Rosario Livatino verso la beatificazione, la Chiesa: “È martirio”

(fonte: grandangoloagrigento.it, it.wikipedia.org)

Si apre la strada alla beatificazione del magistrato Rosario Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990 ad Agrigento a soli 38 anni.

A confermarlo il decreto riguardante “il martirio del Servo di Dio Rosario Angelo Livatino”, approvato da Papa Francesco ed emanato in data 21 dicembre 2020. Tale decreto accerta che l’assassinio sia avvenuto in odium fidei, cioè per via di un disprezzo della forte fede del magistrato, e che per questo debba ritenersi un martirio.

Ciò, nel moderno processo di beatificazione, apre una seconda via rispetto al procedimento che prevede la dimostrazione di miracoli avvenuti in vita.

La vita e l’attività contro la mafia

Rosario Livatino nacque nel 1952 a Canicattì, provincia di Agrigento, e studiò Giurisprudenza laureandosi col massimo dei voti. Durante la giovinezza visse attivamente in parrocchia e neanche da adulto perse la propria dedizione, fermandosi ogni giorno a visitare il Santissimo Sacramento mentre si recava a lavoro.

La sua perspicacia, l’ingegno e la capacità di comprendere le sottili logiche della Stidda (organizzazione criminale in azione nel territorio agrigentino, in contrasto con Cosa Nostra) gli permisero di arrivare ben presto a ricoprire il ruolo di Giudice della sezione penale del Tribunale di Agrigento.

Durante questo incarico si occupò, con varie sentenze, di colpire la Stidda tramite restrizioni di libertà e confische dei beni. Per tali motivi divenne un elemento scomodo, ma risultò determinante alla sua eliminazione il fatto che fosse «inavvicinabile, irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante». Difatti, la forte incorruttibilità dovuta alla fede cattolica rappresenta il movente dell’omicidio.

Ciò che si legge nel decreto da poco emanato trova conferma anche nelle testimonianze degli assassini, in particolare quella di Gaetano Puzzangaro, uno dei killer mafiosi. È stato confermato l’odium fidei anche in base alle ricostruzioni dell’originale piano, che prevedeva che Livatino venisse ucciso davanti alla chiesa in cui era praticante.

(fonte:sikelianews.it)

Il martirio e le parole del Papa

Livatino venne invece ucciso il 21 settembre 1990 sulla strada statale 640 mentre si recava a lavoro, ad Agrigento, del tutto consapevole di quale sarebbe stato il suo destino. Il decreto sopracitato afferma che il magistrato sia giunto all’accettazione del possibile martirio tramite un percorso di maturazione nella fede. Ciò lo indusse a rifiutare la scorta e, come sostiene il decreto, forse anche le nozze.

L’acquisizione del titolo di Martire, così come di quello di Servo di Dio, sono il frutto di un lavoro lungo quasi trent’anni; un processo diocesano iniziato pochi anni dopo la morte del magistrato, nel 1993, con la raccolta di testimonianze e documenti che ne garantissero le fondamenta, e terminato nel 2018.

Già il Papa Giovanni Paolo II, durante il suo celebre discorso di condanna alla mafia del 1993, lo definì «martire della giustizia e indirettamente della fede». Papa Francesco (che già nel 2014 aveva scomunicato i mafiosi) affermerà nel 2019 che

Livatino è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni.

(fonte:pinterest.it, ansa.it, it.wikipedia.org)

Oggi possiamo dire con certezza che Livatino fu senz’altro diretto martire della giustizia e della fede, due elementi che provò per tutta la vita a coniugare e praticare assieme. Così recita una sua riflessione, quotata anche da Papa Francesco:

Decidere è scegliere; e scegliere è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare. Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto, per il tramite dell’amore verso la persona giudicata. E tale compito sarà tanto più lieve quanto più il magistrato avvertirà con umiltà le proprie debolezze, quanto più si ripresenterà ogni volta alla società disposto e proteso a comprendere l’uomo che ha di fronte e a giudicarlo senza atteggiamento da superuomo, ma anzi con costruttiva contrizione.

 

Valeria Bonaccorso

Una nuova mutazione del coronavirus in Inghilterra. E’ molto più contagiosa: massima prudenza in Europa

Il Primo ministro Boris Johnson annuncia le nuove restrizioni (fonte: ilpost,it)

L’Europa si prepara a una nuova sfida contro il coronavirus. In Inghilterra è stata riscontrata, attraverso la sorveglianza genomica della Public Health England, una nuova mutazione del virus che preoccupa l’Oms.

L’allarme in Inghilterra

Nuove restrizioni e lockdown per Londra, il Sud-Est e l’Est dell’Inghilterra. L’allerta è stata innalzata al livello 4, il più severo mai adottato nel Paese. L’annuncio era stato dato già nel pomeriggio del 19 dicembre, dal primo ministro Boris Johnson, provocando un allarmante esodo di persone da Londra verso altre parti del Paese meno colpite da Covid. La speranza delle autorità è che questo non si traduca in più casi in quelle regioni.

(fonte: Financial Times)

Subito dopo, è stato comunicato il dispiegamento di poliziotti in tutto il Paese per un maggior controllo sugli spostamenti.

“Se siete in una zona livello quattro, la legge prescrive che rimaniate a casa e non potete trascorrere la notte fuori. – ha dichiarato Grant Shapps, sottosegretario responsabile per i viaggi – Per favore, seguite le indicazioni e non recatevi in una stazione a meno che non abbiate il permesso di viaggiare. Saranno dispiegati agenti aggiuntivi per garantire che solo chi deve fare viaggi essenziali possa viaggiare in sicurezza.”.

Il 60% delle nuove infezioni nella capitale inglese è stata causata proprio da questa variazione. Secondo alcuni studi preliminari, pare che questa stia velocemente rimpiazzando i vecchi ceppi, da tempo in circolazione.

Il parere degli esperti sui primi dati

Al momento, si sa veramente poco. Inizialmente, gli esperti britannici avevano rivelato che questa mutazione fosse stata già ritrovata anche in altri due Paesi, ma non rivelando di quali si trattasse. Poche ore dopo accertata la diffusione in Danimarca, Olanda e Australia.

Secondo diversi esperti, una variante scoperta in Sud Africa, mesi fa – causa di una seconda ondata esplosiva nell’emisfero meridionale e dell’80-90% delle nuove infezioni nel Paese – sia uguale alla mutazione rilevata in Inghilterra, essendo parte di un ceppo che continua ad essere distinto da quest’ultimo.

Il primo consulente del governo inglese, Patrick Vallance, ha ammesso sono state identificate 23 mutazioni nella variante che tanto preoccupa, un numero decisamente alto rispetto al solito. Alcune di queste riguardano la proteinaSpike”, tramite la quale il virus si attacca alle cellule dell’organismo ospite. Inoltre, quasi tutti i vaccini sviluppati finora sono stati ideati sfruttando questa proteina.

“Più che una variante, si tratta di una famiglia di varianti. Tutte le mutazioni riguardano la regione esposta della proteina Spike, cioè le parti riconosciute dagli anticorpi. Sono probabilmente tentativi riusciti del ceppo virale di scappare dagli anticorpi di chi ha sviluppato immunità e – spiega Giorgio Gilestro, neurobiologo e professore associato dell’Imperial College di Londra – sono immuni, ad esempio, alla terapia al plasma”.

La mutazione riscontrata non sembra pregiudicare l’efficacia del vaccino, neanche di quelli in sperimentazione, ma fermare la diffusione di questa, significa bloccare una serie di altre eventuali variazioni potenzialmente pericolose. Non ci sono neanche evidenze che suggeriscano un tasso di mortalità più alto, sebbene siano in atto ulteriori verifiche. Ora, l’importante continua ad essere cercare di ridurre la trasmissione del coronavirus, che con questa mutazione avviene più velocemente del 70%.

In ogni caso, non è la prima volta che il virus muta. Proprio nei giorni scorsi, uno studio pubblicato da un team internazionale di 28 scienziati guidato da Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Campus Biomedico di Roma, ha rivelato che in Italia sono stati rilevati, sin dall’inizio della pandemia, 13 ceppi diversi.

In Italia si sceglie la via della massima prudenza

Il ministro Speranza sceglie la via della precauzione e firma una nuova ordinanza (fonte: liberoquotidiano.it)

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato di aver firmato una nuova ordinanza sul blocco – dalle 16.54 di ieri – dei voli e sulle nuove misure per chi è transitato sul territorio inglese:

“Chiunque si trovi già in Italia, in provenienza da quel territorio, è tenuto a sottoporsi a tampone antigenico o molecolare contattando i dipartimenti di prevenzione. La variante del Covid, da poco scoperta a Londra, è preoccupante e dovrà essere approfondita dai nostri scienziati. Nel frattempo scegliamo la strada della massima prudenza.”.

In un primo momento, lo stop ai collegamenti – previsto, per ora, almeno fino alle 23.59 del 6 gennaio – si pensava sarebbe scattato alle ore 00.01 di lunedì 21 dicembre, ma, per l’articolo 2 dell’ordinanza, è entrato in vigore immediatamente. Molta confusione, dunque, si è generata ieri pomeriggio. Addirittura, il volo Alitalia AZ204 Roma Fiumicino-Londra Heathrow delle 14.25 è, poi, decollato alle 15.12 con 55 passeggeri a bordo, ma l’Airbus A320, di ritorno da oltremanica, invece di imbarcare i connazionali è ripartito vuoto perché era intanto scattato il blocco.

Il coronavirus è già mutato

Ieri, è stato trovato positivo alla suddetta mutazione un italiano. Lo ha annunciato tramite una nota, il Ministero della Salute: il Dipartimento Scientifico del Policlinico Militare del Celio, che collabora con l’Istituto Superiore della Sanità, ha sequenziato il genoma del coronavirus contratto dal nostro connazionale. Quest’ultimo e il suo convivente, rientrato negli ultimi giorni dal Regno Unito con un volo, sono in isolamento e hanno seguito, insieme agli altri familiari e ai contatti stretti, tutte le procedure.

Oltre l’Italia, anche altri Paesi europei hanno preso provvedimenti: Olanda, la prima a bloccare i voli per e dalla Gran Bretagna fino all’1 gennaio e il Belgio anche i treni in arrivo via Francia; Austria, Germania e anche Francia e Irlanda che hanno predisposto, al momento per 48 ore, il blocco di treni e aerei. La Spagna, invece, chiede che si formuli una linea di azione unica e coordinata a livello europeo.

 

Rita Bonaccurso

Il Natale sempre più rosso sul calendario: lockdown nei festivi e prefestivi. Il 27 sarà il Vaccine Day

Sarà un Natale diverso quello che vivremo quest’anno. Lo immaginavamo già da tempo. Ieri sera, dopo giorni di incertezze, è arrivato il nuovo decreto legge a confermare i nostri timori.

L’Italia blindata nei giorni festivi e prefestivi, con restrizioni che ricordano il primo lockdown. Nei giorni lavorativi, invece, zona arancione.

Restrizioni e deroghe nei giorni rossi

La chiusura è dunque prevista dal 24 al 27 dicembre, dal 31 dicembre al 3 gennaio e il 5 e il 6 gennaio.

In questi giorni saranno vietati gli spostamenti tra regioni. Sarà possibile uscire soltanto per lavoro, salute e in altri casi di comprovata necessità. Chiusi negozi, centri estetici, bar, ristoranti, gelaterie e pasticcerie. Consentiti la consegna a domicilio e, fino alle 22, l’asporto. Aperti invece supermercati, negozi di beni alimentari e prima necessità, farmacie, edicole, parrucchieri e barbieri.

La risposta alla domanda che sta molto a cuore agli italiani: “Si potrà festeggiare il Natale?”, sembra essere no. Sicuramente i cenoni con parenti e amici, le grandi tavolate e le strade gremite quest’anno vivranno soltanto nei nostri ricordi. Nonostante ciò, grazie alle deroghe previste dal decreto, necessarie, come affermato ieri in conferenza stampa dal premier per “consentire quel minimo di socialità che si addice a questo periodo”, sembra ancora possibile salvare il Natale. Infatti, sarà permesso ospitare nella propria abitazione due persone non conviventi dalle ore 5 alle ore 22. Saranno esclusi dal computo gli under 14, le persone con disabilità e conviventi non autosufficienti. Inoltre, verrà consentito un solo spostamento al giorno verso le case di amici e parenti, sempre con autocertificazione. Insomma, sarà un festeggiamento all’insegna dell’intimità e della tranquillità.

Deroghe previste anche per l’attività motoria che sarà consentita nei pressi della propria abitazione e all’aperto ma in forma individuale.

Restrizioni nei giorni arancioni

Misure meno restrittive saranno invece applicate nei giorni 28, 29, 30 dicembre e 4 gennaio, in cui l’intero territorio nazionale sarà zona arancione. Saranno consentiti gli spostamenti all’interno del proprio comune e dai piccoli comuni, cioè quelli con un numero di abitanti inferiore o uguale a 5000, in un raggio di 30 km. Tuttavia, non sarà possibile raggiungere i comuni capoluoghi di provincia. Resteranno chiusi bar e ristoranti con asporto consentito fino alle ore 22 e consegne a domicilio senza restrizioni. I negozi saranno aperti fino alle ore 21. Resta valido il coprifuoco alle ore 22.

Provvedimenti previsti dal decreto per le feste natalizie – Fonte: www.ansa.it

Una scelta sofferta ma necessaria

È stata una scelta sofferta, lo ha dichiarato Conte in conferenza stampa. Una scelta influenzata dalla preoccupazione del Comitato tecnico-scientifico per la possibile impennata della curva dei contagi nel periodo natalizio, soprattutto visti gli assembramenti degli ultimi giorni. È un momento cruciale in cui non sono permessi errori. Lo si comprende bene dalle parole di Provenzano, il ministro per il Sud e la coesione territoriale:

“Non possiamo permetterci una terza ondata perché gennaio e febbraio dobbiamo dedicarli alla vaccinazione e alla riapertura delle scuole”.

Questo è stato ribadito anche dal commissario straordinario Domenico Arcuri:

“Sarebbe complicato iniziare la campagna vaccinale con un nuovo incremento di contagi”.

Insomma, ci sono delle priorità che hanno reso necessario sacrificare il Natale. Del resto, gli ultimi dati sui contagi non sono rassicuranti. Ieri sono stati individuati 17.992 nuovi casi su 179.800 tamponi effettuati e 674 vittime. La trasmissione dell’infezione sta riprendendo quota, come emerge dalla dichiarazione del presidente dell’Istituto superiore di sanità Brusaferro:

“Abbiamo un Rt che cresce e in alcune regioni cresce di più e supera l’1. Rt è il primo indicatore a muoversi e poi viene seguito da nuovi casi, ricoveri e decessi”.

Le regioni con Rt pari o superiore a 1 sono il Molise, il Veneto e la Lombardia. I valori più bassi sono stati registrati in Valle d’Aosta e Campania con 0.63.

Bollettino Covid del 18 Dicembre – Fonte: www.chedonna.it

Il decreto Ristori

Accanto alle restrizioni, il nuovo decreto prevede un intervento economico a favore dei lavoratori più sacrificati dalla stretta natalizia.

“Comprendiamo le difficoltà economiche e comprendiamo l’ulteriore sacrificio degli operatori coinvolti direttamente da queste misure. Siamo al loro fianco”, ha detto Conte.

Il provvedimento dispone 645 milioni per ristoranti e bar costretti alla chiusura. Il premier rassicura che ci saranno benefici anche per gli altri operatori.

Teresa Bellanova coglie la palla al balzo e non perde l’occasione per mettere in risalto i meriti di Italia Viva:

“Dopo la nostra sollecitazione, è stata accolta in Consiglio dei ministri la proposta di stanziare subito ristori per i bar e ristoranti che devono chiudere per effetto delle nuove misure del governo”.

In attesa del vaccine day

Fonte: www.vecteezy.com

Tra regali di Natale e panettoni, restiamo intanto in attesa del 27 dicembre, il vaccine day, cioè il giorno in cui avrà inizio la campagna vaccinale in alcuni Paesi europei, simbolo dell’unione dell’Europa nella lotta contro la pandemia. Come comunicato ieri da Domenico Arcuri durante l’incontro tra Governo e Regioni, in Italia, il 26 dicembre arriveranno allo Spallanzani 9750 dosi di vaccino Pfizer. Il giorno dopo raggiungeranno i punti di somministrazione delle Regioni. Le regioni che riceveranno più dosi per questa prima inoculazione sono la Lombardia con 1620 dosi, l’Emilia Romagna con 955, il Piemonte con 910 e il Veneto con 875.

Dal 28 avrà inizio  la distribuzione ordinaria. È previsto un invio alla settimana in quantità sufficiente alla somministrazione delle due dosi da assumere entro i termini stabiliti. Le prime dosi verranno spedite da Pfizer nei punti provvisti di celle frigo, necessarie per la conservazione del principio attivo del vaccino. Laddove non si è ancora attrezzati, le dosi saranno inviate nei presidi ospedalieri più vicini.

Non ci sarà un obbligo di vaccinazione. Verranno vaccinati per primi gli operatori sanitari e sociosanitari, gli ospiti e il personale delle residenze per anziani. Alcune settimane dopo la prima fase di vaccinazione, ci sarà il richiamo per i primi vaccinati e si inizierà a somministrare le dosi alle categorie più fragili.

La notizia del vaccine day in Europa e quella dell’approvazione della Fda americana, giunta nelle ultime ore, al vaccino di Moderna ci fanno sperare e sognare il momento in cui questo incubo avrà fine.  Fino a quel momento non possiamo non mantenere cautela e prudenza.

“Dobbiamo ancora rimanere concentrati, non abbassare la soglia di attenzione”, esorta il premier.

Chiara Vita

 

Torino: padre fa aggredire il figlio perché gay

Fonte-fanpage.it
Fonte-fanpage.it

Torino teatro di una vicenda inverosimile di cui protagonisti sono un padre 75enne, libero professionista in pensione, e il figlio, medico chirurgo di 43 anni, omosessuale.

E’ proprio l’omosessualità, non accettata dal 75enne, la causa della tragedia sfiorata. Quest’ultimo ha messo a disposizione un compenso di 2500 euro per chiunque avesse accettato in cambio di aggredire il figlio, spezzandogli le dita. Un gesto mirato per distruggerlo fisicamente, ma anche professionalmente.

La foto incriminatoria

Il chirurgo, molto conosciuto nel torinese, aveva già dichiarato la sua omosessualità alla famiglia molti anni prima, circa nel 2016, presentandosi a casa dei genitori col nuovo compagno. Sebbene sembrava fosse stata accettata la relazione, nel 2017 subentra l’astio del padre. Un noto settimanale di gossip pubblicò delle foto che ritraevano il chirurgo in compagnia di un attore conosciuto, durante il loro soggiorno in Francia. Daquel momento in poi che l’anziano perderà il buon senso, diventando anche violento con la moglie. Nonostante fosse consapevole, ormai già da un anno, dell’omosessualità del figlio, ciò che lo avrebbe scandalizzato fino a fargli perdere la stabilità, è stato il vedere la naturalezza del figlio nel vivere la sua relazione, senza nascondersi, senza timori, senza vergogna, non preoccupandosi della sua omosessualità.

Da quel momento, la rabbia ha continuato a crescere fino a spingerlo a compiere più di un gesto terribile nei confronti del figlio, di cui il tentativo di danneggiargli le mani è solo l’ultimo.

Dal 2017 le prime aggressioni

Torino, padre paga un criminale per spezzare le mani al figlio gay-fonte-biccy.it
Torino, padre paga un criminale per spezzare le mani al figlio gay-fonte-biccy.it

Già nell’aprile del 2017, il 75enne aveva assoldato un picchiatore, un uomo di origine romena.

Poi, ancora a febbraio scorso, aveva ingaggiato due uomini per un aggressione e questi erano riusciti nell’intento, facendo finire il chirurgo in ospedale. Successivamente un’altra aggresione ad aprile dopo un pedinamento di due settimane, di cui è stato vittima anche il compagno del chirurgo.

Nulla che potesse ricondurre la vita del medico ad ambienti criminali, fino a farlo divenire vittima di eventuali vendette, è stato mai riscontrato, contrariamente da quanto sostenuto dal padre davanti all’ultimo aggressore che ha assoldato per 2500 euro:

“Mio figlio è un delinquente, spezzagli le dita”.

Un giorno, però, il chirurgo viene avvicinato, fuori casa sua, da uno sconosciuto. Quest’ultimo si è rivelato essere proprio il picchiatore ingaggiato per spezzargli le mani, che, colto dal buon senso, gli ha rivelato il piano di cui l’autore era proprio il padre.

“Mi sembri una brava persona” sono state le parole dell’aggressore, deciso a non voler distruggere la vita di una persone innocente.

Così, quest’ultimo si mette d’accordo col chirurgo e insieme fingono un’aggressione, incastrando l’anziano.

La denuncia al padre

Così, dopo molto tempo trascorso nel terrore di un possibile agguato, scorte da parte di amici e parenti, è la farsa messa in piedi con l’aggressore, nel maggio 2018 il medico decide di denunciare il padre. Una scelta difficile, che, però, andava fatta, per evitare ulteriori rischi.

Così, dopo due anni dalla tragedia – fortunatamente – solo sfiorata, adesso è arrivata la sentenza: un patteggiamento di due anni senza risarcimento del danno.

Sembra assurdo che ancora, dopo tanti anni di lotte, movimenti, proteste, oggi si senta parlare di omofobia, ma soprattutto di un padre che odia un figlio perché gay, arrivando a pagare qualcuno per aggredirlo.

Ad oggi, i due non si parlano, se non tramite vie legali.

“Questa sentenza – ha commentato Arcigay Torino – porta alla chiusura di un percorso tormentato, in cui un genitore si è reso carnefice nei confronti del proprio figlio perché quest’ultimo ama un altro uomo. Arcigay Torino esprime tutta la sua solidarietà nei confronti della vittima: nessuna persona dovrebbe vivere nella paura a causa del proprio orientamento sessuale e dell’identità di genere. Proprio per questo, ricordiamo l’importanza di una legge che tuteli le persone LGBTQIA+ da simili soprusi”.

Eleonora Genovese

 

Maxi operazione Luna Park contro la pedopornografia online. Incriminati 400 soggetti e 159 chat

fonte: lastampa.it

81 italiani tra i 432 soggetti responsabili di crimini contro minori. Abusi prevalentemente su bambine e bambini in tenera età e, in alcuni casi, anche neonati. Una maxi operazione, scattata ieri, dopo lunghe indagini, con l’impiego di oltre 300 agenti della Polizia Postale, i quali, in queste ore, stanno eseguendo perquisizioni e arresti in flagranza, in tutta Italia. Finora sono intervenuti in 53 province e 18 regioni italiane.

La più grande operazione degli ultimi anni

Gli agenti hanno lavorato sotto copertura online per due anni, insinuandosi su Telegram e WhatsApp. Hanno scovato 159 chat di gruppo create per pedopornografia e smantellato, tra queste, vere e proprie associazioni criminali, 16 per l’esattezza.

La più grande operazione contro la pedopornografia online degli ultimi anni – intitolata “Luna Park” – coordinata dalla Procura di Milano e condotta dalla Polizia Postale di Milano e dal “Centro Nazionale per il Contrasto della Pedopornografia Online” del servizio Polizia Postale di Roma. Gli investigatori sono stati diretti dai procuratori aggiunti Eugenio Fusco e Letizia Mannella e dai Pm Barilli e Tarzia.

432 utenti attivi su chat finalizzate alla condivisione di foto e video pedopornografici, ritraenti vere e proprie violenze sessuali su minori. Il 35% degli italiani indagati si concentra tra Lombardia e Campania. Professionisti, operai, studenti, consulenti universitari, pensionati, impiegati privati e pubblici, tra cui anche un vigile urbano.

Nelle 16 chat organizzate come vere e proprie associazioni a delinquere, era possibile, per l’appunto, distinguere figure con ruoli precisi: promotori, organizzatori e partecipanti, che si scambiavano il materiale pedopornografico tramite “stanze virtuali” create sulle suddette app.

C’erano regole ben precise per limitare al massimo l’esposizione e il possibile tracciamento da parte delle forze dell’Ordine, tanto che, appena vi era il sentore che un utente potesse esser scoperto, veniva espulso dal gruppo. L’anonimato veniva protetto con grande attenzione, ma la lunga e capillare attività di indagine ha consentito di scoprire i nomi dietro i nickname utilizzati in rete dai pedofili, portandoli allo scoperto.

Due italiani all’origine di tutto

Due sono ritenuti i promotori e gestori dei gruppi, attraverso i quali reclutavano altri complici da ogni parte del mondo. Un 71enne napoletano, ottico di professione e che lavorava anche a collaborazioni universitarie, e un 20enne veneziano disoccupato. Questo carattere di transnazionalità accomuna tutti i gruppi scoperti. Sono infatti 351 gli utenti stranieri coinvolti nell’indagine, ognuno pedinato online fino all’individuazione.

Oltre allo scambio di video e immagini di violenze, in alcuni casi, vi sarebbe stata la possibilità di poter avere occasione di arrivare ad avere contatti diretti con minori.

Gli investigatori e gli agenti che hanno condotto l’operazione, stanno approfondendo sempre di più i controlli sul materiale fatto circolare dalla rete criminale, per cercare di scovare ed contrastare ogni eventuale altro caso di abuso. Inoltre, sono in contatto con le autorità di diversi altri Paesi, anche perché proprio questa inchiesta sarebbe partita grazie ad una segnalazione arrivata dagli Stati Uniti.

 

I rischi del web sono aumentati con il coronavirus

Durante il lockdown a causa della pandemia da coronavirus, i bambini “sono molto più indifesi e più facilmente vittime di adescamenti” e c’è stato un “aumento dei reati di pedopornografia”, secondo quanto spiegato dal procuratore aggiunto Mannella. Stare davanti al pc è stato, per i bambini, un modo per non rinunciare all’apprendimento, vista l’impossibilità di andare a scuola durante lunghi periodi, ma allo stesso tempo è aumentato il rischio dell’involontaria esposizione a tali pericoli.

La possibilità di non rivelare la propria vera identità sul web è una tematica molto discussa da sempre, proprio a causa degli alti rischi che genera, anche se, dall’altra parte, è un importante strumento per proteggere la propria privacy e di conseguenza se stessi dal finire vittime di reati di questo genere.

Ancora una volta il web si rivela un’arma potentissima, ma a doppio taglio. Si sta lavorando molto affinché la trasparenza sulla rete sia sempre maggiore e affinché vengano ridotti quasi a zero i rischi legati alla possibilità di creare false identità con poco. Ci vorrà molto tempo o forse i pericoli non verranno mai estirpati completamente. Dunque, non ci resta che essere attenti e non lasciare che i più piccoli usino il web senza la supervisione di qualcuno in grado di percepire eventuali rischi.

 

Rita Bonaccurso

Bombe carta e petardi in Val di Susa: attivisti NoTav attaccano la polizia

Nella giornata di ieri mattina un gruppo di 250 attivisti No Tav ha lanciato l’offensiva. Secondo le fonti investigative, gli attivisti si sono separati in diversi gruppi per raggiungere il cantiere della Torino-Lione di Chiomonte. Qui, tra i boschi della Clarea, si sono preparati per il loro attacco. Bombe carta e petardi sono state lanciati contro i reparti mobili delle forze dell’ordine. In risposta sono stati lanciati gas lacrimogeni.

ora e sempre no tav
(Fonte: notav.info)

L’obiettivo della folla: superare gli schieramenti dei carabinieri e della polizia per raggiungere i cantieri.

I No Tav

Nella giornata di ieri sono intervenuti anche i leader storici del movimento NoTav come Alberto Perino e Nicoletta Dosio. L’appuntamento al campo sportivo di Giaglione, in Val di Susa, è stato convocato dopo la ripresa dei lavori di allargamento del cantiere di Chiomonte.

Manifestanti No Tav in Val di Susa
Manifestanti No Tav in Val di Susa (Fonte: legambiente.it)

Una manifestazione contro i lavori di devastazione della Val Clarea e contro la militarizzazione del territorio.

Questo è quanto affermano ad alta voce i No Tav che da anni criticano la realizzazione di infrastrutture per l’alta velocità ferroviaria. Il motivo? Il costo proibitivo e soprattutto l’impatto ambientale.

Il gruppo ha lanciato bombe carta e petardi contro i reparti mobili delle forze dell’ordine, al cancello del sentiero “Gallo-Romano” che sbarra l’accesso all’area di cantiere di Chiomonte, allargato nei giorni scorsi per i lavori della nuova Torino-Lione.

Ci sono stati due feriti tra le forze dell’ordine che hanno risposto con lanci di lacrimogeni. Al momento, non è stata data notizia di fermi.

La Tav avanza verso Torino

Il 26 agosto scorso è stato approvato il progetto preliminare dei lavori intorno alla Torino-Lione.

Nella lista dei lavori già assegnati ci sono:

  1. Le cavità di interscambio a Chiomonte (40 milioni)
  2. I monitoraggi ambientali dei cantieri italiani (16,3 milioni)
  3. La direzione lavori per la valorizzazione dei materiali di scavo (8,5 milioni)
  4. Il coordinamento delle attività per la sicurezza degli addetti sui cantieri in fase di progettazione (7,8 milioni)
  5. E 5,4 milioni impegnati per la protezione dei cantieri italiani

Sono 35 le imprese impiegate con quasi 700 addetti perlopiù sul versante francese, mentre, sono 6 le imprese messe in moto a Chiomonte con, attualmente, una quarantina di addetti impiegati.

Come previsto dalla variante approvata dal Cipe nel 2018, sarà il cantiere della Maddalena a ospitare la principale area di lavori per lo scavo del tunnel di base in territorio italiano, opera che vale 8,6 miliardi nel suo complesso.

Secondo quanto stabilito dall’accordo –Grant Agreement– sottoscritto con Francia e Unione Europea, a inizio 2021 si dovrebbe tornare a scavare in Val di Susa per realizzare le nicchie di interscambio all’interno dell’attuale galleria geognostica.

I Si TAV

E se da una parte l’azione dei contestatori si fa strada con la mobilitazione e con risvolti violenti, non mancano le manifestazioni a favore della grande opera.

Torino sarà bellissima e ci sarà lavoro e speranza per tutti. Altrimenti sarà bellissima solo per quella parte di città che sta bene.

Questo è quello che afferma Mino Giachino, leader e fondatore dei Si TAV Si, riunitisi ieri mattina in piazza Castello a Torino.

Manifestanti Si Tav a Torino
Manifestanti Si Tav a Torino (Fonte: torino.repubblica.it)

Per coloro che sostengono il cantiere del futuro, la Tav ci metterà in rete con il mercato mondiale e con l’economia globale. Continua Giachino: “Dire no alla Tav, vuol dire negare lavoro e speranza di futuro”.

Ai giovani che vanno a protestare davanti al cantiere suggerisce di  far fronte comune e mettere insieme le loro energie per costruire il futuro.

Maria Cotugno

Oggi Conte al Consiglio europeo: il via alla riforma sul Mes. Ancora contrasti sul Recovery Plan

Una settimana impegnativa per il premier Conte, che tenta di tenere il timone dell’Italia destreggiandosi tra il controllo della pandemia, i conflitti per la gestione del recovery fund e lo scompiglio causato dalla riforma sul Mes approvata ieri in Parlamento. Quest’ultima sarà al centro del Consiglio Europeo che si terrà oggi e domani a Bruxelles, durante il quale Conte darà il via libera alla trasformazione apportata proprio da tale riforma all’economia europea.

Che cos’è il Mes? Che cosa prevede la riforma?

Il Mes, ovvero il meccanismo europeo di stabilità, è uno strumento nato nel 2012 per contrastare una possibile crisi del debito dei paesi dell’Unione Europea che hanno adottato l’euro come moneta. Il Mes ha una dotazione complessiva di 700 miliardi di euro, è finanziato direttamente dai singoli Stati membri in base al loro specifico peso economico ed è gestito da un’apposita struttura che ha sede a Lussemburgo. Il Paese in crisi, per ottenere un aiuto, deve accettare un piano di riforme la cui applicazione è sorvegliata da Troika, un organismo costituito dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale. Il piano prevede pesanti tagli alla spesa pubblica.

La riforma del Mes, approvata ieri dal Parlamento italiano, prevede tre cambiamenti importanti. Per ottenere un prestito non sarà più necessario sottoscrivere un accordo di riforme impopolari, ma sarà sufficiente una lettera di intenti. Il fattore limitante è che tale regola vale solo per quegli stati che rispettano i parametri di Maastricht.

Inoltre, la riforma tenta di rendere più facile la ristrutturazione del debito pubblico di un paese che chiede aiuto al Mes. Ristrutturare il debito pubblico significa concordare una riduzione del valore del prestito fatto allo stato, il che, per i creditori, vuol dire perdere parte del loro investimento nel momento in cui scatta il pacchetto di aiuti. La riforma introdurrebbe le single limb Cacs, cioè un particolare tipo di titoli di stato che permettono una ristrutturazione tramite un solo voto dei creditori, rendendo le procedure meno complesse. Il timore è che i creditori, consapevoli della possibilità per i debitori di restituire meno di quanto dato in prestito, chiedano interessi più alti, soprattutto agli stati più a rischio, come l’Italia.

La riforma sostiene anche l’anticipazione al 2022 del «backstop» al Fondo unico di risoluzione per le banche. Con backstop si intende la protezione delle banche in dissesto grazie alle risorse provenienti dal Mes.

I contrasti sul Mes hanno avuto come sfondo lo scontro tra europeisti e antieuropeisti. Gli oppositori intravedono nella riforma il pericolo di una forte ingerenza dell’Europa nella politica italiana. Emerge questo dalle parole di Giorgia Meloni:

Il Mes non è uno strumento utile per l’Italia ma un atto di sottomissione al controllo della burocrazia europea”.

Nonostante le avversioni, la riforma ha ottenuto il via libera, ieri in Parlamento, con 156 favorevoli. Entusiasta il ministro dell’economia e delle finanze Roberto Gualtieri:

Grande soddisfazione per il voto di oggi di Camera e Senato. È un’importante conferma della coesione della maggioranza su un chiaro indirizzo europeista e del lavoro positivo svolto dal governo in Europa”.

Il ministro Roberto Gualtieri – Fonte: www.policymakermag.it

 

Il Recovery Plan

Disinnescata la mina del Mes, la maggioranza è invece in fibrillazione sul Recovery plan, il progetto nazionale di gestione del fondo per la ripresa dei paesi europei maggiormente colpiti dal Covid.

Per quanto riguarda i settori di impiego del finanziamento, la domanda guida del progetto proposto da Conte, così come affermato da lui stesso, è stata: “Che paese vorremmo tra dieci anni?”. Il premier guarda al futuro fiducioso di recuperare il ritardo dell’Italia, soprattutto in alcuni settori, rispetto agli altri paesi europei. Le valutazioni dei tecnici del Tesoro lasciano sperare: secondo le previsioni, se il Recovery Plan funzionerà, tra sei anni il Pil italiano sarà più alto di oltre 40 miliardi. Stando al progetto,74,3 miliardi saranno assegnati al green, 48,7 miliardi alla digitalizzazione, 27,7 miliardi alle infrastrutture, 19,2 miliardi ad istruzione e ricerca, 17 miliardi a parità di genere, coesione sociale e territoriale, 9 miliardi alla salute.

Come verrà gestito il Recovery Fund – Fonte: www.genteditalia.org

 

Il Recovery Fund in Sicilia

“Un’occasione unica per riequilibrare il divario tra nord e sud”,

vengono visti in tal modo, dall’assessore all’economia Gaetano Armao, i 20 miliardi che toccano alla Sicilia. Secondo le previsioni della bozza di Conte, il prodotto interno lordo della nostra isola aggiungerà un 4,67% alle stime per il 2021.

Gaetano Armao – Fonte: www.siciliaunonews.com

La bozza del premier delude, tuttavia, la giunta regionale siciliana: non è menzionato né il Ponte sullo Stretto richiesto dal centrodestra, né l’aeroporto intercontinentale che il governo Musumeci vorrebbe realizzare a Milazzo.

Si punta invece alla tutela del patrimonio culturale, alla riduzione del divario sociale, al potenziamento delle due zone economiche speciali, quella occidentale che include parte di Palermo e Trapani, quella orientale che ingloba Enna, Messina e Siracusa. Importante l’intervento sulle ferrovie: l’investimento di 6,8 miliardi permetterà ai treni del triangolo Palermo, Messina, Catania di raggiungere una velocità di 160 chilometri orari.

La frattura della compagine governativa

La questione che ha lacerato il governo è quella della cabina di regia, cioè degli organi a cui è affidata la gestione dei 209 miliardi che spettano all’Italia. La proposta del premier prevede la presenza di un comitato esecutivo composto, accanto a Conte, da Gualtieri e da Patuanelli e una task force di sei manager nominati da lui stesso. Il piano punta anche sulla collaborazione di un “comitato di responsabilità sociale, composto da rappresentanti delle categorie produttive, del sistema dell’università e della ricerca” che possa dare pareri e suggerimenti.

Il no alla bozza del progetto del premier è arrivato soprattutto da Italia viva, il cui leader, Matteo Renzi minaccia: “Io mi sgancio” evocando la crisi del governo. Agli occhi di Renzi, la proposta di Conte priverebbe ministri e regioni di potere decisionale in un progetto che influenzerà il futuro dell’Italia.

Questa struttura esautora non solo i ministeri, ma anche le Regioni e in sostanza l’intera Pa, mentre il Recovery deve rappresentare una straordinaria occasione di rinnovamento e innovazione della pubblica amministrazione”.

Decisa la renziana Teresa Bellanova che, tra l’altro, Italia Viva avrebbe voluto includere nel triumvirato incaricato di gestire il Recovery incontrando, tuttavia, l’opposizione del partito democratico che non intende cedere alle pretese di Renzi. Dure le parole del ministro Peppe Provenzano:

Già abbiamo Orban che frena. Dividerci anche tra noi per ragioni di visibilità sarebbe molto grave”.

Conte risponde agli attacchi assicurando che la struttura del Recovery plan non priverà i ministri del potere:

la responsabilità rimane sempre nel governo perché servirà l’autorizzazione del Consiglio dei Ministri”.

Oggi Conte al Consiglio europeo

La questione del Recovery Fund è ancora tutta da risolvere. Gli scontri in Italia preoccupano l’Unione Europea: il nostro paese è quello a cui spettano più fondi e, di conseguenza, è necessario un progetto forte ed efficace. Il tempo a Bruxelles stringe: la commissione europea spinge affinché il piano venga approvato e mandato all’Ue, così da metterlo in atto nel minor tempo possibile.

Conte a Bruxelles – Fonte: it.notizie.yahoo.com

Oggi, dunque, si prospetta per Conte un’aria tesa a Bruxelles. Accanto al Mes e al Recovery Fund, sul quale, così come affermato ieri in Parlamento dal premier, si intravede uno spiraglio nel negoziato con Polonia e Ungheria, terranno impegnato il vertice dei leader del Consiglio europeo anche altre importanti questioni: la Brexit, il green deal e i rapporti con la Turchia.

Chiara Vita

Evasione fiscale da 15 milioni di euro. Maxi sequestro a un imprenditore messinese

C’è chi sceglie di intraprendere la via all’insegna della massima “pagare le tasse è immorale” di sgarbiana memoria,  e c’è chi invece percorre, non senza sacrificio, la via opposta e più onesta.

Che il messinese A. G. avesse già da tempo prediletto la prima, è stato scoperto dalla Guardia di Finanza di Messina la quale, dopo complesse verifiche fiscali, è riuscita a scovare un’evasione di circa 15 milioni di euro tra IVA, sanzioni e imposte sui redditi.

 

Maxi sequestro operato dalla Guardia di Finanza di Messina per oltre 2 milioni di euro di fatture false. Fonte: Gazzetta del Sud.

 

L’indagine

Fatture per operazioni inesistenti per oltre 2 milioni di euro è l’accusa rivolta all’imprenditore 52enne, occupato nel settore delle pulizie. La frode sarebbe stata commessa da tre società, tutte collocate in territorio messinese, che fanno capo allo stesso gruppo di sua proprietà.

Grazie a un intricato incrocio di flussi finanziari, sarebbe stato possibile trasferire ingenti somme di denaro dal conto corrente della società debitrice del fisco ai conti delle altre realtà societarie, sottraendosi così al doveroso pagamento delle imposte.

Secondo i finanzieri, le analisi della documentazione amministrativa e contabile della società di pulizie hanno fatto luce su “complesso schema ideato per evitare il pagamento dell’IVA dovuta e costituirsi un credito inesistente“. Immediata la confisca di circa 205mila euro su proposta della procura e secondo la disposizione del giudice del Tribunale di Messina.

I precedenti

A. G., in realtà, non è nuovo alle indagini finanziarie. Già tempo addietro è stato coinvolto, insieme al fratello, nella cosiddetta inchiesta “Tekno“. Ad operare insieme ai due, un 62enne, originario di Matera, V. L..

Alcuni mesi fa, l’imprenditore era stato nuovamente oggetto di un importante sequestro per una cifra pari a 6,5 milioni di euro.

L’indagine riguardava un nucleo di circa 13 società, dislocate sia a livello locale sia nazionale, e includente diversi settori: edilizia, alberghiero, ristorazione, trasporti, pulizie. Anche qui, tutte riferibili a un’unica società con al vertice l’imprenditore messinese.

Non finisce qui. All’epoca infatti, l’imprenditore inoltre titolare di un appalto ospedaliero nel Nord Italia, per il servizio di pulizia e sanificazione. Dopo poco tempo, però, tale appalto viene ceduto per l’esigua somma di 20mila euro a una società fittizia, sempre a lui riconducibile. Questa operazione non era nient’altro, infatti, che un passaggio di soldi, poi spariti, da una società sotto il suo nome, a un’altra, peraltro con nome quasi uguale, di V. L..

 

 

Alessia Vaccarella

Il nuovo Dpcm tra conferme e nuove disposizioni.

(fonte: ilfattoquotidiano.it)

Entrerà in vigore il 4 dicembre il Dpcm che riscrive le regole per il contenimento dei contagi da Covid-19 in vista delle feste.

Alcuni dei divieti attualmente in vigore saranno nuovamente confermati, tra i quali la divisione in fasce di diversi colori dell’Italia: regioni gialle, arancioni e rosse. L’obiettivo preposto per le prossime settimane, comunque, è quello che tutte le regioni possano rientrare nella fascia gialla per le festività natalizie.

Di seguito le novità che il Governo introdurrà nei prossimi giorni con il nuovo decreto.

Le nuove disposizioni

  • Divieto di spostamento tra Regioni;
  • Coprifuoco alle 22 nei giorni di Natale e Capodanno;
  • Chiusi gli impianti sciistici;
  • Quarantena obbligatoria per chi proviene dall’estero dopo il 20 dicembre.

Il divieto allo spostamento tra Regioni

Anche tra le Regioni che si trovano in fascia gialla sarà vietato lo spostamento, dal 20 dicembre all’Epifania. La scelta è stata fatta per limitare il più possibile i trasferimenti che, come accaduto la scorsa estate, hanno veicolato il virus in tutto il Paese.

Sarà consentito il ritorno presso la propria residenza o domicilio. Vi potrebbero essere permessi per i fuori sede universitari, che potranno rientrare a casa anche dopo il 20 dicembre. Si sta, invece, ancora discutendo se concedere, per evitare che gli anziani trascorrino le festività da soli, deroghe anche solo a un parente stretto, per permettergli di muoversi appositamente.

Tra le deroghe discusse la scorsa notte, c’è quella che scioglierebbe il dubbio sulle seconde case: queste potranno essere raggiunte anche se si trovano fuori dalla propria regione, purché in un territorio in fascia gialla.

Il punto sugli spostamenti è quello che ha creat maggiori tensioni a palazzo Chigi. I capi di delegazione hanno deciso di scrivere un decreto ad hoc, che andrà nella Gazzetta Ufficiale insieme al nuovo Dpcm e che servirà a coprire, dal punto di vista costituzionale, la limitazione delle libertà personali.

Ancora nessuna decisione sul rientro a scuola.

I limiti di orario per le attività e il coprifuoco

(fonte: tg24.sky.it)

I negozi chiuderanno alle 21 e i centri commerciali potranno rimanere aperti nel fine settimana e nei giorni festivi prima del 20 dicembre. Dovranno restare chiusi, invece, durante i giorni di festività veri e propri.

I ristoranti continueranno ad avere l’imposizione della chiusura alle ore 18; dopo quest’orario sarà consentita solo la vendita da asporto e la consegna a domicilio.

Dopo una lunga discussione si è stabilito che nei giorni di festività, i ristoranti potranno rimanere aperti perché, secondo gli esperti, si potrebbero evitare i pranzi con un numero alto di commensali all’interno delle case favorendo gli incontri in luoghi che adottano regole ferree.

Il coprifuoco rimane alle 22 e durerà per tutto il tempo delle festività. La scelta del governo è volta a evitare che si creino assembramenti ed evitare spostamenti dopo le 22 la sera di Natale e Capodanno.

Le funzioni religiose dovranno terminare entro un orario che permetta il rientro a casa dei fedeli prima del coprifuoco. Rimane l’ipotesi di fornire un’indicazione riguardo alla Messa di Natale, che potrebbe essere celebrata in anticipo, alle ore 20.

Chiusi gli impianti e piste da sci per evitare soggiorni oltre confine

Caduta l’ipotesi di poter raggiungere un accordo in sede europea, l’Italia ha deciso, di fermare le vacanze in montagna. Il governo aveva deciso di chiudere anche gli alberghi di montagna, ma la discussione è ancora aperta dopo le perplessità espresse dal premier Conte.

Inoltre, per scoraggiare i soggiorni all’estero, in Paesi che adottano misure anti Covid-19 meno stringenti – Svizzera e Slovenia – è stato stabilito che, per chi ritorna dall’estero dopo il 20 dicembre, ci sarà l’obbligo di effettuare la quarantena. Per coloro i quali tornano prima di tale data sarà sufficiente sottoporsi solo al tampone.

Appare fondamentale la gestione del periodo delle festività per evitare l’avvento di una terza ondata di contagi e le conseguenze che ne deriverebbero. Per ora vi è un andamento che vede un miglioramento, seppur minimo, della curva dei contagi, a tutti i costi da preservare, anche se, purtroppo, il numero dei decessi continua ad essere drammaticamente alto.

Maria Cotugno

 

Comunità di Sant’Egidio: “Se non tu, chi?”. L’appello dei volontari.

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di due collaboratrici di UniversoMe, volontarie della Comunità di Sant’Egidio e studentesse della facoltà di Filosofia dell’Università di Messina.

Sporchi, ubriaconi, pericolosi, violenti, reietti, fastidiosi mendicanti, untori. Non è così, d’altronde, che si definiscono coloro che vivono per strada? Coloro che ogni notte vivono in una casa fatta di coperte e cartoni, in una casa così fatiscente da non poter dare né riparo né calore, custodendo in quel loro unico bagaglio un pezzo della propria storia identitaria, un frammento del loro essere umani. Realtà come queste a Messina ne esistono tante, anche più di quanto si possa pensare. E no, non le troverete solo nelle zone periferiche, come da immaginario collettivo, ma soprattutto nel pieno centro cittadino: propriamente ai margini delle strade, negli anfratti più bui e riparati, tra i grandi palazzi del regno della movida.

Giovanni era uno di loro, un inutile barbone, uno scarto, un signor nessuno come, fuor da ogni moralismo, verrebbe socialmente percepito. Non è in fondo così che chiameremmo un uomo totalmente improduttivo, un ingombrante peso per una società capitalista e performante come la nostra? È certamente vero, da una prospettiva esclusivamente materialista ed efficientista ogni vita umana vale ed è ciò che produce. Eppure, se non si vuole appiattire l’esistenza alla mera effettualità, bisogna credere che esista un diverso modo di considerare antropologicamente la vita, un senso che mi fa comprendere che la vita umana ha un suo valore costitutivo, che non può e non deve identificarsi con il ruolo che socialmente si investe. È così che noi vogliamo invitarvi a guardare alla vita dei tanti poveri, dei tanti Giovanni, dei tanti ultimi che forse troppe volte abbiamo incontrato per strada senza mai realmente vedere. La strada mi fa capacitare del fatto che nell’essere autenticamente uomini si dà l’incontro con l’altro, altro a cui devo dare un volto, un nome, una storia familiare, un’origine, un senso. Fare questo, approssimarsi con amorevole delicatezza all’altro, mi permette di incontrare donne e uomini come Giovanni, che nella miseria e nel dolore più inimmaginabili mi insegnano ad essere grato, di quella gratitudine pura di cui, nella quotidianità reiterata, raramente si fa esperienza.

Servizio per i senzatetto

Giovanni è stato ucciso con undici coltellate per poi essere bruciato. Lo scopo? Rubargli 650 euro di pensione. La sua vita: inesistente. La sua morte: inesistente. Eppure, noi giovani della Comunità di Sant’Egidio di Messina quello sguardo, quel sorriso, come quelli di ciascun senzatetto, non lo dimentichiamo. Come si può dimenticare l’esistenza di chi ti ha donato la straordinaria possibilità di credere nel bene? È quest’unico senso a muoverci, a spingerci ogni venerdì a preparare un pasto e una bevanda calda da portare, insieme con coperte, vestiti, parole amiche e sorrisi a chi non ha la fortuna di fare ritorno ogni sera al proprio posto sicuro. Esporsi a queste realtà, toccando con mano la sofferenza dell’altro che, seppur apparentemente non mi riguarda, in realtà mi chiama direttamente in causa, è tutt’altro che semplice. Si tratta di un dolore che mi sconvolge, che mi investe con tutta la sua irruenza e verità, ma che al contempo mi spinge a rispondere con l’azione, a non restare annichilito, a non essere indifferente. In molti casi, infatti, ciò che viene richiesto è un aiuto concreto, un supporto per coloro che hanno difficoltà, anche “banalmente”, seppur così banale non è, a mettere un piatto in tavola. Noi, come la maggior parte di voi che state leggendo queste parole, non abbiamo esperito cosa significhi sprofondare nella miseria, nella disperazione e tutto questo perché noi non abbiamo scelto, così come loro, dove venire al mondo, di chi essere figli, a quale ceto sociale appartenere. Vi sarete chiesti, almeno una volta nella vita, il perché. Perché? Per un insulso gioco della sorte, del caso: noi siamo nati dalla parte fortunata del mondo. E allora, cosa fare? Godere beatamente di questa agiatezza non scelta senza mai chiedersi: “perché proprio a me e non a loro?”. Questa domanda noi volontari ce la siamo posta e ce la poniamo, ce la poniamo ogniqualvolta doniamo il nostro tempo al servizio dell’altro, ogniqualvolta proviamo rabbia, frustrazione e un senso di impotenza dinnanzi a tutto questo male senza senso. Farsi inghiottire da un pessimismo sempre più imperante e arrestarsi in un gelido nichilismo non è per noi la soluzione. Forse saremo degli illusi, dei sognatori, ma ci piace pensare che il bene sia diffusivo, che ogni singola azione umana sia una goccia essenziale nel grande oceano del bene.

Preparazione dei pacchi spesa

Grazie all’aiuto di tanti, noi volontari della Comunità di Sant’Egidio di Messina ci impegniamo ad agire attivamente sul territorio, affinché si possa creare insieme una catena umanitaria. Le nostre attività coinvolgono tutte le fasce sociali, dal più grande al più piccolo, dai senzatetto alle famiglia in difficoltà, affinché nessuno sia mai lasciato solo. La scuola della pace, che a Messina si trova presso la sede della Comunità di Sant’Egidio a Camaro, è una realtà familiare che accompagna il bambino nel suo percorso scolastico e umano. È una scuola solidale, aperta agli altri, fondata sull’integrazione e sul dialogo, con l’intento di promuovere l’inclusione nelle differenze. Nessuno infatti deve essere isolato, nemmeno gli anziani, che vengono spesso abbandonati in istituti o lasciati da soli nelle proprie case. Per questa ragione la Comunità di Sant’Egidio dona loro una presenza amica, attenta ai bisogni e alle necessità di ciascuno. Soprattutto in questo difficile momento storico, in cui il rischio dell’isolamento è sempre più prossimo, il nostro obiettivo è quello di continuare ad esserci anche attraverso mezzi alternativi. I volontari della Scuola della pace, ad esempio, aiutano i bambini nello svolgimento dei compiti scolastici mediante le videochiamate. E ancora, si intrattengono contatti con gli amici anziani attraverso chiamate telefoniche, interessandosi al loro stato attuale e cercando di comprendere di cosa possano avere bisogno. La pandemia ha inoltre piegato economicamente molte famiglie, che si sono rivolte alla Comunità di Sant’Egidio per ricevere un pacco spesa mensile.  Di fronte a queste difficoltà noi volontari stiamo cercando, in questi mesi, di accogliere e soddisfare tutte le richieste, per quanto sempre più numerose.

Raccolta fondi per il Natale

Quest’anno, come tutti, anche la comunità di Sant’Egidio non potrà festeggiare il Natale come era solita fare, organizzando il grande pranzo con tutti i suoi amici. Eppure, nonostante la situazione totalmente inusuale, noi non vogliamo rinunciare a far sentire la nostra presenza anche se con modalità nuove. Cercheremo, difatti, di raggiungere tutti attraverso la distribuzione itinerante del pranzo e di un regalo, un piccolo dono destinato non soltanto ai bambini, ma a tutti. Certamente comprenderete quanto sia complesso riuscire in quest’impresa, sia economicamente sia logisticamente. Per questo motivo, certi di ottenere un buon riscontro, vogliamo invitarvi a partecipare attivamente a questo grande progetto. Ognuno, secondo le sue possibilità, potrà aiutare contribuendo alla raccolta fondi organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio Sicilia, al fine di coprire l’intero territorio regionale. Inoltre, saremmo grati se qualcuno volesse donarci beni di prima necessità, quali prodotti alimentari e coperte, molto richieste durante i freddi mesi invernali. È poi certamente ben accolto chiunque voglia direttamente partecipare a queste attività, offrendo il suo tempo, la sua presenza, il suo affetto.

Se siete ancora alla ricerca del motivo che vi spinga a fare attivamente, ad esserci, a donare il vostro tempo e le vostre energie, provate, anche soltanto per un istante, a chiedervi: “se non io, chi?”

Il Natale in tempo di pandemia di Sant’Egidio in Sicilia

Cristina Alessi

Giusy Mantarro