Noel Gallagher mostra se stesso in “Council Skies”

Il disco più maturo e più curato della carriera di Noel Gallagher. – Voto UVM: 5/5

 

Se si potesse tornare indietro nel tempo, sceglieremmo una data: 1995. Sono gli ultimi anni del ventesimo secolo, vanno ancora di moda i jeans Levi’s a gamba lunga, l’Ajax batte il Milan in finale di Champions (ci scuseranno i tifosi accaniti), e altri eventi particolari.

In ambito musicale, si affermano due band britanniche che daranno vita al movimento Britpop: i Blur (che torneranno con un nuovo album) e gli Oasis. La band, formata dai fratelli Liam e Noel Gallagher, ha coltivato una serie di successi finché non si è sciolta nel 2009.

Da lì, ognuno ha intrapreso una strada da solista. Liam è stato poco fortunato, al contrario Noel ha avuto maggior successo. Con la sua band High Flying Birds, il cantante ha pubblicato venerdì 2 giugno il suo quarto album in studio Council Skies, lontano dallo stile di Who Built The Moon (2017) che risulta essere il meno riuscito della sua carriera.

Struttura

L’album che vuole essere un omaggio a Manchester, sua città natale, è composto da 11 tracce (l’ultima è una bonus track, ma non troppo) e ruotano intorno ad un concetto cardine: la nostalgia.

L’artista ha dichiarato, in diverse interviste, di averlo scritto nel 2020, durante il periodo della pandemia in piena solitudine (in quel periodo si è anche separato dalla moglie Sarah MacDonald). Ha un tono molto riflessivo — quasi richiamando i toni di Chasing Yesterday (2015) — e cupo. Lo si evince non soltanto dalle chitarre leggere (che a volte regalano assoli decisi come in Easy Now e Pretty Boy), ma anche dalla scelta di inserire strumenti ad archi, trombe e vari. Risulta decisiva, dunque, la presenza del co-produttore Paul Stacey, collaboratore storico che è stato determinante per fare in modo che le tracce suonassero in modo lineare.

Non si può dire che sia un pandemic album (ci abbiamo fatto il tarlo), né tantomeno un disco rock pesante da digerire, tutt’altro. I continui richiami al passato e la profonda introspezione dei testi, mostrano un Noel Gallagher che spera di ritornare al mondo di prima, anche se è consapevole che niente sarà come prima:

I can lend you a dream
‘Til we meet again
I’m dead to the world
I don’t know where I’ve been (Dead To The World)

Noel Gallagher
Noel Gallagher. Fonte: 1057thepoint.com

Uno sguardo nostalgico

Nonostante la forza prorompente in I’m Not Giving Up Tonight, il coraggio di affrontare sé stesso in Open The Door, See What You Find (che probabilmente è la seconda parte di The Ballad Of The Mighty I in Chasing Yesterday), la malinconia si fa sentire molto. In Dead To The World, Noel affronta il tema della fine di una relazione ponendosi un passo indietro, come se cercasse di accettarla con la riserva di poter rimediare, consapevole che se decide di lasciare andare via tutto, potrebbe cadere in un sonno dogmatico abbandonando il mondo.

Questo senso ritorna in Trying To Find A World That’s Been And Gone Pt.1, la più significativa probabilmente del disco, dove si avverte la voglia di ritornare all’età dell’oro della musica e, probabilmente, della sua stessa vita:

You give me the will to carry on
In a place where I belong
As we try to find a world that’s been and gone
(Trying To Find A World That’s Been And Gone Pt.1)

La chitarra accompagna fino alla fine la canzone, e nel momento in cui irrompe la batteria, una nuova coscienza prende vita in Easy Now, posta non a caso al centro del disco. Le difficoltà, si sa, arrivano quando meno ce lo aspettiamo. Solo bisogna avere fiducia nel corso delle cose e trovare il coraggio di andare avanti, cavalcando la tempesta per arrivare alla destinazione, probabilmente la redenzione.

Quest’ultima, traspare maggiormente in We’re Gonna Get There In The End, le cui sonorità omaggiano lo stile dei Beatles (grande fonte di ispirazione per Noel).

La forza di andare avanti mostrando sé stessi

Noel Gallagher
Cover del dico “Council Skies”. Casa discografica: Gallagher Sour Mash Records.

La formula segreta che probabilmente rende la personalità dell’artista britannico e la sua musica così originale, di album in album, è quella di rimanere sé stesso.

Se già nell’album omonimo (Noel Gallagher’s High Flying Birds, 2011) e nel successivo Chasing Yesterday abbiamo visto una personalità esuberante e riflessiva, Who Built The Moon è stato una sorta di intervallo poiché ha voluto sperimentare nuovi sound, non ottenendo forse il risultato che si aspettava. Council Skies invece, sembra davvero il suo capolavoro non solo come artista, ma anche e soprattutto come uomo. Non è sempre facile, considerando che è rimasto radicato in un genere. Ciò nonostante, ha scelto di riattraversare le sue origini dalle quali è impossibile prendere le distanze, rimanendo coerente alla sua poetica.

Il rock non è ancora morto, e forse Noel Gallagher non ha intenzione di abbandonare la scena britannica, portando ancora avanti lo stile degli Oasis al di là delle spiacevoli vicende. Magari tornano, chissà. Nel frattempo, godiamoci questo viaggio introspettivo.

 

Federico Ferrara

“Don’t stop” all’improvviso: è il ritorno degli Oasis?

A quanto pare il 2020 regala anche qualche gioia.

Alle 23.59 del 29 Aprile tanti erano i fan che aggiornavano le varie piattaforme musicali in attesa del rilascio del singolo Don’t stop.

Per i pochi che non li conoscessero, ripercorriamo brevemente la storia del gruppo.

Gli Oasis nascono a Manchester nel 1991 da un progetto dei fratelli Noel e Liam Gallagher a cui presero parte Paul “Bonehead” Arthurs, Paul “Guigsy” McGuigan e Tony McCarroll. È questa la prima formazione che, nel corso degli anni, ha visto cambiare diversi componenti (Alan White, Gem Archer, Andy Bell, Zak Starkey), mantenendo al centro dell’attenzione l’eccentrica coppia Gallagher.

“Don’t Look Back in Anger”, “Wonderwall”, “Champagne Supernova” sono solo alcuni dei brani che li hanno consacrati come band di riferimento del Britpop, movimento musicale inglese che ha caratterizzato gli anni ’90. L’apice venne raggiunto nel 1995 quando si resero protagonisti della storica band battle con i Blur (vago ricordo all’analoga contesa tra Beatles e Rolling Stones), uscendone vincitori e sopravvivendo allo stesso movimento, grazie anche all’esplosione oltre oceano dei primi anni 2000.

Il 2002 segna <<una nuova era>> per la band, come detto dal fratello maggiore stesso con brani del calibro di Stop Crying Your Hearth Out e Little by Little.

In totale la loro carriera conta più di 70 milioni di dischi in tutto il mondo e vanta numerosi riconoscimenti sia per i singoli che per la band, che si è aggiudicata per due anni consecutivi nel 1995 e 1996 (come Noel Gallagher) il prestigioso riconoscimento Song writers of the year.

Il sipario calò su di loro a seguito dello scioglimento, a tre date dal termine del tour mondiale, nell’agosto 2009 con una lite accesa tra i due fratelli (due chitarre ne furono vittime), che vide Noel annunciare la sua definita uscita dal gruppo e l’inizio della sua carriera da solista.

«È con un po’ di tristezza e grande sollievo che vi dico che questa notte lascio gli Oasis. La gente scriverà e dirà quello che vorrà, ma semplicemente non riuscirei a lavorare con Liam un giorno di più. Le mie scuse a tutte le persone che avevano comprato i biglietti per Parigi, Costanza e Milano.»

Sono passati 11 anni durante i quali i fan hanno sempre coltivato il sogno di una reunion, a volte alimentata anche dallo stesso Liam, ma sempre prontamente smentita, spesso in modo ironico e colorito, dal fratello maggiore.

Capite bene quindi che per gli appassionati leggere rumors su un nuovo singolo, abbia riacceso la speranza.

Liam con un tweet criptico lasciava presagire imminenti novità paragonabili al passaggio dell’asteroide che in questi giorni si è avvicinato alla terra.

Ma è stato proprio Noel a ritrovare in una tranquilla giornata di pulizia di quarantena questo reperto storico, già noto ai fedelissimi, risalente ad un soundcheck del concerto di Hong Kong di 15 anni prima e mai ufficialmente pubblicato.

Ecco così svelato l’arcano mistero.

Don’t stop

Se da una parte le sonorità ci portano indietro nel tempo ai vecchi e buoni Oasis, dall’altra il testo della canzone risulta tristemente attuale:

Bye bye my friend, I’m leaving
I’m gonna feast on the stars in the sky
And while I’ll be gone, don’t stop dreaming
And don’t be sad and don’t cry

al contempo però lascia aperto un invito alla speranza, a non arrendersi davanti alle avversità:

Don’t stop being happy
Don’t stop your clapping
Don’t stop your laughing

e ad aggrapparsi alla vita per allontanare “la notte”, come a voler allontanare “il buio” di questo brutto periodo:

Take a piece of life, it’s alright

To hold back the night.

Che sia stato forse il coronavirus a fare da paciere e a dare l’input per un concerto, magari benefico?

Non sembra, purtroppo, questo il caso.

Ad infrangere i sogni dei fan ci hanno pensato gli stessi fratelli – chi prima, chi dopo – lasciandosi andare su Twitter o tramite interviste a vari giornali ad un ping pong di dichiarazioni al veleno, che vanno avanti oramai da anni. Nonostante entrambi siano ben consapevoli che le loro carriere da solisti non raggiungeranno mai i numeri che toccavano insieme, non ne vogliono proprio sapere.

Anche un momento di condivisione come il lancio di “Don’t stop” ha lasciato emergere questi dissapori.

Liam stesso (sempre stato il più nostalgico dei due)  in un primo momento si è lasciato prendere dai ricordi che suscita la canzone (primo tweet), per poi ritrattare ed attaccare Noel a distanza di poco tempo (secondo tweet). Ha inoltre sfidato il fratello a pubblicare anche “Step Out” un brano da lui scritto e di cui il primogenito sarebbe geloso, consapevole del fatto non vedrà mai la luce.

Ma, come si dice, la speranza è sempre l’ultima a morire, nonostante i “tweet” siano avversi e probabilmente i due Gallagher starebbero ad un metro (forse più) di distanza anche senza l’ordine del distanziamento sociale!

Eppure, come disse Noel stesso:

<<La forza più grande degli Oasis era la relazione tra me e Liam. E alla fine è anche ciò che ha messo in ginocchio la band>>.

Forse basterebbe seppellire l’ascia di guerra e don’t look back in anger?

 

                                                                                                                    Claudia Di Mento e Luca Giunta