provvedimenti necessari e consentiti dalla legge nei confronti del personale  in questione.

 

Eleonora Genovese

Spadafora, 42enne minaccia l’ex moglie poi muore per un malore

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Panico nella notte per una donna che aveva chiamato il 112 per segnalare la presenza minacciosa dell’ex compagno nei pressi della propria casa, ha avuto un epilogo inatteso e tragico per quest’ultimo. L’uomo che si sarebbe recato sul posto con propositi non amichevoli nei confronti della donna, è stato fermato in tempo dall’intervento dei carabinieri di Milazzo con i quali avrebbe avuto una colluttazione prima di essere immobilizzato.

Ma, dopo qualche minuto, lo stesso ha accusato un malore ed è morto mentre gli addetti del 118 cercavano di farlo riprendere. Una vicenda che è comunque oggetto di approfondimento da parte della Procura di Messina che ha avviato indagini per cercare di ricostruire tutti i dettagli di quelle ore che sono state seguite con apprensione anche dai residenti del centro tirrenico.

Tutto è cominciato quando al 112 è giunta la richiesta di intervento di una donna del luogo che, assai spaventata, segnalava la presenza minacciosa nei pressi della propria abitazione dell’ex compagno, che a suo dire mostrava un evidente stato di agitazione psico-fisica. “Intervenite subito – avrebbe urlato la donna – perché qui può accadere una tragedia”. E dopo pochi minuti sul posto sono giunti i militari della pattuglia che hanno cercato di convincere l’uomo a desistere dalle sue cattive intenzioni.

Ma l’uomo, 42 anni, originario di Messina, però da tempo residente a Spadafora, avrebbe reagito anche con i militari dell’Arma, facendo intendere che era una questione che doveva risolvere con colei che era stata la sua donna. A quel punto i carabinieri hanno cercato di bloccarlo e qui sarebbe scaturita la colluttazione che ha provocato il ferimento lieve di un militare che è stato poi refertato all’ospedale di Milazzo. Non senza difficoltà gli uomini dell’Arma sono riusciti a immobilizzare il 42enne. Nel frattempo è stato richiesto l’intervento dell’ambulanza del 118 di Saponara. Improvvisamente però l’uomo – secondo quanto riferito dai carabinieri del comando provinciale – si sarebbe sentito male e dopo qualche minuto è deceduto.

Da quel momento tutto è cambiato e successivamente è stato informato il magistrato che ha ordinato il trasferimento della salma all’obitorio del Policlinico, disponendo l’esame autoptico. Le indagini sono svolte dalla Procura che si avvale del personale del Comando provinciale Carabinieri.

 

Santoro Mangeruca