Isis: maxi sequestro di droga da oltre 1 miliardo di euro al porto di Salerno

Napoli, sequestrate 14 tonnellate di amfetamine prodotte dall'Isis ...

Duro colpo quello sferrato stamane dalla Guardia di Finanza di Napoli all’Isis. Il maxi sequestro comprende ben 14 tonnellate di amfetamine e 84 milioni di pasticche prodotte in Siria col logo “Captagon”.

Il Captagon – spiegano in una nota le fiamme gialle – viene smerciato in tutto il Medio Oriente ed è diffuso sia tra i combattenti per inibire paura e dolore sia tra i civili perché non fa sentire la fatica. Prodotta inizialmente soprattutto in Libano e diffusa in Arabia Saudita negli anni ’90, questa sostanza stupefacente è ricomparsa nei covi dei terroristi – come ad esempio nell’attacco al Bataclan di Parigi nel 2015 – ed è perciò stata soprannominata la “droga dell’Isis” o la “droga della Jihad”. Secondo la Dea americana (Drug Enforcement Administration), l’Isis ne fa largo uso in tutti i territori su cui esercita l’influenza e ne controlla lo spaccio. Una volta avviati gli impianti chimici di produzione, è facile per Isis produrre ingenti quantitativi anche per il mercato mondiale delle droghe sintetiche. Due settimane fa, sempre nel porto di Salerno, gli specialisti del Gico di Napoli avevano intercettato un container con un carico contenente 2.800 kg di hashish e 190 kg di amfetamine con lo stesso identico simbolo (captagon).
(Fonte Il Sole 24 Ore)

La droga è una delle principali fonti di finanziamento del gruppo terroristico di Daesh, conosciuto appunto con l’acronimo di Isis. Grazie ad un decreto di perquisizione emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Napoli, in collaborazione con gli investigatori internazionali, le fiamme gialle son riuscite a scoprire il traffico di droga, che da tempo rappresenta uno dei “canali” di rifornimento economico di Daesh, che con la vendita di stupefacenti, tra cui anche il Captagon, finanzia i gruppi combattenti in Siria. Il valore della merce sul mercato è di oltre 1 miliardo. Dallo sviluppo degli indizi emersi nel corso dell’investigazione ed in particolare da altri sequestri effettuati in precedenza, i finanzieri hanno tracciato tre container sospetti in arrivo al porto di Salerno, contenenti cilindri di carta per uso industriale e macchinari.

 

Porto di Salerno: c'è l'ok per il dragaggio, inizio dei lavori per ...

 

Dopo il sequestro, le fiamme gialle hanno trasferito i container in un luogo attrezzato per procedere all’ispezione interna, con l’aiuto di tecnici specializzati e con la collaborazione della Sezione Antifrode della Agenzia delle Dogane di Salerno. I cilindri di carta, alti circa 2 metri e del diametro di 140 cm – verosimilmente costruiti in Germania – sono stati congegnati in multistrati in grado di celare allo scanner il contenuto, riposto negli strati interni, di circa 350 kg di pasticche per ogni cilindro.
(Fonte Il Tempo)

Quanto alla destinazione finale, è verosimile che sia coinvolto un “consorzio” di gruppi criminali, sia per il valore totale delle spedizioni, sia per la distribuzione sui mercati di riferimento (85 milioni di pasticche possono soddisfare un mercato di ampiezza europea). L’ipotesi è che durante il lockdown, dovuto all’emergenza epidemiologica mondiale, la produzione e distribuzione di droghe sintetiche in Europa si sia praticamente fermata e quindi alla ripresa molti trafficanti, anche in consorzio, si siano rivolti alla Siria, la cui produzione invece non pare aver subito rallentamenti. Sono in corso ulteriori indagini per l’individuazione dei responsabili che, proprio in relazione all’ingente quantitativo sequestrato, potrebbero operare per conto di un “cartello” di clan di camorra in grado di commercializzare le sostanze in ambito internazionale. Si tratta del più grande sequestro di amfetamine a livello mondiale.

Santoro Mangeruca

MES e SURE. Ecco cosa sono, come funzionano e le criticità che hanno fatto discutere

Dopo aver discusso nel dettaglio la scorsa settimana le caratteristiche dell’intervento effettuato dalla BCE in risposta alla crisi causata dal Covid-19, la linea temporale degli interventi posti in essere dalle istituzioni europee suggerisce come passi successivi il SURE e il MES.

Il 2 aprile Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha annunciato ai microfoni lo strumento SURE (“Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency”), appunto, letteralmente, “supporto per mitigare i rischi di disoccupazione dovuti all’emergenza”.

Considerato come uno strumento con carattere temporaneo, dovrebbe terminare alla conclusione dell’anno 2022, con una dotazione per il periodo considerato di 100 miliardi di euro.

Come funziona?

E’ prevista la creazione di un fondo ad hoc di cui i paesi europei saranno i “soci” e verseranno una garanzia di €25 miliardi; la quota della garanzia versata da un Paese sarà proporzionale alla percentuale del suo PIL rispetto a quello dell’UE – ad esempio l’Italia verserà il 13% di questi 25 miliardi.
Lo stesso fondo, che poggia le sue basi sulla garanzia dei paesi europei, emetterà dei bond per raccogliere i 100 miliardi necessari alla propria capitalizzazione che verranno prestati agli stati che ne presenteranno richiesta.

Invece, il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è un’organizzazione intergovernativa, istituito grazie alle modifiche apportate al Trattato di Lisbona dal consiglio UE nel marzo 2011. Predisposto ad un’entrata in vigore nel 2013, questa fu anticipata al 2012 a causa della crisi dei debiti sovrani.

Normalmente il MES, anche Fondo Salva-Stati, presta denaro ai Paesi che non riescono più a finanziarsi sul mercato emettendo bond, poiché i mercati finanziari nutrono scarsa fiducia sulla loro solidità economica (come già accaduto alla Grecia). Il prestito può essere effettuato attraverso una delle due linee di credito (precauzionale o rafforzata) e può comportare delle condizionalità, concordate attraverso un Memorandum d’intesa.

Nel 2017 era stata proposta una riforma del MES, ma dopo tante riprese la riforma è stata rimandata causa COVID-19.

Il 9 aprile scorso è stato proposto il Pandemic Crisis Support, una linea di credito speciale, in cui i paesi possono richiedere somme fino al 2% del proprio PIL (per l’Italia sarebbero fino a 36 miliardi), con la condizione che i fondi siano utilizzati solo per finanziamenti diretti o indiretti dei costi sanitari dovuti alla crisi Covid-19. Questi fondi potranno essere richiesti fino al 2022 e nessuno Stato è obbligato a richiedere il prestito, ma è assolutamente libero di scegliere se attivarlo e quanto richiedere.

Il modo con cui il MES reperirà i fondi da prestare ai paesi che ne faranno richiesta sarà lo stesso utilizzato dal fondo SURE, emettendo dei propri bond.

I due strumenti appaiono carichi di supporto per fronteggiare la crisi Covid-19 che ha messo in ginocchio i Paesi dell’Eurozona, tuttavia, al loro interno, presentano degli aspetti da analizzare con cura.

Le critiche

In riferimento al MES, la principale critica rilevata è stato l’accordo approvato nell’Eurogruppo di aprile, quando il Consiglio europeo ha proposto come requisito per accedere al fondo senza condizioni, avendo così opportunità di accesso al credito, l’obbligo di utilizzare le risorse ottenute per finanziare le spese sanitarie (mascherine, guanti, respiratori, dispositivi medici, personale, etc.).

Qualche settimana fa Paolo Savona, presidente della CONSOB, ha dato il suo parere riguardo il MES:

Il nodo cruciale è il rapporto tra debito pubblico e Pil: se il rapporto salirà nelle dimensioni previste, il mercato reagirà. Così come reagiranno i cosiddetti Paesi frugali”.

In riferimento a questo, ci sono degli aspetti che non possono essere sottovalutati: tra le tante critiche, una di queste è mossa dai vertici politici italiani: la dotazione è insufficiente, insieme al vincolo di destinazione della spesa, questi risultano essere, infatti, dei paletti alla libera decisione.

Riguardo lo SURE, quali potrebbero essere gli effetti per il futuro date le criticità? Tra queste vi è una probabile insufficienza di capacità finanziaria per rispondere all’emergenza e, anche qui, si parla sempre di prestiti da dover rimborsare. In più, ancora non è stata data piena operatività al sistema: si dovrà aspettare a lungo?

Tuttavia, secondo il professore Carlo Cottarelli, utilizzando questi strumenti, in particolare il MES, “il risparmio sarebbe 9 volte più grande (per 10 anni) di quanto avverrebbe col taglio dei parlamentari, tanto voluto da chi non vuole il MES“.

Nonostante gli accesi dibattiti tra le leadership politiche d’Europa, questi, tra i tanti strumenti eretti nell’area Euro, risultano essere la corda a cui i Paesi in difficoltà si aggrappano, speranzosi che l’Europa possa rivelarsi così come si presentò alla sua nascita: garante e promotrice di continuità allo sviluppo dei Paesi.

Contenuto in collaborazione con Starting Finance:

Marco Amato
Rossana Arcano

Il comizio di Trump è flop. Sospetto sistema di boicottaggio partito da TikTok

A Tulsa, in Oklahoma, doveva andare in scena il ritorno in pompa-magna del Presidente Trump ai comizi, con 1 milione di persone registrate (secondo il suo staff). Ma se ne sono presentate molto meno, anche per l’ingegnosa trovata di alcuni utenti di TikTok

Tenendo fede al suo stile, il Presidente degli Stati Uniti ce l’aveva messa tutta per fare del suo ritorno in campo un momento di tensione: oltre alle parole incendiarie e provocatorie delle scorse settimane sulle manifestazioni contro il razzismo, c’era stata la scelta della data per il primo comizio dall’inizio della crisi coronavirus, e cioè il 19 giugno, che era parso uno sfregio al movimento Black Lives Matter e agli afroamericani, poichè proprio il “Juneteenth” – ovvero il giorno che commemora la liberazione degli schiavi dopo la Guerra civile – e proprio a Tulsa, nel 1921 una folla di suprematisti bianchi avevano massacrato dozzine di neri nel quartiere di Greenwood.

Troppe le polemiche, alle quali il presidente col ciuffo bizzarro c’ha da sempre abituato, che hanno fatto sì che l’evento venisse spostato al 20, il giorno seguente.

Brad Parscale, il manager della campagna di Donald Trump, aveva annunciato raggiante che per la convention di Tulsa erano arrivate un milione di prenotazioni virtuali, sebbene i contagi fossero in aumento sensibile in tutto lo stato ed ai partecipanti non fosse richiesto né il distanziamento fisico né le mascherine.

Sembrava la serata perfetta per l’inizio della riscossa trumpiana dopo mesi durissimi. E invece Trump non è neanche riuscito a riempire l’arena indoor da 19mila posti: la parte superiore delle tribune era completamente vuota. Un flop, ammesso anche dai repubblicani, che l’ha costretto ad annullare il discorso programmato su un grande palco allestito all’esterno, predisposto per i 40 mila partecipanti che non ce l’avrebbero dovuta fare a entrare.

L’episodio ha del sorprendente se lo si considera alla luce del fatto che l’Oklahoma è uno degli stati americani più conservatori e, dunque, un territorio chiave in vista delle elezioni di novembre.

Fattore scatenante dell’accaduto sarebbero giovanissimi utenti di TikTok –la piattaforma social più in voga al momento tra la generazione 2.0- che avrebbero fatto incetta di prenotazioni gratuite per l’evento, scegliendo poi di non presentarsi sabotando l’attesissimo comizio.

Un’azione boicottatrice, nei confronti di colui che viene appellato proprio sulle piattaforme social come “incitatore all’odio”, coordinata da adolescenti che a colpi di like avrebbe ridotto i 100mila partecipanti attesi al Bank of Oklahoma Center a poco di meno di un quinto, per la gioia dei giornali anti-Trump entusiasti per questo scacco matto al re.

L’unica cosa certa è che molti utenti di TikTok, nei giorni antecedenti al comizio di Tulsa, hanno iniziato a pubblicare video in cui confessavano con toni beffardi di essersi iscritti all’evento, invitando altri follower a fare altrettanto. Post simili su Instagram e Twitter hanno registrato migliaia di like e di condivisioni. All’indomani dello scherzo, mentre questi messaggi sobillatori sono spariti per non lasciare traccia, diverse testate hanno riferito di adolescenti che si sarebbero uniti a quest’azione di trolling.

C’è però un fatto da precisare su quanto successo a Tulsa: i biglietti prenotati dagli utenti, essendo gratuiti e illimitati, non hanno di fatto impedito a nessuno di entrare fisicamente nell’arena, in quanto rappresentano soltanto un sistema di monitoraggio che le campagne usano per tastare i flussi delle folle che potrebbero partecipare all’evento.

Dallo staff di Trump hanno fatto sapere di aver già scremato le prenotazioni da quelle giudicate false, eppure qualcosa è andato storto.

Un presunto ruolo decisivo nella campagna di disturbo l’avrebbero giocato anche gli ascoltatori del pop sudcoreano: una vera forza sui social network coinvolta anch’essa nel blitz virtuale a favore della giustizia sociale contro Trump.

All’inizio del mese, ad esempio, i fan del K-pop avevano fatto proprie le battaglie antirazziste, attraverso meme e slogan.
È vero anche che per ora i dati certi sull’efficacia di questa azione collettiva non esistono, ma di certo un qualche impatto c’è stato.

Uno dei primi video di TikTok che invitava a prenotare i biglietti per il comizio e lasciare Trump “in piedi da solo sul palco” è stato realizzato dalla Alexandria Ocasio-Cortez, deputata dei Democratici:

“Ti sei appena beccato una sberla dagli adolescenti su TikTok”, ha twittato al presidente..

Lo staff del presidente ha scaricato la colpa sui media, rei di aver spaventato i suoi supporter con i rischi di contagio, che peraltro erano reali, ed inoltre sui dimostranti accusati infondatamente di aver impedito l’accesso ai sostenitori politici.

I repubblicani trumpiani comunque respingono categoricamente l’ipotesi di una rivolta a colpi di Tik Tok. Parscale, ha evidenziato che i troll di sinistra “non sanno di cosa stanno parlando o come funzionano i nostri comizi”, perché in realtà ogni partecipante sarebbe stato contattato sul suo numero di cellulare dopo un’accurata cernita di iscrizioni e che il vero deterrente che avrebbe causato la mancata partecipazione di massa, come ha sostenuto Tim Murtaugh – il portavoce della campagna di Trump – sarebbe stato il timore di proteste violente.

La dinamica della vicenda dunque non è ancora chiara, ma l’unico dato certo è che: TikTok 1 – Donald Trump 0.

Antonio Mulone

Twitter continua la lotta al mondo fake: cancellati migliaia di profili falsi creati per la propaganda cinese

  • I social contro la disinformazione: Twitter etichetta i contenuti ...

In Cina è la solita e vecchia storia. Un governo antidemocratico, antiliberale, anacronistico e immune da ogni forma di cambiamento e che cerca di imporre i propri valori e le proprie credenze oltre che con la forza (vedi le violenti proteste delle scorse settimane contro il Governo di Hong Kong) anche attraverso le nuove tecnologie. In particolare sono i social network ad essere protagonisti e vittime poiché nell’ultimo decennio hanno sempre più inciso sulle idee, sui gusti e persino sugli orientamenti politici di tutta la popolazione mondiale.
A tal proposito Twitter dichiara di aver smascherato decine di migliaia di profili falsi utilizzati per fare propaganda e disinformazione. Nello specifico, sono stati disattivati ben 23.750 account collegati alla Cina che diffondevano ingannevolmente messaggi favorevoli al governo cinese, connessi a circa 150.000 altri account che fungevano da “amplificatori”. Gli account cinesi contenevano tweet legati alle proteste di Hong Kong:

teorie geopolitiche favorevoli al Partito comunista cinese e teorie fuorvianti sulle dinamiche politiche di Hong Kong”, ha spiegato Twitter.

Molti contenuti hanno contribuito a promuovere le opinioni di Pechino sulla lotta al coronavirus (criticandone in particolare la gestione da parte di Taiwan) e le proteste antirazziste negli Stati Uniti. Atteggiamento diverso, invece, quello promosso da Facebook di cui avevamo già parlato in un nostro recente (articolo).

La domanda prima del tweet: «Hai letto l'articolo?» - Ticinonline

Questa “farsa” a favore della disinformazione, non è stata architettata con grande ingegno se pensiamo al fatto che molti dei suddetti account non erano abbastanza sofisticati da far credere agli utenti di essere persone reali: pochi sono riusciti a raggiungere più di 10 followers prima di essere rimossi. Inoltre gran parte di essi non avevano biografie e twittavano principalmente in cinese e in russo. Tuttavia la piattaforma non è raggiungibile in Cina, se non tramite connessioni private, le cosiddette VPN (Virtual Private Network) che si concentravano essenzialmente sui cinesi che vivono all’estero.

Quest’ultima però è solo la più grande delle tre reti smantellate, a cui si aggiungono una russa e una turca. Quella turca contava 7.340 account, impegnati in una narrazione favorevole al presidente Erdogan e al suo partito, l’Akp. Mentre quella russa era composta da poco più di un migliaio di account legati a Current Policy, un sito d’informazione che fa propaganda per conto del governo. Tra le attività della rete c’era la promozione di Russia Unita, il partito del presidente Vladimir Putin, e l’attacco ai dissidenti politici. (Fonte Rai News)

La lotta alle fake news di Twitter continua

Anche nel contrastare le fake news il social network di casa Dorsey ha dimostrato di avere grande attenzione, soprattutto durante l’emergenza Covid-19. L’ultimo escamotage, adesso, sarebbe quello di scoraggiare la condivisione di un articolo senza averlo letto. Infatti la piattaforma a breve testerà una funzione per gli utenti smartphone android, la quale a detta di Jack Dorsey servirà ad «aiutare a promuovere una discussione informata». Non è la prima volta che Twitter dimostra sensibilità riguardo la trattazione trasparente e veritiera delle notizie. Sinonimo che forse si può ancora credere ai valori positivi e originari con cui questi social network erano nati. (Fonte Il Post)

Santoro Mangeruca

Arriva l’app “Sicilia SiCura”: la Regione dice sì al turismo ma con la salute a portata di smartphone

La Sicilia non segue l’isola gemella sulle restrizioni per gli arrivi turistici in vista della stagione estiva e prova ripartire e rilanciarsi puntando sul tracciamento a portata di smartphone.

Abbandonata dunque l’idea, che sarebbe stata si complessa realizzazione, del passaporto sanitario per chi arriverà sull’isola.
Al passaporto è stata preferita una app da scaricare volontariamente che permetta un contatto più diretto con il sistema sanitario regionale.
Un servizio di cooperazione (su base informatica) ed ausilio per le autorità sanitarie al fine limitare la temuta seconda ondata.

Nello specifico si tratta della app “Sicilia SiCura”, che mediante un monitoraggio veloce ed efficace permetterà a chi arriva nell’isola siciliana di poter essere assistito dal personale medico dell’Unità sanitaria turistica in caso di bisogno, come ha dichiarato il presidente Nello Musumeci.

L’app sarà scaricabile gratuitamente, con poche e semplici mosse direttamente sul proprio smartphone o su qualunque device personale, da una piattaforma web dedicata messa a disposizione dalla Regione Sicilia.

Sono oltre 3.000 i download di “SiciliaSiCura” registrati dalla Regione siciliana in appena 48 ore dal lancio dell’applicazione che rientra all’interno del protocollo sicurezza, pianificato grazie al supporto della Protezione Civile.

Un sistema informatico discreto ed invisibile per i turisti, ma che garantirà serenità e tutela anche ai siciliani.

All’inizio del soggiorno turistico in Sicilia, l’applicazione invierà un SMS di promemoria per invitare l’utente, che abbia preventivamente scaricato l’app e che si sia correttamente registrato, ad informare le autorità sanitarie sul suo stato di eventuale malessere respiratorio e febbrile. 

Il funzionamento dell’app richiede l’inserimento dei dati relativi al proprio stato di salute, agli spostamenti, all’eventuale presenza di casi di Covid-19 all’interno del proprio nucleo familiare, ed alla segnalazione di sintomi o insorgenza di febbre durante la permanenza in Sicilia.

Fondamentale evidenziare la facoltatività di download dell’applicazione, già utilizzata da tutti coloro che avevano ricevuto l’obbligo di auto-quarantena una volta rientrati in Sicilia.

L’app, poi convertita dai tecnici addetti alle nuove modalità di funzionamento ed alle nuove esigenze di fruizione, stando alle prime analisi di monitoraggio ed operatività, pare funzioni bene.

I dati e le previsioni che arrivano dalla regione evidenziano che l’app Sicilia SiCura lavorerà a pieno regime dal 1° Luglio e verrà utilizzata con ogni probabilità fino alla fine di Settembre.

Non ci saranno né test né limitazioni all’ingresso dei flussi turistici, ma soltanto verifiche della temperatura corporea (attraverso i termoscanner) nelle stazione ferroviarie e negli aeroporti, come dichiarato negli ultimi giorni dal governatore siciliano Nello Musumeci.

La situazione sanitaria in Sicilia, che intanto si appresta ad accogliere turisti da tutte le parti d’Italia, continua ad essere sotto controllo; ciò chiaramente incoraggia le autorità regionali alla spinta ed alla ripresa più o meno totale delle attività e dell’economia legate al turismo isolano.

Tutti i siciliani sperano che l’estate, da sempre sinonimo di libertà, faccia tornare un po’ di normalità nel quotidiano anche e soprattutto attraverso il turismo.

Antonio  Mulone

“I can’t breathe”: l’ennesima puntata di una serie già vista

«Being Black in America should not be a death sentence»

È così che il sindaco di Minneapolis, Jacob Fray, esprime al mondo la sua rabbia per la morte di George Floyd.

«Studia il passato se vuoi prevedere il futuro» diceva Confucio, ma negli States non sembra possibile; si era già verificato un fatto simile, ad Eric Gardner nel 2014 e quel caso fece esplodere rivolte e polemiche ma, a quanto pare, è rimasto passato.

Fonte: perunaltracitta.org

Ma in un momento come questo, in cui non possiamo fare molto – e allo stesso tempo non possiamo neanche far finta di niente – capiamo quanto queste tragedie siano lontane, così tanto che sembra non ci appartengano!

Chissà se stavolta le serie tv possono farci “avvicinare” a quel mondo: in effetti potrebbero essere il ponte che ci serve.

Da sempre il piccolo schermo ha cercato di denunciare il razzismo e l’ha fatto in molti modi, nonostante abbia solo drammatizzato l’amara realtà, “rubando” le sceneggiature dalle pagine di cronaca.

Vogliamo ricordare e celebrare, a modo nostro, George e tutti gli altri che come lui, non riuscivano a respirare. 

Grey’s Anatomy

Il più celebre dei medical drama, trova il tempo per alcune – gravose – condizioni di attualità.

Nell’episodio Personal Jesus (14×10) al Grey Sloan Memorial Hospital arriva Eric (scelta del nome non casuale, pensiamo a Gardner) in emergenza.

Eric è un ragazzino di soli dodici anni, figlio di una famiglia benestante e che vive in un quartiere raffinato. Egli (come tanti ragazzi della sua età) è sbadato e perde le chiavi di casa, così cerca un metodo “alternativo” per entrare nell’abitazione.

Fonte: tvtime.com

Un ragazzino di colore che si aggira attorno ad una casa “elegante” non sembra andar giù alla Police locale, che gli spara a bruciapelo e senza un motivo valido.

Ad occuparsi di lui saranno tutti i medici, che per ippocratica memoria hanno il dovere di :  curare […] senza discriminazione alcuna. Tra questi il dottor Avery, l’affascinante chirurgo plastico afro-americano e la dottoressa Bailey (non riuscirei a descriverla in poche parole) anche lei di colore e mamma.

Fonte: tvtime

Mamma che, come tutte, ha bisogno di proteggere il figlio. La necessità di  parlargli e di educarlo per proteggerlo; ma non dall’essere nero, perché da quello non ci si può – e non ci si dovrebbe – proteggere, bensì dal non diventare «come i suoi amici bianchi», pregandolo di non essere arrogante.

Ed è così che si conclude la puntata.

La critica della società, drammatizzata in una puntata da brividi, cerca di condensare in Eric tutte le vittime del razzismo, che forse sarebbe meglio definire vittime del pregiudizio: pregiudizio che ha ucciso in questo caso e in molti altri. Inoltre, nelle reazioni degli altri personaggi (più o meno lodevoli) la serie ha riassunto le nostre o comunque quelle di coloro che sono spettatori di eventi del genere.

Orange Is the New Black

In Orange Is the New Black c’è l’eterno scontro tra forze dell’ordine e detenute; c’è la continua critica nei confronti del sistema di correzione e il penitenziario di Litchfield farà da sfondo a tutta la serie.

Nel contesto delle varie storie ce n’è una, quella di Poussey Washington, detenuta che sconta la sua pena per reati minori, lavorando in biblioteca e facendo… quello che tutte le detenute fanno.

Fonte: tvtime

Ha 23 anni ed è figlia di un generale militare, orfana di madre; è di colore e viene definita “una delle nere”, sia dalle compagne di detenzione che dalle guardie.

Nel contesto di una rivolta pacifica (almeno così era all’inizio) viene accidentalmente uccisa dall’agente Bayley: un uomo bianco, giovane, che non sa come comportarsi nei confronti del minimo accenno al caos.

Questo la getta a faccia in giù, la trattiene con un ginocchio sulla schiena e mettendole tutto il  peso addosso la soffoca: Poussey muore per asfissia da compressione.

Fonte: GQitalia.it

Il nome della puntata è “Animali in gabbia”, c’è qualcosa da aggiungere?

Poussey viene compianta e vendicata, ma comunque ogni tentativo sarà vano in partenza: perché ci sono cose contro le quali si può combattere, ma spesso – purtroppo -non si riesce a vincere.

Fonte:tvtime.com

La scena della sua morte è stata ispirata a casi come quello di Eric Gardner, e le scene della morte di George sembrano essersi “ispirate” a questa puntata. Un circolo vizioso, forse.

Ma siamo stanchi di vedere sempre la stessa storia. 

Essere di colore non vuol dire essere diverso. E quella del razzismo è solo una delle tante sfaccettature del concetto di discriminazione; se ne parla, anche le series lo criticano, ma noi non impariamo.

Ci sarà un momento in cui questo finirà; ricordiamoci che il grande Einstein disse

«L’unica razza che conosco è quella umana»

Quindi, perché non cerchiamo di respirare e far respirare tutti?

Barbara Granata

Polemica dopo le dichiarazioni di Zangrillo: ” Il Coronavirus clinicamente non esiste più”

È aspra polemica dopo le parole del direttore della terapia intensiva del San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo. Il medico, intervenuto in collegamento durante un programma tv, aveva affermato che

“In realtà il virus dal punto di vista clinico non esiste più, questo lo dice l’università Vita e Salute San Raffaele, lo dice uno studio del direttore dell’Istituto di virologia Clementi, lo dice il professor Silvestri della Emory University di Atlanta”.

Parole dal peso specifico sicuramente rilevante, soprattutto in questa fase di ripresa zoppicante ed incerta, dalle quali sia il ministero della Salute che il Comitato tecnico scientifico hanno subito preso le distanze, affermando con rigore scientifico che “il virus circola ancora”.

Anche il viceministro Sileri ha commentato l’intervento, seppur in modo molto più cauto:

“Zangrillo ha detto che chi è sul campo non vede più malati gravi in terapia intensiva. Ma dobbiamo continuare a usare prudenza”

Massimo Clementi – chiamato in causa come direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele e professore all’Università Vita-Salute – ha voluto però precisare che lo studio da lui coordinato avesse evidenziato il fatto che la capacità replicativa del virus a Maggio sia fortemente indebolita rispetto a quella che rilevata a Marzo nei pazienti ricoverati affetti da Covid-19.

Più che una malattia diversa, un cambiamento della carica virale che non implica necessariamente la mutazione patogena del virus.

“Possiamo dire, in base ai risultati dell’indagine e a quello che vediamo in ospedale, che è cambiata la manifestazione clinica forse anche grazie alle condizioni ambientali più favorevoli”, ha precisato Clementi.

Una tesi quella di Zangrillo subito considerata fuorviante e pericolosa dallo pneumologo Richeldi, componente del Comitato tecnico-scientifico, il quale ha accusato il direttore di diffondere messaggi che potrebbero confondere gli italiani e che non invitano alla prudenza, necessaria come non mai in questi primi giorni di ponderato rilancio.

Ha espresso durezza e dissenso anche il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità Locatelli, che si è detto sorpreso e sconcertato per le dichiarazioni rese dal professor Zangrillo, gravi perchè provenienti da un rappresentante della comunità medico-scientifica.

Zangrillo, durante l’intervista, aveva anche sostenuto che ci sono tutte le dimostranze affinché l’Italia potesse tornare a condurre una vita normale.

Dunque secondo il direttore della terapia intensiva del San Raffaele continuare inutilmente a “terrorizzare” il Paese è da irresponsabili. Ciò non vuol dire – ha precisato- avere espresso consenso ad assembramenti e piena normalità, ma che il “terrore” promosso dalla comunità scientifica va bene solo per un determinato periodo di tempo.

E’ indubbiamente vero e rassicurante il fatto che la pressione sugli ospedali si sia drasticamente ridotta nelle ultime settimane, non va però assolutamente scordato che questo è il risultato delle decisive misure di contenimento della circolazione virale adottate con coraggio dall’Esecutivo guidato da Conte.

Confondere le idee e conseguentemente gli atteggiamenti degli italiani, potrebbe risultare rischioso per la nostra salute ed inoltre potrebbe minare gli sforzi compiuti finora.

E’ chiaro, anche a occhi non esperti, che la gestione clinica dei malati oggi è certamente facilitata dal minor numero di casi rispetto a quelli osservati nei giorni di picco e dal maggiore numero di posti di terapia intensiva.

La parola chiave rimane, dunque, prudenza, nell’attesa che la comunità scientifica produca la soluzione vaccinica.

Antonio Mulone

 

Spostamenti fra regioni dal 3 Giugno: linee guida e criticità

Il 3 Giugno è una data chiave nella calendarizzazione e nell’organizzazione della Fase 2 che prevederà, se tutto andrà bene, la riapertura dei confini tra le Regioni.

È un traguardo importante ed allo stesso tempo delicato, che allarma il governo ed i governatori delle regioni.

Il margine d’errore è davvero minimo, bisognerà arrivare preparati e con tutti i dati del monitoraggio in ordine.

I presidenti delle Regioni continuano ad esprimere preoccupazione per le riaperture, disposte dal 18 maggio, che potrebbero innalzare tragicamente la curva dei contagi.

Le linee guida per le regioni sono state approvate all’unanimità nella Conferenza della Regioni e ponderate insieme al premier Giuseppe Conte e ai ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia.

L’obiettivo prefissato e tanto auspicato da governo e cittadini è la libera circolazione inter-regionale prevista da lunedì 3 giugno, cruciale per il rilancio dell’economia e del turismo.

In queste ore vige l’assoluto riserbo, nessun Ministro infatti si è sbilanciato nel confermare il “liberi-tutti”.

Affinché la ripresa degli spostamenti tra confini regionali possa essere ristabilita senza rischi è indispensabile che l’indice di contagio rimanga controllato e stabile in tutte le zone d’Italia, ovvero che il livello Rt – non salga sopra lo 0,8.

L’indice di trasmissibilità (RT) rappresenta il numero medio delle infezioni prodotte da ciascun individuo infetto dopo l’applicazione delle misure di contenimento della pandemia di Covid-19.

ome ha confermato il Ministro agli Affari Regionali Boccia:

Il criterio per la riapertura sarà il numero dei contagi.  Finora stiamo ottenendo risultati straordinari grazie ai sacrifici fatti dagli italiani. Noi ci auguriamo che ci sia un basso rischio in tutta Italia altrimenti sarà inevitabile prendere il tempo che serve. Mercoledì, giovedì e venerdì il ministro Speranza farà le sue valutazioni e poi ci sarà un Cdm per un’ultima valutazione sulla mobilità tra le regioni.

L’Esecutivo guidato dal Premier Conte continua a valutare l’andamento dei dati, forniti dalle aziende sanitarie, per intervenire tempestivamente ed evitare di creare squilibri importanti fra regioni.

Si rinnovano gli appelli volti ad evitare assembramenti o comunque contesti sociali che possano far nuovamente aumentare i contagi.

In relazione all’evoluzione dello scenario epidemiologico le misure prescrittive potranno essere rimodulate, anche in senso restrittivo; a comunicarlo è stato il Comitato tecnico scientifico che dovrà analizzare e valutare quanto accaduto sino ad ora, esaminare i dati relativi ai vari settori commerciali che hanno riaperto e stabilire se ci siano «correzioni» da fare.

La giornata decisiva in termini decisionali ed organizzativi sarà Venerdì 29 Maggio, quando arriveranno i dati sui contagi e sullo stato delle strutture regione per regione elaborati dal Ministero della Salute.

Tre le opzioni che Conte e i Ministri stanno vagliando: aprire su scala nazionale mediante un’azione programmatica; differenziare la riapertura fra regioni; qualora dovesse essere necessario, creare delle “zone rosse”; oppure impedire l’ingresso a chi transita da Regioni che non hanno livello di contagio pari o consentirlo solo a quelle confinanti.

L’ipotesi di consentire spostamenti  solo tra regioni con lo stesso livello di contagio (indice Rt) appare  probabilmente la più complessa da mettere in piedi.

Un puzzle complicato da incastrare se, ipotizziamo, da una regione a rischio alto o moderato, per esempio, non ci si potrà spostare in una a rischio basso.

Le criticità nel caso di una scelta del genere sono dietro l’angolo e peraltro il numero di forze dell’ordine da mettere in campo sui confini regionali per i controlli stradali in tal caso sarebbe eccessivo.

Insomma pare che la Fase 2 si stia rivelando ben più complessa, nell’approccio e nella conseguente gestione, rispetto alla Fase 1 sicuramente dura, ma facile da interpretare.
 
Antonio Mulone
 

App Immuni, analisi della documentazione: garantirà l’anonimato, le immagini ufficiali

Analisi funzionamento App Immuni
App Immuni: analisi del funzionamento

È stata recentemente pubblicata su GitHub la documentazione di Immuni, l’App per il tracciamento dei contatti già preannunciata che potrebbe diventare un alleato importante nella lotta al virus. Il governo annuncia che la sperimentazione potrebbe partire da fine Maggio, ma non manca un certo scetticismo da parte della popolazione. L’attenzione è infatti rivolta alla tematica privacy, tanto che sarà necessario il via libera da parte del Garante per la Privacy che ha già esternato delle perplessità.

Dalle informazioni pubblicate emerge subito l’attenzione posta da parte degli sviluppatori al fine di rispettare la privacy degli utilizzatori. Analizziamo quindi il funzionamento dell’applicazione per comprendere l’importante lavoro svolto per tutelare i dati sensibili degli utenti. Discuteremo anche alcuni potenziali punti deboli su cui sono a lavoro gli sviluppatori.

Immuni non accede al GPS e quindi non registra la nostra posizione geografica

L'App non si serve del GPS bensì del Bluetooth
L’App utilizza il Bluetooth, quindi non registrerà posizioni geografiche

Al contrario di quanto si potrebbe pensare l’applicazione non avrà accesso alla nostra posizione tramite GPS. Immuni funzionerà anche con servizio GPS spento utilizzando il Bluetooth, sfruttando in particolare la tecnologia BLE (Bluetooth Low Energy) che tutelerà la durata della batteria. L’App quindi non registrerà mai i vostri spostamenti nel corso della giornata o la vostra posizione assoluta geografica, ma soltanto i contatti con altri dispositivi con l’applicazione in funzione. È necessario quindi che molti utenti installino l’App e la tengano in funzione. Da qui si deduce un potenziale fattore limitante: una scarsa diffusione ridurrà l’efficacia dello strumento.

Esempio di funzionamento: nessuna generalità sull’utente ma solo codici temporanei

L’utente non condividerà con altri dispositivi o con il server centrale alcun dato relativo alle proprie generalità. Ecco un esempio schematico del funzionamento. L’applicazione dell’utente genererà una chiave temporanea giornaliera ogni ventiquattro ore, senza nessuna informazione sensibile. A partire dalla chiave verranno ricavati dei codici identificativi che il dispositivo aggiornerà ogni quindici minuti. Questi sono i codici che verranno scambiati al momento del contatto con l’applicazione di un altro utente, e salvati nei dispositivi di ciascuno. Nessuno dei codici fin’ora citati contiene riferimenti personali all’utente o al dispositivo dell’utente che li ha generati.

Al momento del contagio servirà l’intervento da parte di un operatore sanitario, ma l’utente deciderà se condividere

L'App richiede la presenza di un operatore sanitario
L’App richiede la presenza di un operatore sanitario per confermare e comunicare l’eventuale contagio

Se l’utente risulterà contagiato dal virus dovrà comunicare un codice all’operatore sanitario che confermerà la positività del test, per evitare false segnalazioni. A questo punto soltanto l’utente potrà autorizzare la comunicazione dei dati ad un server centrale. I dati, anche in questo caso, non comprendono informazioni anagrafiche o geografiche. Verranno caricati, oltre al risultato del test, i codici casuali dell’utente ed informazioni di natura epidemiologica. Tra questi la Provincia che avrà solo una valenza statistica e comunque non rappresenta nulla in più rispetto a quanto già giornalmente comunicato dalla Protezione Civile.

L’organizzazione da parte della sanità locale e nazionale sarà fondamentale. Il sistema da solo non basterà a garantire la gestione dei contatti dei soggetti positivi, quindi i test diagnostici dovranno essere resi disponibili e gli utenti seguiti da personale sanitario.

I contatti verranno avvisati e saranno invitati ad attuare strategie di prevenzione

I contatti dei contagiati saranno avvisati in forma anonima dall'applicazione
I contatti dei contagiati saranno avvisati in forma anonima dall’applicazione

Le applicazioni installate nei dispositivi degli utenti contatteranno periodicamente il server e verificheranno se hanno stabilito un contatto negli ultimi tempi con un soggetto segnalato come positivo. In questo caso l’App segnalerà all’utente il contatto (senza specificare informazioni temporali) attraverso una notifica. Quindi lo inviterà a mettersi in contatto con un operatore sanitario e a segnalare la presenza di eventuali sintomi.

I dati saranno gestiti dallo Stato e verranno eliminati periodicamente

Il sistema prevede che la società ideatrice non abbia accesso ai server su cui saranno immagazzinati i dati. I server saranno infatti localizzati nel territorio nazionale e gestiti da Sogei, SPA Informatica del Ministero dell’Economia. Tutti i dati raccolti dal sistema, sui dispositivi e sui server saranno eliminati quando diventeranno epidemiologicamente irrilevanti (quindi entro qualche settimana). Ciò avverrà comunque non oltre il 31 Dicembre di quest’anno. Il ministero della Sanità avrà il pieno controllo sulle modalità di gestione dei dati e sul loro utilizzo, che comunque avranno la sola finalità di contenimento del contagio e di ricerca.

I “punti in sospeso” degli sviluppatori

Come evidenziato dalla documentazione gli sviluppatori sono ancora al lavoro per ottimizzare ogni aspetto. Uno dei principali punti deboli potrebbe essere rappresentato dal traffico scambiato mediante Bluetooth. Infatti potrebbe essere rilevato da parte di utenti esterni. Un altro rischio potrebbe essere l’accesso da parte di malintenzionati al server in cui sono contenuti i dati. Gli sviluppatori confermano l’intenzione di mantenere al minimo possibile la richiesta di dati personali dell’utente, che comunque non verranno mai scambiati o raccolti sul server.

In relazione alla tecnologia BLEla stima della distanza è soggetta ad errori, in quanto il segnale dipende da fattori come l’orientamento dei due dispositivi l’uno rispetto agli altri e gli ostacoli tra di essi“. Quindi verrà preso in considerazione il tempo di contatto: “Un contatto che dura solo un paio di minuti a diversi metri di distanza sarà considerato a basso rischio. Tale modello però potrebbe evolversi man mano che saranno disponibili ulteriori informazioni sul virus” sottolineano gli sviluppatori.

Sui dispositivi degli utenti verranno conservati dati relativi alla salute dell’utilizzatore, per lo più basati sulla registrazione dei sintomi. In caso di furto/smarrimento del dispositivo un’efficiente protezione dei dati sarà necessaria al fine di evitarne qualsiasi tentativo di accesso.

La community su cui è stata pubblicata la documentazione è costantemente attiva nella segnalazione di eventuali punti deboli o spunti che possano spingere gli sviluppatori ad apportare dei miglioramenti.

Non solo un’iniziativa italiana: il contact tracing informatico è un’iniziativa globale per un ritorno alla “normalità”

L’intero funzionamento dell’applicazione si basa su una spina dorsale ideata dalla collaborazione tra Apple e Google. I due giganti del mondo informatico hanno sviluppato un framework che permetterà ai Paesi di sviluppare le proprie applicazioni per il contenimento del contagio. Ciò garantirà degli aggiornamenti puntuali che correggeranno eventuali falle che dovessero emergere. Permetterà inoltre il funzionamento su tutti i dispositivi Android e Apple forniti di Bluetooth con i massimi standard di sicurezza. L’Italia si sta quindi adeguando a quella che, con ogni probabilità, diventerà un’iniziativa globale.

Paesi come la Corea del Sud ci hanno insegnato come un’efficace implementazione di strumenti sanitari, diagnostici e informatici possa garantire un’efficiente riduzione della circolazione del virus. Seppur la tutela della privacy di questi Paesi possa aver fatto discutere, al contrario l’attenzione posta dagli sviluppatori italiani è innegabile e garantisce all’utente che non verranno diffuse generalità o informazioni geografiche.

Viviamo in un periodo storico in cui è prassi condividere i propri contenuti sui Social Network, usare assistenti vocali e tracciare le proprie attività sportive o i propri viaggi in auto. Dobbiamo davvero dubitare e ostacolare la diffusione di un’applicazione che potrebbe contribuire concretamente al contenimento dell’epidemia, anche nella malaugurata eventualità di una seconda ondata estiva o autunnale? A voi la risposta! La certezza è che, eventualmente, non bisognerà farci trovare nuovamente impreparati.

Antonino Micari

La Sicilia riparte ma a modo suo. Tutto quello che si può fare (e non si può fare) da oggi secondo l’ordinanza regionale

La Sicilia cerca di tornare alla normalità, che mai prima d’ora, era sembrata così sconnessa dalla quotidianità.

Dalla giornata di oggi riaprono gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio, parrucchieri, barbieri, centri estetici, ristoranti, bar, pizzerie, pub, gelaterie e centri commerciali.

Ieri sera, il decreto che disciplina le modalità di riapertura non era ancora stato comunicato a Palazzo d’Orléans; il Presidente della Regione Nello Musumeci ha atteso il completamento con firma dell’ordinanza, che prevede l’apertura estesa della maggior parte delle attività commerciali sopra citate, relativa alla condizione sanitaria sufficientemente stabile dell’Isola.
“La Sicilia è pronta alla ripartenza, nella responsabilità di ognuno”, aveva comunicato, a conclusione del suo intervento serale, il Governatore siciliano.

 

La Sicilia tenta di ripartire con maggiore margine e con più rapidità.

L’obiettivo amministrativo di Musumeci è accelerare un po’ rispetto al quadro delle disposizioni nazionali, attraverso per esempio il via libera graduale ai centri commerciali: una ripartenza mediata da controlli serrati ad esempio sui parcheggi, e con lo stop agli ingressi liberi di Domenica.

E’ stata inoltre disposta la riapertura dei fiorai la Domenica, che era stata finora esclusa.

L’estensione che, più di tutte ha acceso la piazza delle polemiche, è quella relativa alla riapertura delle discoteche (effettivamente prematura e non in linea con quelle le disposizione emanate dal Dpcm), e la ripartenza di eventi e spettacoli a partire dall’8 giugno.

L’autorità di Pubblica sicurezza, ove necessaria la relativa autorizzazione, dovrà monitorare il numero dei partecipanti alla manifestazione pubblica, in rapporto proporzionale con gli spazi utilizzati e in relazione alla distanza di sicurezza interpersonale non inferiore ad un metro correlata all’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.

Riapertura in sicurezza di Musei e Parchi archeologici.

Prevista per il 25 maggio la riapertura in Sicilia di musei, parchi archeologici: i siti culturali più conosciuti come la Valle dei Templi di Agrigento, il Parco Archeologico di Selinunte e quello di Naxos-Taormina che comprende anche il Teatro Antico.
Si dovranno disporre tutte le misure necessarie contro il contagio da Covid-19: prenotazione elettronica per evitare assembramenti alle biglietterie, tornelli, termoscanner all’ingresso, percorsi e visite guidate.

Disposte le misure di sicurezza per i lidi balneari e obbligo di mascherina

E’ scattato il via libera per quanto concerne l’apertura di lidi, stabilimenti balneari e spiagge per l’estate 2020.
Confermata dunque la possibilità di rivedere gli ombrelloni aperti anche per la bella stagione che sta per arrivare, ma con regole ben precise e delineate.
La riapertura ufficiale (prevista nel Dpcm già da Maggio) potrà avvenire in Sicilia a partire dal 3 Giugno: gli ombrelloni che avranno a disposizione 10 metri quadrati, ovvero un distanziamento tra l’uno e l’altro di almeno 3,5 metri, tra lettini dovrà essere rispettata la distanza di almeno 1,5 metri.

In ogni luogo aperto al pubblico, anche non al chiuso, continueranno ad essere strettamente obbligatorie la mascherina o gli altri presidi di sicurezza per naso e bocca.

Estesa la fascia oraria di apertura degli esercizi commerciali.

Gli esercizi commerciali la domenica continueranno ad essere chiusi (eccezion fatta per bar, pizzerie e ristoranti) ma potranno estendere, secondo l’ordinanza di Musumeci, l’orario di apertura della propria attività fino alle 23:30 in chiara relazione ad un’accoglienza complessiva di clienti maggiore.

Per il resto valgono le regole concordate da Musumeci con gli altri presidenti delle Regioni e successivamente vagliate e condivise con il premier Giuseppe Conte.

L’impresa eccezionale è tornare ad essere normali, tentare di ridare alla quotidianità la parvenza di ordinarietà che il coronavirus, con cattiveria e sadismo invisibili, c’ha tolto.

Più che una ripartenza, per l’Italia, si attende una rinascita.

Antonio Mulone