M5S contro gli inceneritori

Oggi il premier Conte insieme a sette ministri, sarà presente a Caserta per la risoluzione del problema dei roghi tossici di rifiuti.

Si parla di ‘superamento’ quindi chiusura di tutti i termovalorizzatori, non solamente in Campania, ma in tutta Italia.

Scontro con Salvini che sembra aver cambiato idea sull’argomento.

L’obiettivo del leader della lega era infatti quello di costruire nuovi impianti, uno in ogni provincia campana.

“Ormai c’è un sistema di termovalorizzatori sicuri. La morte e la malattia – insiste il leader leghista – derivano da una mancata gestione e valorizzazione dei rifiuti.”

Il vicepremier Di Maio definisce gli inceneritori ‘vintage’ e difende il suo territorio dal diventare la prima tappa dello sfondamento a sud della Lega ed è pronto alla lotta a favore della chiusura dei termovalorizzatori in tutta la penisola.

“Sono sicuro che con Luigi Di Maio troveremo un’intesa per il bene del Paese. Sono fiducioso e ottimista” , dice il ministro dell’Interno.

L’altro vicepremier, risponde : «Il governo si impegna in prima persona per la Terra dei fuochi. C’è ancora molto da fare. Voglio che la mia terra torni alla normalità, che i roghi si spengano per sempre.”

Benedetta Sisinni

Toy Story 4: addio alla voce di Fabrizio Frizzi

Ventiquattro anni fa usciva nelle sale cinematografiche per la prima volta “Toy Story”, coronando l’esordio della Pixar, in quanto rivoluzionò i film d’animazione con un’innovativa computer grafica: rieccoci, Toy Story ritorna nelle sale con un nuovo capitolo, il quarto per l’esattezza, che vedrà nuovamente in scena lo sceriffo Woody, l’astronauta Buzz Lightyear & Co. La Disney-Pixar ha infatti annunciato nell’aprile di quest’anno l’uscita di “Toy Story 4” a giugno 2019, mentre pochi giorni fa ha diffuso il primo, brevissimo, trailer ufficiale facendo affiorare alcuni dettagli. Difatti nemmeno in questo film mancheranno dei personaggi nuovi, come Forky ad esempio, che come si vede nel video del trailer, è una forchetta di plastica finita tra i giocattoli. Il film statunitense, con la regia di Josh Cooley, ha già confermato le voci che hanno interpretato i personaggi principali dal primo film ad oggi, ovvero: Tom Hanks per Woody, Annie Potts per Bo Peep e Tim Allen per Buzz Lightyear.

Ma la vera domanda che nasce da questa notizia è: chi sarà il doppiatore italiano di Woody al posto di Fabrizio Frizzi?

Come forse già saprete, Fabrizio Frizzi, conduttore televisivo e doppiatore italiano, è deceduto a Roma il 26 Marzo 2018, in seguito a un’emorragia cerebrale arrivata dopo un’ischemia.  Frizzi si avvicinò per la prima volta al mondo del cinema come doppiatore, prestando la propria voce al protagonista Woody.  Esattamente ha doppiato Woody in tutti e tre i film della saga, dal primo del 1995 (arrivato in Italia un anno dopo) all’ultimo nel 2010.

Adesso molti dei fan del film si domandano chi darà la voce a Woody? Ancora questo non è stato chiarito, ma di sicuro possiamo inserire Frizzi nel doppiaggio storico italiano.

                  

                                                                                                                                                                               Andrea  Sangrigoli

Il ciclone della mobilità urbana durante le feste

Dopo i botta e risposta delle ultime settimane, riguardanti la gestione delle vie cittadine durante il periodo delle festività natalizie, sembra quasi raggiunto un accordo tra le forze politiche di Messina, che prevede la realizzazione di spazi pedonali, ma solo in seguito ad una rigida pianificazione che consenta cura e controllo.

Già nei giorni scorsi il consiglio comunale aveva espresso attraverso una nota le motivazioni della mancata chiusura al traffico della Via dei Mille, centralissima strada dello shopping messinese, ormai da anni riservata al solo passeggio durante il mese di dicembre. Nella nota si fa presente come non possa essere arbitraria la chiusura delle strade al traffico, bensì sia necessario un attento piano di mobilità che tenga presente anche e soprattutto la viabilità, che a detta del consiglio comunale verrebbe notevolmente inficiata con la chiusura della storica via, e ciò sarebbe passabile anche di sanzioni. L’amministrazione aggiunge che vi sarebbe una ricaduta anche economica, poiché non si potrebbero utilizzare gli stalli di sosta che producono un introito. Non sono mancate le polemiche in merito alla decisione del consiglio, a partire dall’ex vicesindaco Cacciola, che imputa all’attuale sindaco Cateno De Luca di star provvedendo al dissesto della città, attraverso una serie di provvedimenti inadeguati che vanno dalla mancata funzionalità dei trasporti pubblici, all’impatto ambientale che produrrebbe l’affollamento delle auto nelle vie del centro durante il periodo natalizio. Cacciola afferma che Messina sta passando da città metropolitana, valutata positivamente durante la scorsa amministrazione per viabilità e sostenibilità, a paesone di provincia, totalmente disorganizzato sotto tutti i punti di vista, aggiungendo a ciò anche la ricaduta economica a suo dire negativa che avrebbero i negozianti del centro.

Ieri l’amministrazione comunale ha convocato un tavolo per discutere e accogliere le proposte fatte negli ultimi giorni, tentando di mediare tra ex rappresentanti comunali e cittadini stessi. Al di là della questione “isola pedonale” rimane confermata la volontà da parte della giunta di organizzare eventi nelle piazze più importanti della città, che comprenda anche “un valido progetto di arredo urbano” avvisa Melita e continua satiricamente “non iniziative improvvisate come l’installazione di panchine avvenuta pochi mesi fa durante l’amministrazione Accorinti nella zona del Duomo”.

Da valutare la reale ricaduta economica negativa sui commercianti del centro cittadino in mancanza della realizzazione dell’isola pedonale, messa a confronto anche, d’altra parte con la possibilità che i cittadini provenienti da altre zone della città, stremati dal traffico intasato in seguito alla chiusura delle strade, decidano di rivolgersi per gli acquisti natalizi a centri commerciali e province limitrofe.

Paola Puleio

Spazzatura e Degrado in città: è ancora emergenza a Messina

Messina invasa da tonnellate e tonnellate di rifiuti. L’emergenza è determinata dalla mancata manutenzione dei mezzi, sono fermi 14 autocompattatori su 16 per guasti anche di modesta entità, che l’officina interna non arriva a riparare, e i cittadini non ne possono più.

La società MessinaServizi cerca di rimediare noleggiando mezzi da ditte esterne, ma con i rifiuti lasciati a marcire sotto il sole si è in piano allarme igienico sanitario.

In tantissime zone della città i vigili del fuoco sono dovuti intervenire per spegnere gli incendi appiccati nella notte ai cassonetti e alle montagne di sacchetti di spazzatura in strada.

“Siamo punto e a capo. Città sporca, piena di immondizia, zanzare tigre e non, topi e ratti di ogni dimensione, cinghiali che pascolano come pecorelle smarrite-“ è il commento dell’ex consigliere della V Circoscrizione Marcello Cannistraci.

Sull’emergenza rifiuti il sindaco De Luca interviene sui social scrivendo: “NON GUARDO IN FACCIA NESSUNO QUANDO SI TRATTA DELL’ESERCIZIO DI PUBBLICHE FUNZIONI ASSEGNATE IN BASE AD UNA LEGITTIMA VALUTAZIONE FIDUCIARIA DEL SINDACO. GLI EVENTUALI ERRORI DEL CDA O DELL’ASSESSORE ALL’ AMBIENTE SI PAGANO CON LA RIMOZIONE MENTRE QUELLE DEL DIRETTORE GENERALE E DEL DIRIGENTE AMBIENTE SI PAGANO AVVIANDO L’AZIONE DI REVOCA E RICHIESTA RISARCITORIA. ORA HO DECISO DI OCCUPARMENE PERSONALMENTE E DI CONCEDERE UNA SECONDA POSSIBILITÀ A TUTTI CON SCADENZA 30 NOVEMBRE”

Un deciso ultimatum al direttore generale Aldo Iacomelli, ma anche ai “suoi” uomini, dal consiglio d’amministrazione.

La società cerca di rimediare noleggiando mezzi da ditte Esterne, ma con i rifiuti lasciati a marcire sotto il sole si è in piano allarme igienico sanitario.

Rachele Fedele

Attentato sfumato a giornalista Report Federico Ruffo

Inchiesta 'ndrangheta, Juventus e tifosi: benzina a casa del giornalista di Report

Una croce con vernice rossa sul muro accanto alla porta di casa e liquido infiammabile in più punti sul pianerottolo dell’appartamento. Avvertimento al giornalista Rai Federico Ruffo, autore di una recente inchiesta per la trasmissione Report su presunti rapporti tra alcuni dirigenti della Juventus, ultrà e ‘ndrangheta. “Se non ci fosse stato il cane avrebbero dato fuoco a casa. Mi ha salvato”. A raccontarlo il giornalista Federico Ruffo. “Ero tornato tardissimo – ricorda in un video pubblicato sulla pagina Facebook della trasmissione Report -. Passo gran parte della settimana a Torino, dovevano sapere che ero a casa. Stavo dormendo quando ho sentito un rumore da fuori, era la ciotola del cane. Il mio cane ha iniziato ad abbaiare tantissimo. Sono uscito a piedi nudi e sono scivolato su un lago di benzina. Sono caduto a terra riempendomi di benzina sulla schiena e le gambe. Poi sono uscito in giardino, sono arrivato al cancello per vedere se stessero scappando ed era pieno di benzina”. Il giornalista ipotizza che i responsabili abbiano scavalcato il muro del giardino per entrare. Quando è rientrato a casa per chiamare i carabinieri ha visto la croce sul muro accanto alla porta.

Non sono mancati i messaggi di solidarietà da parte del presidente Rai Marcello Foa e dal sindaco di Roma Virginia Raggi, che attraverso il suo profilo Twitter scrive “E’ Gravissimo. Solidarietà a lui e la sua famiglia. Grazie a chi racconta la verità con coraggio”. Lo stesso leader pentastellato Luigi Di Maio, esprime la propria vicinanza attraverso i social;  mentre la Procura di Roma ha aperto un’indagine sul caso. Ruffo ha formalizzato la denuncia ai carabinieri di Ostia.
È indispensabile mantenere alta l’attenzione attorno al problema della sicurezza di giornalisti e giornaliste che, lottando in prima linea per l’informazione, sono vittime di un clima di crescente violenza e insofferenza. Attorno a questi colleghi e a eventi così gravi è necessario che la categoria intera faccia quadrato.

 

Santoro Mangeruca

L’infanzia e il pericolo web dei social

I tempi cambiano, si evolvono in fretta, modellano e plasmano le abitudini culturali, educative e di consumo che caratterizzano il nostro vissuto quotidiano.

Dunque le piattaforme social ( Instagram, Facebook), divengono lo specchio della realtà; gli account sono intasati di post e foto che documentano, come fossero la video-gallery della nostra vita, la quotidianità.

Dal primo respiro alla prima pappa, dal primo bagnetto alla prima volta sulla bicicletta, passando per il video che immortala i primi piccoli passi.

Protagonisti assoluti del teatro dei social media nonni orgogliosi, zii invasati ed infine mamme e papà, in cerca di tanti likes, di una soddisfazione apparente del proprio ego e di vanitosi compiacimenti.

Nasce da qui quindi l’allarme social contenuto nel report del Children Commissioner inglese:” In media all’età di 13 anni i genitori ed i parenti hanno già postato sul web circa 1300 tra foto e video dei propri figli su Facebook o Instagram – scrive Anne Longfield nel rapporto, dove continua – la quantità delle informazioni inserite aumenta esponenzialmente quando gli stessi bambini iniziano ad interagire con queste piattaforme”.

L’analisi presente in questo report in effetti evidenzia che in media un ragazzo interagisce circa 26 volte al giorno sui web-media, raggiungendo intorno ai 18 anni circa 70.000 interconnessioni.

Aggiunge Anne Longfield:” Dobbiamo fermarci prima di condividere dati personali, e pensare cosa significhi per i bambini oggi e come possa avere un impatto nelle loro vite da adulti”.

Spesso i genitori, che dovrebbero avere un approccio molto più cauto con l’imprevedibile mondo del web e, che dovrebbero educare i propri figli ad un atteggiamento moderato on-line, sono in realtà i primi a postare foto, video e materiale sensibile come localizzazione ed informazioni private.

E’ pertanto assolutamente fondamentale essere padroni dei meccanismi di funzionamento dei social e limitarne l’utilizzo in termini di tempo.

Cambiare spesso la password, aggiornare i programmi di sicurezza, leggere termini e condizioni delle App che si utilizzano, evitare di inserire sul web informazioni sensibili; questi i consigli della Longfield per un corretto uso del mondo social.

Pertanto parrebbe,ancora una volta, che buon senso, intelligenza e moderazione siano la chiave per una convivenza serena tra vita reale e vita social.

Antonio Mulone

La nuit oubliée, il massacro di Parigi, che nessuno ricorda o ha mai conosciuto

L’11 Ottobre scorso, nella capitale francese, si è festeggiato il centesimo anniversario dell’armistizio della Prima guerra mondiale dove, per l’occasione, sono accorsi i più grandi Leader mondiali, dalla Merkel a Trump. Ma se questo è un avvenimento per cui andare fieri, da ricordare a gran voce, e per i quali vale la pena scomodare Leader e Stampa mondiali, ve ne sono altri, altrettanto importanti – se pur non altrettanto lodevoli – che hanno segnato in qualche modo la storia del mondo, che però si cerca in tutti modi di nascondere, insabbiare, dimenticare. Archiviare negli anfratti più remoti della nostra memoria storica. Questo è proprio il caso di quella che, per l’appunto, viene chiamata “ La nuit oubliéè“.
Siamo, a Parigi nella notte del 17 ottobre 1961, in pieno periodo coloniale post bellico e pochi – anche francesi – sanno cosa sia successo quella notte. Si tratta del massacro di centinaia di Algerini che volevano manifestare pacificamente per il centro di Parigi chiedendo l’indipendenza del loro Paese. Nel pieno della Guerra d’indipendenza algerina (1954 – 1962) la repressione della Francia colonialista fu durissima: rastrellamento e violenza su 15.000 persone, in 300 furono buttati dai flics nella Senna, molti di loro scomparvero “nel nulla”. Dopodiché, il silenzio, l’oblio.
Si tratta della più grande mattanza consumatasi in Francia dal 1945 in poi. La ricostruzione di quell’avvenimento non è mai stata semplice, un’alone di silenzio sembra avvolgere l’accaduto. Una delle poche ricostruzioni storiche è possibile trovarla nel libro “La Battaile de Paris” di Jean Luc Einaudi, che si trova solo in lingua originale.
Una breve ricostruzione del contesto storico: in Francia nel ’61 la crisi della guerra d’Algeria, il conflitto che oppose tra il 1º novembre 1954 e il 19 marzo 1962 l’esercito francese e gli indipendentisti algerini guidati dal Fronte di Liberazione Nazionale (FLN, Front de Libération Nationale), scuoteva il governo di De Gaulle, nello stesso periodo avvenivano massacri e torture sistematici in Algeria mentre si avviavano i primi contatti per la negoziazione tra la Francia e FLN dell’indipendenza algerina. A Parigi ci furono diversi attentati contro poliziotti che organizzavano rafles (termine per indicare brutali retate) contro i nordafricani, maltrattati e che subivano un pesante razzismo. Nello stesso tempo si è attivata un’organizzazione di estrema destra armata, l‘OAS (Organisation Armée Sècrete) apertamente ostile ad ogni forma di negoziato sull’Algeria, che è arrivata a fare un attentato a De Gaulle, un tentato colpo di stato e diversi omicidi. Questa formazione nazionalista, apertamente razzista, poteva contare sull’appoggio delle forze armate e delle forze di polizia. In questo estremo stato di tensione, alcuni Flics, compiono dei sequestri e delle uccisioni di algerini, facendo aumentare drasticamente il numero di algerini scomparsi o ritrovati nella Senna. In questa situazione già tragica, il prefetto di Parigi, Maurice Papon, ordinò, il 5 ottobre, il coprifuoco per tutti gli algerini, compiendo l’ennesimo gesto di estremo razzismo. A questo punto l’ Fln lanciò una manifestazione di tutti gli Algerini ( chi non andava era considerato un disertore), nel centro di Parigi, contro il coprifuoco. Una manifestazione pacifica, a dimostrazione della tenacia della lotta per l’indipendenza e contro il colonialismo francese ma, per il governo Francese la manifestazione era un atto di guerra di un gruppo terroristico sul suolo della capitale della Francia metropolitana. Il Prefetto Papon quella sera ricevette carta bianca per decidere come reprimere quella manifestazione. Quella sera oltre 15.000 Algerini vennero arrestati in rastrellamenti su tutta Parigi e portati in centri di detenzione che diventano macellerie. La polizia aprì il fuoco su manifestanti disarmati e spaccò teste con i suoi manici di piccone lunghi oltre 1 metro. I morti che si contavano erano già tantissimi, e sotto le finestre della Prefettura, decine di Algerini ormai morti, o moribondi, vennero gettati nella Senna dal Ponte Saint Michel, i rimanenti furono portati nella corte della Prefettura e picchiati più volte, poi arrivarono le espulsioni di massa in Algeria.
La polizia comunicò alla stampa di essere stata attaccata da persone armate e che si era quindi difesa causando 2 morti (poi diventati 3) e diversi feriti. La stampa salvo rarissime eccezzioni (la rivista di Sartre e Testimonianza Cristiana) ci credette, su quella giornata cadde il silenzio e l’oblio.
Sebbene oggi sia stata apposta una piccola targa sul ponte S. Michel, il silenzio sembra durare ancora. La cifra di morti ufficiale è ancora quella di 3 (gli storici realisti la collocano tra 200 e 300), nessuno è stato condannato per i fatti.

 

Giusi Villa

Uniti contro la violenza presso l’Ex Pescheria a Barcellona PG

Ieri, domenica 11 novembre, presso l’Ex Pescheria di Barcellona Pozzo di Gotto, si è svolto il sit-in “Il silenzio è mafia” organizzato dall’associazione Arci Cohiba.

Si è voluta esprimere la solidarietà nei confronti dell’avvenuta aggressione di venerdì scorso nei confronti di dipendenti e titolare del noto locale Perditempo café.

Il giorno dopo il titolare ha deciso di sospendere l’attività annunciandolo pubblicamente sui social. Il giorno successivo la decisione è stata seguita anche dagli altri locali dell’ex pescheria. Questa protesta è stata un’occasione per mettere in luce quanto accaduto. E quanto accade spesso nella zona nel silenzio più totale. 

Il Perditempo café non è solo un locale notturno, ma anche un luogo di ritrovo per tantissimi giovani di tutte le età, un luogo promotore di cultura, arte e musica, che ospita tanti artisti e musicisti internazionali.
Luogo importante per la città di Barcellona Pozzo di Gotto, che ha attraversato periodi bui, in cui esisteva il coprifuoco dopo una certa ora. Oggi, grazie a questo ed altri locali, la città del Longano è rinata.

L’evento di domenica è stato un momento che avuto numerose partecipazioni, in cui si è riunita una comunità contro ogni violenza e sopruso.

Presenti diversi artisti e associazioni tra cui Il Circolo delle Lucertole, Viviana Isgrò, e musicisti quali Sara D’Amico, Giuseppe De Pasquale, Luciano Accetta, Ennio Corica, Dario Fichera, Davide Puglisi, Anime Salve e Toti Poeta.

A fine serata il titolare Pietro Carbone ha deciso di aprire le serrande e riattivare l’attività del locale che si è rianimata davanti all’emozione di tutti.

 

Marina Fulco

Decreto Sicurezza: arriva il sì del senato

Dl sicurezza, l’ufficio Bilancio del Senato: «Mancano le coperture». Il Viminale: «Solo normali rilievi»

Via libera del Senato al decreto Sicurezza con 163 Sì, 59 no e 19 astenuti. I presenti sono stati 288, i votanti 241. Il decreto, che è stato approvato con il voto di fiducia, ora passa al vaglio della Camera. Cinque i dissidenti tra i pentastellati che hanno disertato l’Aula: trattasi di Gregorio De Falco, Paola Nugnes, Elena Fattori, Matteo Mantero e Virginia La Mura. I senatori di Forza Italia, che apprezza il contenuto del provvedimento, sono rimasti in aula senza votare. Mentre Fratelli d’Italia, che pure tifa per la misura sull’ immigrazione, ha scelto l’astensione, che, con il nuovo regolamento del Senato, non equivale più a un voto contrario. Hanno votato contro invece il Partito Democratico, Liberi e Uguali e le Autonomie.

 

 

Tuona così  su Twitter il ministro degli interni Matteo Salvini.

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi, in una conferenza stampa, si rivolge a quelli che definisce “sciacalli“: “Si rassegnino – dice – questo governo andrà avanti a lavorare per 5 anni“.
Il decreto in questione si compone di quaranta articoli, con misure che vanno dall’abrogazione dell’istituto del permesso di soggiorno per motivi umanitari, al restringimento dell’azione degli Spar, dai trattenimenti più lunghi nei Cpr, Centri di permanenza per i rimpatri, a norme più severe per la concessione della cittadinanza. Fino all’estensione del taser (la pistola ad impulsi elettrici), dei Daspo nelle città e norme sulla lotta alle mafie.

Oltretutto vi sono novità sulla videosorveglianza, gli sgomberi degli immobili occupati abusivamente, il Fondo per la sicurezza urbana e l’utilizzo dei droni. Tuttavia il fulcro rimane sui richiedenti asilo: per quelli che compiono gravi reati è prevista la sospensione dell’esame della domanda di protezione ed è possibile l’obbligo di lasciare il territorio nazionale. In caso di condanna in primo grado è contemplato che il questore ne dia tempestiva comunicazione alla Commissione territoriale competente. Inoltre il decreto riserva esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati, i progetti di integrazione ed inclusione sociale previsti dallo Sprar (Sistema protezione e richiedenti asilo e rifugiati). Vengono stanziati quasi 360 milioni fino al 2025, per Polizia e Vigili del Fuoco per l’acquisto e potenziamento dei sistemi informativi per il contrasto del terrorismo internazionale.
Di questi 360 milioni, 267 sono per la pubblica sicurezza e 92 per i pompieri. Inoltre i Comuni con più di 100 mila abitanti potranno dotare 2 poliziotti municipali di taser in via sperimentale per un periodo di sei mesi. Quest’ultimi, se addetti ai servizi di polizia stradale e in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, possono accedere al Centro elaborazione dati (Ced) delle forze di polizia.

Per di più vengono ampliate le zone dove può scattare il Daspo urbano, includendo quelle di particolare interesse turistico e le aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati pubblici e spettacoli. Previsto anche il Daspo per coloro che sono indiziati per reati di terrorismo. Inoltre i blocchi stradali tornano ad essere sanzionati penalmente e non più in via amministrativa. E ancora, l’utilizzo del braccialetto elettronico sarà possibile anche nei confronti degli imputati dei reati di maltrattamento in famiglia e stalking. Infine il potenziamento dell’Agenzia per i beni confiscati, i quali saranno dati in affitto “sociale” alle famiglie in condizioni di disagio.

 

Santoro Mangeruca

Alberto Angela alla scoperta dell’olio più antico del mondo

 

Il suo programma “Stanotte a Pompei” sabato sera su rai 1 ha fatto il boom di ascolti e l’hashtag è arrivato alle prime posizioni in classifica sui social.

Cinque settimane di notti al freddo passate a registrare le varie scene del programma; come ha spiegato lo stesso Angela la notte era il momento ideale per filmare sale vuote e reperti, grazie all’assenza di visitatori.

Proprio durante quelle notti di riprese il divulgatore potrebbe aver fatto un’altra grande scoperta: in una cassetta antica ritrovata nei grandi depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli è stata rinvenuta una bottiglietta che al suo interno conteneva un olio ormai solidificato. Secondo le prime ricerche potrebbe trattarsi dell’olio più antico mai ritrovato, almeno in Italia.

Avevamo appena finito un bellissimo affresco e mi sono fermato per fare una foto con il cellulare quando ho notato una cassetta antica.

 

Queste le parole di Alberto Angela durate la conferenza stampa.

 

Ovviamente la bottiglietta ed il suo contenuto saranno oggetto di esami specifici e approfonditi per chiarire se,

come effettivamente si pensa, si tratti davvero del più antico olio mai ritrovato; e se fosse davvero così siamo di fronte ad un’ importante scoperta , non solo per il nostro storico ma per tutto il nostro paese.

 

 

Benedetta Sisinni