Nudes: “Non ho calcolato le conseguenze”

“Nudes” descrive con grazia una delle insidie dell’adolescenza 4.0 – Voto UVM: 4/5

Vuoi fare un brutto scherzo a un’amica? Questo è l’invito che un gruppo Telegram, nato a fine ottobre e arrivato in poco tempo a più di 10mila membri, rivolge ai suoi utenti affinché condividano materiale pornografico e dati di contatto di loro conoscenti.

Questo è il revenge porn: la divulgazione d’immagini e/o video sessualmente espliciti senza il consenso del soggetto ritratto. Indipendentemente dalle motivazioni – che possono andare dalla vendetta verso l’ex partner al ricatto- si tratta di una violenza fisica a tutti gli effetti, amplificata dall’umiliazione pubblica che ne consegue. Ad oggi, sebbene la costante e allarmante crescita, solo alcuni Paesi (tra cui l’Italia) hanno introdotto una specifica normativa per la repressione del reato.

La serie tv Nudes

Dal 20 aprile, in esclusiva su RaiPlay, è disponibile la prima serie tv italiana che affronta il tema del revenge porn. Adattamento dell’omonimo teen drama norvegese, Nudes (prodotta da Bim Produzione e Rai Fiction) racconta le vite di tre adolescenti diversi sconvolte dalla diffusione online di immagini e video della loro intimità e del conseguente tentativo di riprendere in mano la situazione. I dieci episodi, diretti da Laura Luchetti, sono ambientati nell’hinterland bolognese ma mancano di chiari riferimenti alla città emiliana, quasi a voler sottolineare come il fenomeno abbia portata globale.

Gazzelle e copertina dell’album “OK”.

Perfetta, perché tanto discreta quanto incisiva, è poi la colonna sonora Un po’ come noi. Undicesima traccia dell’album intitolato OK di Gazzelle, conferma la capacità del cantautore di coniugare le sonorità melodiche a temi mai banali, come l’amore e i patemi quotidiani.  

Nuda come una foglia in un giorno di pioggia
Mentre scende la sera o mentre mangi una mela
E pensi “questa vita è una galera”

La trama e i personaggi

Che cosa succederebbe se vedessi la ragazza che ti piace appartarsi con un altro dopo aver rifiutato proprio uno come te? E se vedessi la tua migliore amica preferire la compagnia di un ragazzo alla tua? E se un ragazzo, più volte, ti chiedesse di fargli vedere quanto sei bella?

I protagonisti:Sofia (Fotinì Peluso),  Ada (Anna Agio) e Vittorio (Nicolas Maupas)

Vittorio (Nicolas Maupas) ha diciotto anni e tutte le carte in tavola per essere un “vincente”: dall’aspetto carismatico al supporto dei fedeli amici e della fidanzata Costanza (Giulia Sangiorgi). La sua vita perfetta però cambia quando è invitato a comparire in questura perché, durante una festa, avrebbe postato online un video pornografico ritraente l’allora minorenne Marta (Geneme Tonini).

Sofia (Fotinì Peluso) ha sedici anni e, incoraggiata da nuove amicizie, si allontana dalla sua comfort-zone e dalla storica compagna di arrampicata Emilia (Anna Signoroldi). Durante una festa, realizza il sogno di fare l’amore per la prima volta con Tommi (Giovanni Maini), il ragazzo per il quale ha una cotta. Il sogno si trasforma in un incubo quando, la mattina seguente, scopre che qualcuno li ha filmati e ha diffuso in rete il video.

Ada (Anna Agio) ha quattrodici anni e, a differenza delle coetanee e della migliore amica Claudia (Alice Lazzarato), non è ancora pronta a diventare una donna. Per gioco e per sentirsi meno sola, s’iscrive a un sito d’incontri, dove attira subito l’attenzione di Mirko che le chiede di inviargli delle foto intime. Poco tempo dopo, uno sconosciuto la informa che le sue foto circolano nel Web e si offre di risolvere la questione senza coinvolgere i suoi genitori.

Un “grillo parlante” ma non giudicante

Nudes racconta quel momento di passaggio, dall’infanzia all’età adulta, in cui tutto cambia e in cui una scelta apparentemente banale può avere delle conseguenze imprevedibili. Descrive abilmente quel limbo tra bene e male, tra vendetta, curiosità e purezza, tra scatti d’ira e pianti sotto la doccia che tutti gli adolescenti, di ogni dove e tempo, vivono.

I protagonisti di Nudes

Entra con delicatezza, seppur spesso in modo troppo repentino e semplificatorio, nelle vite dei ragazzi della Generazione Z, costretti a crescere in una società brutale e irruenta com’è quella odierna. Mostra l’emotività dei nostri ragazzi che, per quanto facciano il possibile per sembrare già “grandi”, rimangono esseri ancora fragili in perenne equilibrio tra ciò che dovrebbero (a detta degli adulti) e ciò che vorrebbero fare.

Tuttavia non c’è paternalismo perché mostra senza mai giudicare. La serie, infatti, esplora la realtà moderna con l’obiettivo non tanto di demonizzare le nuove tecnologie o la società ricca d’insidie bensì di aprire gli occhi, a ragazzi e adulti, sui rischi connessi a un’adolescenza vissuta in simbiosi con uno smartphone in una realtà in cui il pericolo è dietro l’angolo, ma ove basta veramente poco per “dormire sereni”. Lascia intravedere, inoltre, l’esistenza di strumenti legislativi di tutela per le vittime, anche se nella serie (purtroppo) non si arriva mai a fare giustizia se non per il pentimento spontaneo dei protagonisti.

Condividete le emozioni, non le foto

La frase «Non ho calcolato le conseguenze», che uno dei protagonisti pronuncia in Nudes, non è una giustificazione. Lo sappiamo tutti, dai tempi della scuola: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.  Nel caso del revenge porn, le conseguenze possono essere davvero drammatiche…

Lotta al revenge porn

Come ti sentiresti se il tuo migliore amico raccontasse a tutti un tuo segreto? Tradito? Umiliato? Ingenuo? Adesso immagina che il tuo “amico” lo racconti su un social network o ai tuoi familiari… Ecco, adesso, come ti senti? La regola è semplice: se crei o ricevi del materiale intimo o sessualmente esplicito, non sei autorizzato a condividerlo con altri. Mai. Condividete le emozioni, non le foto!

Angelica Terranova

Intervista a CIMINI per la tappa al Perditempo Cafè

Una sorpresa speciale per uno dei locali più avanti musicalmente della provincia di Messina.
Stiamo parlando del PerditempoSito presso l’Ex Pescheria di Barcellona, è attivo ormai da qualche anno e propone con cadenza settimanale musica dal vivo con artisti internazionali.

Domenica abbiamo avuto l’immenso piacere di ascoltare il cantautore CIMINI che con Anime Impazzite è tra i 69 finalisti di Sanremo Giovani 2018. Autore calabrese da anni trasferito a Bologna, è riuscito ad inserirsi nella scena musicale indipendente italiana pubblicando due dischi: L’importanza di chiamarsi Michele (2013) e Pereira (2015).

Dopo una pausa, pubblica il singolo virale La legge di Murphy (2017) e presenta a marzo il suo ultimo album Ancora Meglio. Prodotto da Garrincha dischi è un disco diverso da quelli precedenti con sonorità e stili vicini al panorama indie italiano. Si distingue l’originalità di scrittura dei testi, nei quali racconta la quotidianità e le sue emozioni.

 

Ciao CIMINI, come va?
Sto passando un bel periodo che è iniziato un anno fa con La Legge di Murphy, una canzone che mi ha cambiato la vita. Avevo bisogno di affetto e piano piano questo affetto mi viene ricambiato proprio dal pubblico. Fare un disco, fare canzoni e pubblicarle è un mestiere che mi piace. Avere contatto con le persone, capire, far capire ciò che ho da dire è bello. Ciò mi consente di creare empatia e di farmi sentire uno di voi, tra il pubblico.

Dai primi due album a questo è passato un po‘ di tempo, e anche musicalmente sei cambiato, più vicino alla scena indie italiana. Cosa ti ha portato a fare questa scelta?
Non è stata una scelta di vetrina, sicuramente. Ho sempre scritto canzoni per conto mio, ma ci sono vari motivi per questa scelta. Uno è molto tecnico perché mi sono ritrovato ad arrangiare questo  disco con un nuovo gruppo di lavoro: i ragazzi che suonano con me e Carota degli Stato Sociale. Quindi c’è stata una mano diversa. Rispetto a quello che facevo prima, ho deciso di creare uno stacco perché lo considero un ciclo della mia vita chiuso, che non mi appartiene più.

Il tuo nuovo disco si chiama Ancora meglio.
Sì, è un titolo ironico perché quando lo scrivevo allo stesso tempo vedevo un sacco di gruppi e persone che scrivevano delle canzoni, che si proponevano e cercavano di fare meglio degli altri creando una competizione esagerata. Al pubblico non interessa la concorrenza, ma ascoltare delle canzoni in cui ci si può ritrovare

Vivi a Bologna da un po’ di tempo, com’è lì l’ambiente musicale?
Vivo a Bologna da più di dieci anni. Sono andato in questa città con la scusa di studiare e piano piano ho fatto un sacco di amici che con il tempo sono diventati miei fratelli. Crescendo e conoscendo sempre nuove persone mi sono ritrovato anche nell’ambiente musicale ed è bello perché a Bologna questo ambiente è fatto dai ragazzi dello Stato Sociale, da Calcutta con il quale ci troviamo sempre in giro e da altri ragazzi che fanno gli artisti. 

Si conclude così la serata con un’ottima affluenza di pubblico, il quale si è lasciato trasportare “tra le luci provocate da esplosioni, meteoriti e scie di gas” con le note di Sabato Sera.

 

Marina Fulco

Il valore di un’esperienza, un cardiochirurgo che ha creduto nell’uomo

Quanti di voi stanno già contando i giorni che mancano a Natale? Tranquilli, non è nessuna strana sindrome dello studente! Tra lezioni, tirocini e studio può diventare difficile organizzarsi e trovare il giusto equilibrio tra l’impegno e lo svago, mantenendo desta la coscienza del proprio cammino. E quindi, nonostante la buona volontà, l’entusiasmo per quello che ci appassiona può affievolirsi, a meno che non si trovi una guida o un modello che testimoni concretamente l’essenza dell’essere medico.

Gian sulle Dolomiti.

In modo più o meno diverso, ciascuno di noi ha incontrato l’esperienza preziosa di un giovane cardiochirurgo italiano che ridestando il nostro desiderio, ci ha uniti nell’intento di raccontarla anche a voi.

Giancarlo Rastelli (per noi solo Gian) ebbe una vita breve, ma intensa. Nato a Parma nel 1933 da una famiglia benestante dell’epoca, già da bambino è sicuro di voler studiare medicina finché, dopo avere frequentato il liceo in città, riesce finalmente ad intraprendere la facoltà tanto desiderata. Quelli dell’università sono degli anni intensi che passano veloci, tra lo studio di una materia ed un’altra.

Gian si contraddistingue per le sue particolari doti intellettive che si combinano con una grande mitezza ed attenzione nei confronti dei compagni in difficoltà. Piero, un compagno del tempo, ricorda in una testimonianza il garbo con cui Gian gli diede una mano a studiare in un periodo particolarmente difficile di ristrettezze economiche.

Da studente non ci fu mai nulla che riuscì a distoglierlo dal desiderio di imparare per bene la scienza medica. Capitò, per esempio, che non tutti i professori durante i vari corsi fossero disposti a trasmettere le proprie conoscenze; in particolare, uno di questi, un uomo colto e di grande professionalità, era così geloso delle cartelle cliniche dei suoi pazienti e dei macchinari sanitari, tanto da custodirli gelosamente in uno scantinato a cui solo pochi avevano possibilità di accesso. Fu solo grazie ad un assistente del professore che alcuni studenti, tra cui Rastelli, riuscirono a soddisfare la voglia smisurata di imparare “sul campo”. Ad ogni modo, da neolaureato, ebbe anche l’onore di vedere pubblicata la sua tesi e, poco dopo, vinse una borsa di studio per la ricerca che lo portò nel “fantastico” mondo americano. Erano gli anni dell’American dream e scelse di continuare il lavoro alla Mayo Clinic di Rochester che ancora oggi rimane uno tra i più grandi ed importanti centri di ricerca. Proprio qui trovò l’ambiente favorevole per poter sviluppare appieno la propria creatività, non accontentandosi soltanto di quanto gli veniva insegnato dal suo direttore ma nutrendo il desiderio di approfondire e condurre sempre nuove ricerche.

Questo suo zelo lo portò persino a contraddire la diagnosi del suo maestro, il prof Kirklin, riuscendo ad intuire la condizione anomala del cuore del piccolo paziente prima ancora che venisse portato in sala operatoria: era il dicembre 1962.
Accanto alla soddisfazione ed il successo, questi furono anche gli anni in cui scoprì di avere un linfoma di Hodgkin, una malattia maligna che colpisce il sistema linfatico, all’epoca non curabile. Con una forza d’animo invidiabile ma che Gian sapeva bene da dove attingere avendo ricevuto e maturato nella sua giovinezza una Fede naturaliter christiana, continuò fino all’ultimo respiro la sua attività di clinico e ricercatore. Ciò è testimoniato dalle diverse pubblicazioni scientifiche in cui, meticolosamente, descrisse la morfologia di alcune cardiopatie congenite poco caratterizzate all’epoca. In particolare, dedicò molto tempo alla definizione anatomica del Canale atrio-ventricolare comune (si tratta di una “famiglia” di patologie legate ad una alterata formazione della porzione centrale del cuore, costituita dalle valvole atrio-ventricolari e le porzioni di setto inter-atriale ed inter-ventricolare ad esse contigue) e di altre due cardiopatie congenite molto gravi quali la trasposizione dei grossi vasi e del tronco comune arterioso. Grazie a questi studi poté formulare le tecniche chirurgiche, Rastelli 1 e Rastelli 2 che consentirono di ridurre sorprendentemente la mortalità ospedaliera dei pazienti operati dal 60 al 20%!

Nonostante l’America e la Mayo Clinic gli avessero dato la grande opportunità di realizzarsi appieno dal punto di vista professionale, Gian non dimenticò mai le sue origini italiane tanto che creò subito un cordone ombelicale con la sua Parma e l’Italia, avviando quello che venne definito “un pellegrinaggio della speranza” dei bambini cardiopatici italiani. Non solo offriva la disponibilità di intervento, ma spesso aiutava le famiglie a sostenerne i costi, pagando di persona, o organizzando delle vere e proprie

A. Il cartellone nello studio di Gian;                               B. Gian con Vincenzo dopo l’intervento.

campagne per raccogliere fondi. E’ straordinaria la storia di Vincenzo Ferrante, all’epoca un bambino considerato inoperabile che, invece, giunto alla Mayo, venne adeguatamente curato e visse fino a qualche tempo fa lavorando come ingegnere a Napoli. Come lui molti altri bambini ebbero la stessa opportunità e le loro storie sono tutte raccolte in un poster che Gian teneva nel suo studio. Ancora oggi si legge la scritta centrale “L’amore vince” con tutte le firme dei bambini operati.

Una vita simile non può che stupire nella misura in cui viene riportata alla nostra realtà. S’impone forte il desiderio di vivere in modo autentico il nostro studio e, un giorno, la professione medica, proprio come Gian faceva. Questi che stiamo vivendo sono degli anni fondamentali in cui dobbiamo formarci per raggiungere l’obiettivo, essere bravi medici. Spesso Gian diceva che la prima forma di carità ai malati è la scienza, per questo non si tirò mai indietro di fronte alla ricerca. Dobbiamo essere capaci di curare i pazienti come va fatto, altrimenti tutto rischia di ridursi ad un paternalismo, ad un pietismo che non serve. E’ evidente che lo studio di oggi potrà fare la differenza un domani; con questa consapevolezza è possibile superare la fatica dell’apprendere, mantenendo fervida la motivazione.

E’ vero, però, che il percorso è lungo e la strada irta di ostacoli, così la stessa passione che ci ha portati a compiere certe scelte -per alcuni ben più radicali che per altri- viene e sarà messa alla prova costantemente (pensate a tutti i vostri colleghi che sono stati disposti a lasciare casa, gli amici di sempre e le loro città solo per poter studiare medicina, magari sei proprio tu che leggi!).

Capiremo man mano quanto siamo disposti al sacrificio, alla fatica di comprendere come funziona questo corpo. Pian piano le conoscenze si rafforzano e tassello dopo tassello saremo sempre più in grado di inquadrare le diverse condizioni ed assisterle. Capiremo anche che solo lo studio non basta, che la scienza da sola alla fine è sterile. Anche Gian lo aveva capito, infatti, durante le sue ore di studio con i compagni, improvvisamente incominciava a recitare l’inno alla Carità di San Paolo ed una volta medico diceva spesso: “Sapere senza saper amare è nulla, anzi meno di nulla!”.

Questa frase è probabilmente paradigmatica di tutta la sua esperienza umana, racchiude tutto il significato di una vita e, come tale, è preziosa.
La conoscenza, tutta la conoscenza che acquisiamo sarà, in definitiva, del tutto sterile se non la mettiamo a servizio dell’affetto, della simpatia nei confronti dei malati. Infatti, persa di vista l’ottica del servizio, la scienza diventa un mero tecnicismo applicato, ma non a favore dell’uomo.

Magari starete pensando che si tratti di una felice eccezione, probabilmente irripetibile o anacronistica. Eppure un grande scrittore del secolo scorso, C.S.Lewis, diceva: “Ciò che salva un uomo è fare un passo. Poi ancora un altro”. Per cui mettetevi anche in discussione, ma continuate a camminare tenendo alto il cuore. Sicuramente anche tra mille difficoltà e dispiaceri troverete chi, nel suo piccolo, vive la professione medica come totalizzante per la vita in una sintonia quasi spirituale con Gian.

 

Per approfondire:

 https://www.itacaedizioni.it/catalogo/giancarlo-rastelli/ 

https://www.annalsthoracicsurgery.org/article/S0003-4975(04)02308-2/fulltext

 

Ivana Bringheli

Daniele Carrello

Annalisa Ceruti

Benedetta Cherubini

Federica Mazzone