Nicole Kidman, “l’ultima diva di Hollywood”

Compie 55 anni oggi “l’ultima diva di Hollywood”: un attrice versatile che nel corso della sua carriera ha indossato diverse maschere. Metamorfosi continue che hanno reso Nicole Kidman una leggenda del cinema! Non ha bisogno di presentazioni: a chiunque almeno una volta nella vita sarà capitato di vederla sul grande schermo.

Sono passati 19 anni da quando sollevò l’ambita statuetta degli oscar, dopo aver vinto nella categoria di migliore attrice per l’interpretazione di Virginia Woolf in The Hours nel 2003. Cosa rende la Kidman l’ultima diva di Hollywood? Sono molte le risposte: prima di tutto l’eleganza e il portamento (guardandola ci sembra di ammirare una donna uscita da una copertina di Vogue).

Un altro punto a favore è la voce: per chi non lo sapesse, l’attrice non solo ha preso parte ad alcuni musical cinematografici, ma nella propria carriera ha anche inciso varie canzoni.

Il talento maggiore di Nicole Kidman, si esprime però nella recitazione. Ogni personaggio che interpreta lo rende suo e lo spettatore sembra immedesimarsi con lei.

Oggi parleremo di tre film che l’hanno immortalata nella storia di Hollywood.

Nicole Kidman in Dogville. Fonte: Zentropa Entertainment

Mouline Rouge! ( 2001)

Diretto dal regista Baz Luhrmann, Mouline Rouge! è un musical che è entrato a far parte della storia del cinema. Canzoni, trama, colori, cast: tutto è perfetto. Il film è ambientato nelle strade della Parigi del 1889, e le vicende si svolgono nel famoso locale Mouline Rouge, un cabaret, dove i clienti rimangano incantati dalla bellezza e dal talento delle ballerine di quel luogo magico. La protagonista è la bella Satine (Nicole Kidman), prima ballerina e c0rtigiana, che si innamora dello scrittore Christian (Ewan McGregor). I due innamorati se la dovranno vedere però contro il perfido Duca Di Monroth (Richard Roxburgh) che vuole possedere Satine.

La Kidman è a dir poco straordinaria: chiunque vorrebbe essere Satine, vivere quella storia d’amore, che a molti appare iraggiungibile

Palette rossa, Parigi, canzoni pop, e burlesque: unendo tutti questi elementi si può creare il mix perfetto per dar vita a una pellicola romantica, divertente e anche con un velo di malinconia.

Satine ( Nicole Kidman) e Chistian (Ewan McGregor). Fonte: 2oth Century Fox, Bazmark Production

The Others (2001)

Dietro la cinepresa troviamo il regista Alejandro Amenábar, che ha creato uno dei thriller e horror più famosi di sempre.

La storia si svolge sull’Isola di Jersey. Siamo nel 1945: la  seconda guerra mondiale è appena terminata. Grace Stewart ( Nicole Kidman), vive da sola in un’enorme casa coi i suoi due figli, Anne ( Alakina Mann) e Nicholas ( James Bentley), i quali soffrono di una malattia per cui non possono esporsi alla luce del sole e perciò uscire dalle mura del palazzo. Nella dimora vige una regola: le tende devono essere perennemente chiuse, nemmeno un singolo raggio di sole può entrare.

“Nessuna porta deve essere aperta prima che l’ultima sia stata chiusa, è così difficile da capire? Questa casa è come una nave e qui la luce deve essere controllata come se fosse acqua, aprendo e chiudendo le porte.”

Grace soffre di terribili emicranie,  il marito è lontano da casa, si trova al fronte e lei si ritrova ad essere una madre sola in una grande dimora, lontana da tutti, ed è perciò costretta ad assumere dei domestici.

Con l’arrivo di quest’ultimi, alla vita tranquilla dei proprietari subentrerà la paura: Grace vedrà qualcosa di anomalo nei nuovi arrivati, che inizierà a tormentarla.

Assieme al Sesto Senso, The Others viene considerato tra i film con uno dei finali più sconvolgenti mai creati.

La Kidman, è riuscita a far provare al telespettatore paura e angoscia (di certo non è una cosa da tutti!).

Grace Stewart ( Nicole Kidman) assieme alla figlia Anne (Alakina Mann). Fonte: Warner Sogefilms

Australia (2008)

Il regista Baz Luhrmann, ci porta nella sua terra senza confini e come protagonisti sceglie i suoi due connazionali Nicole Kidman e Hugh Jackman.

La storia è ambienta subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Da un lato abbiamo Lady Sarah Ahely ( Nicole Kidman), che lascia la caotica Inghilterra, per volare verso la “terra dei canguri”: qui si occuperà del ranch ereditato dal marito deceduto da poco.  Il personaggio della Kidman si sentirà smarrito nel nuovo Paese, un posto così grande e meno civilizzato rispetto alla Gran Bretagna, popolato dagli aborigeni.

Dall’altro lato abbiamo Drove ( Hugh Jackman), un mandriano vecchio stile, che adopera la locuzione “Vieni qui donna!”. A primo impatto sembrerebbe un “buzzurro”, ma sotto quella barba incolta e gli stivali da cowboy si nasconde un gentiluomo che farà conoscere alla nostra Lady le meraviglie dell’Australia.

Jackman e Kidman sono due attori straordinari: la coppia di cui non sapevamo di aver bisogno. Nicole Kidman qui non è solo una nobildonna, ma una “femminista”, che è riuscita a rendere giustizia alle donne del passato e presente con Lady, una donna forte e sempre elegante.

Nicole Kidman e Hugh Jackman in una scena del film. Fonte: 20th Century Fox

 

Nicole Kidman, nonostante il successo e i suoi innumerevoli lavori, una volta disse: «Sono diventata molto famosa molto presto. Anche perché ho sposato un uomo famoso.» Non siamo d’accordo con queste parole: il suo talento e la sua audacia l’hanno resa una dei volti più amati del grande schermo.

Ha lavorato con grandi registi (da Baz Luhrmann a Sofia Coppola.)  L’abbiamo sentita sulle note di Somethin’ Stupid con Robbie Williams e l’abbiamo amata nei panni della Dottoressa Chase Meridian in Batman Forever. Sono tanti e sono troppi i ruoli che hanno reso l’attrice dagli occhi color ghiaccio, l’ultima grande diva.

Alessia Orsa

Un patto tra la Cina e le Isole Salomone preoccupa gli Stati che si affacciano sul Pacifico

Negli ultimi anni tra Pechino e Honiara vi è stato un avvicinamento consolidatosi ora dalla scelta delle Isole Salomone di stabilire relazioni diplomatiche ufficiali con la Cina, interrompendo quelle con Taiwan. Il governo delle Isole Salomone ha più volte smentito, ma, martedì 19 aprile, è stato siglato un patto con la Cina, che verrà ratificato nel mese di maggio. L’accordo prevede la creazione di una base cinese nel piccolo Stato per motivi di sicurezza.

I ministri degli Esteri cinese e delle Isole Salomone (fonte: zazoom.it)

Molti abitanti delle isole contrari all’avvicinamento a Pechino

Alla fine del 2021, negozi di proprietà cinese a Honiara, la capitale delle Isole, erano stati vandalizzati e bruciati, mentre cresceva già concretamente l’influenza cinese e un conseguente malcontento tra la popolazione locale.

Lo scorso novembre vi sono state anche delle vere e proprie rivolte, durate tre giorni, che coinvolsero circa 800mila abitanti, contrari all’avvicinamento alla Cina: oltre alla rabbia nei confronti del governo dovuta alle difficoltà economiche aggravate dalla pandemia, vi è la storica rivalità tra gli abitanti dell’isola più popolosa del Paese, Malaita, e quelli di Guadalcanal, dove si trova la capitale amministrativa.

Viste le tensioni, il governo locale chiese successivamente aiuto all’Australia, ma anche a Fiji, Papua Nuova Guinea e Nuova Zelanda, le quali schierarono delle forze di pace. Poi, però, il mese scorso, è trapelata la notizia di una bozza dell’accordo ora raggiunto, a distanza di soli quattro mesi dalle sommosse.

Dunque, molti cittadini sono stati sin dall’inizio contrari alla scelta del primo ministro di stringere legami più stretti con Pechino, dopo aver bruscamente interrotto le relazioni di lunga data con Taiwan. Sembra, così, una scelta non condivisa da molti e più basata su un interesse specifico della capitale Honiara.

Prima di tale firma, la Cina ha combattuto diplomaticamente contro l’opposizione dell’Australia, distante 1500 km dall’arcipelago, e degli Usa. Canberra e Washington avevano provato a ostacolare l’accordo, ma senza successo. La preoccupazione nella scena internazionale scaturisce per la conseguente militarizzazione di un’area per molto tempo innocua al livello delle rivalità mondiali.

Più che un accordo per la sicurezza?

«I ministri degli esteri della Cina e delle Isole Salomone hanno recentemente firmato un accordo quadro sulla cooperazione in materia di sicurezza» ha dichiarato martedì scorso un diplomatico cinese, Wang Wenbin, alla stampa.

Ha definito questa che è stata siglata “una normale cooperazione tra due Paesi sovrani e indipendenti“, aggiungendo che l’accordo sosterrà la “stabilità a lungo termine” delle Isole Salomone.

Il diplomatico cinese Wang Wenbin (fonte: globaltimes.cn)

Le Isole non sono nuove, effettivamente, a momenti di instabilità, avuti in diverse occasioni, per motivi socio-economici e migratori, avuti soprattutto tra il 1998 ed il 2000. A un certo punto, è stato necessario richiedere la presenza di una Missione di Assistenza Regionale (Ramsi), che fu guidata proprio dall’Australia, per ben sedici anni, tra il 2003 ed il 2019.

Però, pare inevitabile notare che l’interesse della Cina sull’arcipelago vada ben oltre che la semplice assistenza nel raggiungimento di una sicurezza e stabilità interna maggiori. Proprio successivamente ai rapporti tra Taiwan e Isole Salomone, la Cina ha iniziato a potenziare i rapporti economici con quest’ultime, aumentando investimenti e coinvolgendole nei progetti legati alla Nuova Via della Seta.

Da alcune analisi, è evidente il dominio cinese ormai sostanzioso in tutti i settori dell’economia delle Isole e della crescente influenza anche sul governo. Inoltre, la Cina reputa indispensabili questi investimenti per dare uno scossone alla propria ripresa dalla pandemia da Covid.

La preoccupazione degli altri Stati

Non deve sorprendere il forte impegno a dissuadere Honiara a formalizzare il patto con Pechino. Esiste, infatti, un’alleanza strategica informale tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti, detta “Quad” nata con lo scopo di arginare l’espansionismo cinese nella regione dell’Asia-Pacifico.

Nelle ultime settimane, l’Australia e gli Stati Uniti avevano infatti intensificato gli sforzi diplomatici per dissuadere le Isole Salomone dall’avvicinarsi alla Cina:

«Crediamo che la firma di un tale accordo rischierebbe di aumentare la destabilizzazione nelle Isole Salomone e di creare un precedente preoccupante per tutta la regione delle isole del Pacifico» ha detto lunedì scorso il diplomatico statunitense Ned Price.

L’amministrazione Biden e il governo australiano avevano anche provato a far qualcosa mobilitando figure politiche e diplomatiche di spicco, senza che ciò abbia portato a risultati. Si era unito al malcontento il primo ministro neozelandese, Jacinda Ardern, che aveva affermato non essere necessario un accordo per la sicurezza delle Isole Salomone, dichiarandosi quindi preoccupata per la conseguente militarizzazione del Pacifico che ne deriva.

Gli Stati Uniti, a febbraio, avevano annunciato la riapertura di un’ambasciata nelle Isole Salomone dopo ventinove anni di non rapporti.

Ora, come ribadito dal consigliere per la sicurezza Jake Sullivan, gli Usa faranno molta attenzione erisponderanno di conseguenza” a un eventuale installazione permanente di una presenza militare “de facto” cinese nelle Isole. Questa la linea che vuole intraprendere la Casa Bianca, resa nota dopo che una delegazione statunitense si è recata nell’arcipelago del Pacifico, per incontrarne il primo ministro.

Già nel 2018, la stampa australiana aveva rivelato a un possibile interesse della Cina a costruire una base militare nelle Isole Vanuato, situate a 1500 miglia dalla costa nord-orientale dell’Australia, in un’area a lungo ritenuta immune alle rivalità tra grandi potenze, anche se la notizia poi non ebbe immediatamente seguito.

Bisogna, inoltre, ricordare un dettaglio assolutamente non trascurabile: la Cina si oppone a qualsiasi riconoscimento dell’identità indipendente di Taiwan, ritenendola parte del proprio territorio. Ora dovrebbe risultare più chiaro il motivo della preoccupazione per questo patto. La “guerra diplomatica” per la supremazia nel Pacifico è già in atto e prevede mosse e contromosse da parte dei contendenti.

 

 

Rita Bonaccurso

L’eruzione del vulcano Hunga e gli tsunami nel sud Pacifico. Cosa sappiamo sinora

4 giorni fa si è verificata una potente eruzione vulcanica nei pressi di Tonga, un piccolo arcipelago del Pacifico situato a pochi chilometri di distanza dal vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, provocando nel giro di pochi minuti un’onda anomala di 1,2 metri che si è abbattuta sulle coste di Nuku’alofa, capitale dell’isola maggiore Tongatapu.

L’eruzione di sabato 15 gennaio – seguita da un’altra lunedì 17 – non è un caso isolato: il vulcano era stato dichiarato attivo già lo scorso 20 dicembre, ma per gli esperti soltanto pochi giorni fa si è verificata una delle più violente attività vulcaniche registrate negli ultimi 30 anni. Un’eruzione storica che ha costretto a diramare l’allarme in un’ampia area del Pacifico, dalla vicina Nuova Zelanda a tutta la West Coast americana.
La situazione al momento è ancora critica, anche a causa di un blackout delle comunicazioni che impedisce di avere un bilancio certo di morti, feriti e dispersi. Tra le prime vittime ci sarebbero tre donne.

Le conseguenze dell’eruzione

Tonga è un arcipelago di 169 isole situato a 2.300 chilometri a nord dalla Nuova Zelanda e abitato da circa 100.000 persone. Il vulcano sottomarino si trova circa 65 chilometri a nord dell’isola principale e prima di eruttare in maniera violenta lo scorso sabato era rimasto inattivo per ben 7 anni.

Non è ancora stato possibile determinare l’entità ufficiale dell’eruzione che ha segnato il risveglio della caldera dell’Hunga-Tonga-Hunga-Ha’apai, così come non è ancora chiaro se il vulcano abbia raggiunto il culmine della sua attività.

Il fatto che l’evento vulcanico abbia provocato una fuoriuscita di cenere, vapore e gas a circa 30 chilometri nell’atmosfera indica che «è stata molto potente», ha detto Heather Handley, vulcanologa della Monash University in Australia. L’area è quindi al momento ricoperta da una grossa nuvola di ceneri vulcaniche, che mettono a rischio la qualità dell’acqua e dell’aria sul territorio e rendono i soccorsi aerei particolarmente difficoltosi: «Tonga ha bisogno di assistenza immediata per fornire ai suoi cittadini acqua potabile e cibo», ha affermato in una dichiarazione pubblicata sui social media il presidente della Camera di Tonga, Lord Fakafanua, aggiungendo inoltre che «molte aree» sono state colpite da «una sostanziale caduta di cenere vulcanica» ma «l’intera portata del danno alle vite e alle proprietà è attualmente sconosciuta».

Fuga dalle coste e blackout

Preoccupate sono anche le organizzazioni umanitarie, soprattutto per il gruppo di isole periferiche Ha’apai – più vicine al vulcano – dalle quali non si sono ancora avute notizie, fatta eccezione per un segnale di richiesta di soccorso rilevato nelle isole di Mango e Fonoi, aventi un centinaio di abitanti complessivo e un basso livello del mare.

Le immagini diffuse dai giornalisti online mostrano auto travolte dall’acqua, grandi onde che si infrangono a riva nelle zone costiere di Nuku’alofa e persone in fuga.

Un residente di Tonga racconta:

«Sembrava un’esplosione. Il terreno e la casa intera hanno iniziato a tremare. Mio fratello ha pensato che fossero delle bombe esplose lì vicino, ma abbiamo subito capito che si trattava di uno tsunami dopo aver visto l’acqua entrare da tutte le parti. Abbiamo udito le urla delle persone tutt’intorno e molte persone hanno iniziato a fuggire verso le montagne».

Anche il re di Tonga (lo Stato è una monarchia costituzionale), Tupou VI, è stato evacuato dal palazzo reale di Nuku’alofa e scortato in una villa lontana dalla costa da un convoglio della polizia.

Un blackout quasi totale di energia elettrica, linee telefoniche e servizi Internet è stato inevitabile per molte zone di Tonga, il che significa che le informazioni che si ricevono dal regno polinesiano sono scarse e continueranno ad esserlo probabilmente per altre due settimane, tempo stimato per ristabilire le comunicazioni. La causa principale sarebbe la distruzione di un cavo sottomarino nelle vicinanze del vulcano.

Gli aiuti dalla Nuova Zelanda

Dopo i gravi danni che sono stati segnalati dalla costa occidentale di Tongatapu e la successiva dichiarazione dello stato di emergenza, è attualmente in corso un’operazione di pulizia nella capitale.

Australia e Nuova Zelanda hanno inviato aerei di ricognizione per valutare la situazione e oggi, martedì 18 gennaio, i ministri hanno confermato la spedizione di due navi militari neozelandesi per fornire supporto con il trasporto di acqua fresca, provviste di emergenza e squadre di sub. La permanenza prevista è di tre giorni; questo perché il Vicecapo Missione di Tonga in Australia, Curtis Tu’ihalangingie, ha reso nota la preoccupazione che aiuti e consegne possano diffondere i contagi da Covid-19 in una nazione risparmiata dalla pandemia per tutto questo tempo:

«Non vogliamo portare un’altra ondata – uno tsunami di Covid-19», ha detto, esortando il pubblico ad aspettare che un fondo di soccorso in caso di calamità venga donato.

Tre vittime

Le prime ricognizioni effettuate nell’area sembrano escludere un bilancio catastrofico in termini di vite umane, anche se il Ministero degli Affari Esteri e del Commercio ha confermato già due decessi.

Angela Glover, vittima dello tsunami. Fonte: notizieaudaci.it

Una delle vittime è la cinquantenne britannica Angela Glover, che sarebbe stata spazzata via dallo tsunami nel tentativo di salvare i cani del suo rifugio per animali. Il corpo è stato ritrovato dal marito James, con il quale viveva a Tonga dal 2015 e co-gestiva un negozio di tatuaggi nella capitale.
In Perù, a più di 10.000 chilometri di distanza, altre due donne sono annegate sulla spiaggia di Naylamp, nella città settentrionale di Lambayeque, a causa delle onde anomale dovute all’eruzione.

Allerta nel “Ring of Fire”

L’eruzione vulcanica ha provocato onde di tsunami in molti Paesi del cosiddetto ‘’Ring of Fire’’: «la zona più sismicamente e vulcanicamente attiva al mondo», a detta dello United States Geological Survey.

In questi giorni sono scattati piani di emergenza in Paesi come il Cile, l’Australia e l’Alaska, dove gli esperti del National Weather Service di Anchorage hanno registrato il boato che sabato ha avuto origine dal vulcano. Il che significa che il suono ha viaggiato per più di 9.300 chilometri.

Le spiagge restano chiuse in molte località, dove le onde hanno distrutto le imbarcazioni dei porti turistici, dalla Nuova Zelanda al Giappone. In California, è stata colpita da inondazioni la città di Santa Cruz. Mentre le Hawaii non hanno riportato danni, soltanto la segnalazione di «piccole inondazioni» in tutte le isole.

Un parcheggio del porto di Santa Cruz allagato in seguito alle onde anomale provocate dall’eruzione del vulcano sottomarino di Tonga. Fonte: Il Post

Gaia Cautela

Flat Brain Society: quando giudicare a tutti i costi è più importante che ragionare

È domenica sera. Dopo una giornata di studio sento che è ora di mangiare qualcosa- e vorrei ben vedere, sono le 22 inoltrate! -mentre accendo il pc. Niente Netflix e Narcos Messico per stasera, meglio evitare. Finirei per spararmi quattro puntate di fila e chi dorme poi? Meglio fare zapping tra i canali online. Da quando sono uno studente fuori sede non ho più avuto la tv, tanto ormai col web puoi vedere ciò che vuoi. Su Italia 1 ci sono le Iene, vediamo se trovo qualche servizio interessante.

Ecco un tizio che parla. La voce è cryptata. Sembra abbia fatto una scoperta incredibile che cambierà il modo di vedere le cose. La maschera di ‘Guy Fawkes‘, ormai abusata da chiunque dopo che ‘V per vendetta’ e ‘Anonymous’ hanno deciso di associarla all’idea di rivolta, completa la scena ed ecco che il nostro personaggio misterioso ci rivela la sua incredbile scoperta:’La terra è piatta!‘.

Non so se ridere o piangere.

Il servizio continua, l’inviato Gaston Zama affronta con un’ironia brillante quella che è la teoria della ‘Flat Earth Society‘, una società che ha origini inglesi ma che ormai si è diffusa in tutto il mondo. La iena ci porta in Campania, ad Agerola, dove parteciperà ad un convegno di un gruppo italiano di ‘terrapiattisti‘.

Lo spettacolo che vedo è una riunione che somiglia ad una riunione di una qualche nuova setta religiosa o di uno di quei brand che vendono porta a porta prodotti dalla dubbia utilità. Si passa dalla negazione di qualsiasi legge fisica, alla denigrazione di Einstein, alla negazione di ogni evento storico, passando per le scie chimiche, i vaccini considerati il male della scienza moderna, passando per tutte le teorie complottistiche conosciute, quali il finto 11 settembre o il finto allunaggio del 1969. Il culmine si raggiunge quando uno degli ‘esperti’ del convegno afferma di essere stato in grado di vedere dalla montagna più alta di Capo Nord, sino a terre lontanissime quali l’Australia. Viene negata persino l’esistenza stessa dei dinosauri-in realtà sarebbero dei giganti, come mostrano le porte del Duomo di Milano o di S.Pietro-e dell’Australia stessa(Ma come? Non l’aveva vista l’esperto?!). Ma la ciliegina sulla torta è il cosiddetto ‘effetto pacman‘, che sarebbe quello che causa il ritorno ad una stessa terra volando in direzione retta con un aeroplano, che va inevitabilmente a confutare la teoria della terra sferica.

Una volta finito il servizio spengo il computer, ho visto abbastanza. Sono amareggiato. Il primo pensiero va a tutte le grandi menti che si sono prodigate nel corso dell’esistenza per fornirci la conoscenza che abbiamo oggi. Penso cosa direbbero Copernico, Galileo, Einstein, Newton se vedessero che tutto quello che hanno scoperto e teorizzato fosse oggi confutato da gente comune convinta di potersi definire esperta dopo aver guardato qualche video su Youtube.

Cerco di capire cosa possa portare la società moderna a produrre individui che un giorno, per capriccio, decidono di andare contro ogni legge universalmente riconosciuta. Non credo sia colpa dell’ignoranza- in Italia il tasso di analfabetismo è sceso dal 13% nel 1950 al 3% nel 1990 ed è ancora in calo-. Forse è un po’ per il gusto di andare controcorrente, perché in fondo sentirci dei ribelli ci piace e ancora di più ci piacciono le ipotesi complottistiche. Ma quella che secondo me è la vera natura di questi fenomeni è Internet. Proprio lui, che ha connesso tutto il mondo, che ha portato la libertà di espressione in tutte le case, in fondo ci sta rovinando. Chiunque ormai, dopo aver letto una pagina sul web si sente in grado di poter dare giudizi su qualsiasi cosa, su una partita di calcio, su un dipinto, su un piatto, su un film o, appunto, sulla scienza. Proprio la libertà di espressione, se abusata, causa fenomeni di questo tipo, in cui gente comune crede di poter smontare anni e anni di studi basandosi su qualche stupida dimostrazione senza valore.

E allora poveri noi, chissà cosa ci riserva il futuro.

Ricordate la regola secondo cui se si ha qualcosa da dire bisognerebbe pensarci per 30 secondi e dirla solo se anche dopo quel lasso di tempo sembra qualcosa di sensato? Beh, vale anche per Internet e per i social network, anzi forse meglio pensarci per 30 minuti o, meglio ancora, 3 ore.

Nel frattempo questo servizio mi ha lasciato indignato, ma forse mi passerà, forse un giorno ne riderò quando sarò su un volo per Sidney.

P.s. Non vedo l’ora di guardare il sequel della storia questa sera alle Iene, quando due degli ‘esperti terrapiattisti’ incontreranno un astronauta italiano- sì, ovviamente anche le missioni nello spazio non sono mai avvenute ma sono frutto di computer graphic -ed avverrà finalmente uno scambio di opinioni.

Ivan Brancati