Intervista al fumettista Lelio Bonaccorso: quando il disegno diventa attivismo

Lelio Bonaccorso è un fumettista e illustratore di Messina, classe 1982. La passione per il disegno e – più nello specifico – per il fumetto nasce in lui sin dall’infanzia. Così, dopo aver conseguito il diploma presso l’istituto d’arte Ernesto Basile di Messina, si sposta nel 2004 a Palermo, dove frequenta la Scuola del Fumetto, tappa obbligatoria per la sua crescita e formazione. Lelio è un siciliano DOC, sentimentalmente legato alla sua terra: non perde occasione per descriverne le bellezze anche nelle sue opere, allo stesso tempo cosciente e attento alle molte contraddizioni che la Sicilia porta con sé. Non a caso una delle sue prime opere, dal titolo ‘’ Peppino Impastato. Un giullare contro la mafia’’, racconta la storia dell’attivista di Cinisi ucciso dalla mafia per ordine del Boss Tano Badalamenti, il 9 maggio del 1978. La volontà di conoscere e di raccontare lo spingono nel 2017 a bordo della nave Aquarius, impiegata dalla ONG SOS Méditerranée nel soccorso ai migranti che tentano di attraversare il canale di Sicilia. Da questa esperienza nasce Salvezza, opera pubblicata da Feltrinelli nel 2018, che ha suscitato l’interesse anche di molti quotidiani nazionali. Ho avuto il piacere di scambiare con Lelio un’interessante chiacchierata: ecco tutti gli spunti e le curiosità che mi ha raccontato.

Fonte: profilo Facebook di Lelio Bonaccorso

 

Pur vivendo nella stessa città siamo costretti a vederci l’uno nello schermo dell’altro . Battute a parte, è banale ma altrettanto necessario iniziare chiedendoti come l’emergenza Covid19 abbia influenzato il tuo 2020 dal punto di vista professionale.

A livello strettamente professionale e tecnico per me è cambiato poco, diciamo che noi siamo sempre in smart working. Naturalmente il lockdown di marzo ha rallentato tanti progetti, la chiusura delle librerie ha portato gravi perdite anche per le case editrici e tutto il settore in generale ne ha risentito… un bel guaio.

Facciamo un salto nel passato: quando nasce la passione per il disegno? Quando hai deciso che sarebbe stata la tua strada?

La passione per il disegno nasce nell’infanzia, dai primi scarabocchi. Contestualmente ho sempre avuto l’esigenza di raccontare qualcosa, esigenza che si è costantemente manifestata durante il corso della mia carriera e formazione. Ho sempre voluto fare questo nella vita, non avevo un piano B. Inizialmente mi sono iscritto al liceo artistico; a quei tempi però il fumettista quasi non veniva considerato un lavoro. A Messina non c’era una scuola adatta al tipo di formazione che cercavo. Per questo sono stato costretto a spostarmi a Palermo per frequentare La Scuola Del Fumetto: da lì le prime collaborazioni ed esperienze fino ad oggi. Ho qui in mano la mia copia dell’ultimo numero di “Dylan Dog Color Fest”, in una delle 3 storie di questo numero ci sono i miei disegni e la storia è scritta dal mio collega ed amico Marco Rizzo, con il quale ho scritto i fumetti più importanti della mia carriera. Devo ammettere che leggere il mio nome nei credits di uno dei miei fumetti preferiti mi ha emozionato.

Fonte: profilo Facebook di Lelio Bonaccorso

Molti dei tuoi lavori raccontano argomenti di rilevanza collettiva e di attualità. Penso al fumetto su Peppino impastato, a quello sulla storia del ciclista Marco Pantani, a Salvezza, il più famoso, che riguarda il fenomeno dell’immigrazione dall’Africa verso l’Europa. Come se in te coesistessero 2 anime: quella da fumettista ed illustratore e quella da giornalista. Mi sbaglio?

No, non ti sbagli. Il fumetto per me è stato un mezzo per sfogare l’esigenza di conoscere prima e raccontare poi che ho sempre avuto. Questo mi ha permesso di vivere esperienze fortissime anche dal punto di vista umano: conoscere i familiari e gli amici di Peppino impastato e sentirli raccontare la sua storia mi ha lasciato il segno. Ultimamente si parla sempre meno di mafia, come se con la fine della fase stragista fosse stata sconfitta e sappiamo bene che non è così… ha solo cambiato forma.

 

Illustrazione di Peppino Impastato – Fonte: profilo Facebook di Lelio Bonaccorso

Nel 2017 con Marco Rizzo sali sulla Aquarius, nave impiegata da una ONG per la ricerca e il soccorso in mare nelle acque internazionali tra Libia, Italia e Malta: da questa esperienza nascerà il fumetto “Salvezza”. Ci racconti qualcosa a riguardo?

Credo che per raccontare una storia sia importante viverla in prima persona. Da questo nasce la volontà di salire a bordo dell’Aquarius, usare gli occhi come telecamere provando ad immagazzinare quante più scene possibile. Essere lì mi ha permesso di cogliere delle sfaccettature che noti solo provando sulla tua pelle determinate sensazioni. Ho ricordi incredibili di quei momenti, nel bene e nel male, gli occhi di queste persone spaventate ma felici di essere scampate dalla morte, la disperazione di chi ha appena perso un caro in mare ma anche la speranza di trovare un posto migliore una volta arrivati a terra. Magari le loro aspettative sono superiori spesso rispetto a quello che realmente troveranno una volta sbarcati in Europa, ma mi sento di dire che in ogni caso è meglio di ciò da cui scappano.

Fonte: profilo Facebook di Lelio Bonaccorso

Parlaci un po’ di Messina: cosa provi per la tua città?

Il solo fatto che io abbia deciso di non andare via la dice lunga, sono innamorato della mia terra e della mia città. Certo, non è il periodo migliore per Messina, ma sono convinto che prima o dopo qualcosa cambierà, arriverà il momento giusto e contestualmente la cittadinanza sarà pronta a compiere un passo in avanti, ne sono certo. Quello che non so invece, è quando questo accadrà, potrebbe essere tra un anno come tra 100. Siamo abituati naturalmente ad avere come orizzonte temporale il periodo che trascorriamo in vita, ma la storia va avanti anche quando il nostro ciclo personale finisce. Messina vive di dualismi e di contrasti, Messina ha il bianco ed il nero. Dovremmo essere capaci di far coesistere entrambi i colori e prendere il buono che esce da questo incontro: invece, spesso più che incontro diventa scontro e rimaniamo immobili.

Un ultima domanda: oggi il dibattito pubblico si è spostato sulle piattaforma social e i toni si sono incredibilmente inaspriti. Da comunicatore, che idea ti sei fatto a riguardo?

Secondo me abbiamo spesso l’impressione che la maggioranza della popolazione sia quella che commenta in modo verbalmente violento o che non ha rispetto per l’interlocutore, ma credo sia solo un’impressione. Banalmente il trambusto, le urla, si sentono di più di chi resta in silenzio o non alza i toni. C’è sicuramente una parte di popolazione preparata e informata, anche se magari fa meno chiasso.
Pochi giorni fa Parlavo con Marco (Rizzo, n.d.r.) di fake news. Lui è favorevole all’introduzione di norme che gestiscano questo problema, io no. Ho il timore che cercando di risolvere un problema ne vai a creare altri: formi una commissione? Chi gestisce questa commissione? Chi traccia la sottile linea di demarcazione tra una tesi alternativa – ma plausibile – ed una invece totalmente falsa? È complicato.
La falsa informazione oggi è un problema concreto ma dovrebbe essere combattuta dallo Stato mettendo i cittadini nella condizione di poter scegliere cosa leggere, su cosa informarsi e allo stesso tempo riconoscere una notizia inventata. Se risali alla fonte del problema trovi l’ignoranza e la rabbia sociale, fattori sui quali mi concentrerei.

 

Ringraziando Lelio, gli auguro in bocca al lupo per tutti i progetti in cantiere, nella convinzione che la chiacchierata di oggi possa dare molti spunti di riflessione ai nostri lettori.

 Emanuele Paleologo

Foto di copertina: siciliando.org

Proteggi le persone e non i confini. In esclusiva Pietro Bartolo

Domenica 10 giugno il governo italiano non ha concesso l’autorizzazione alla nave Aquarius, facente parte della flotta dell’organizzazione non governativa internazionale SOS Méditerranée, di fare ingresso in un porto italiano. Da lì in poi è successo di tutto.

Le 629 persone a bordo dell’Aquarius, soccorse in sei diverse operazioni di salvataggio e trasferimento sotto il coordinamento della Guardia Costiera Italiana, sono state prima rifiutate dall’Italia e poi da Malta, rimanendo per diverse ore a metà strada fra i due paesi. Infine la Spagna si è offerta di accogliere la nave e i migranti nel porto di Valencia.

Il tutto è avvenuto in un clima singolare, in cui il ministro dell’ Interno Salvini ha scavalcato il ministro dei Trasporti ed ha mantenuto una centralità mediatica a discapito di Di Maio e Conte. Una rivendicazione della sovranità nazionale italiana oppure una mossa propagandistica in vista di future elezioni ?

Franza o Spagna purchè se magna diceva lo storico Francesco Guicciardini oltre 4 secoli fa descrivendo l’atteggiamento servile della classe politica italiana del tempo, a disposizione dell’una o dell’altra potenza pur di salvare un minimo di potere entro le mura della propria cittadella. Dopo la decisione presa dal governo spagnolo non tarda ad arrivare una risposta della Francia. Macron: “Dall’Italia cinismo e irresponsabilità”, strappo istituzionale ricucito da una telefonata dello stesso presidente poche ore fa. Insomma un clima concitato, in cui in mezzo a così tanti colpi di scena, c’è una sola certezza: la sofferenza umana.

Le persone a bordo della nave Aquarius sono solo “una goccia nel mare” di questa emergenza migratoria che da anni ormai ha investito l’Europa ed in primis l’Italia. Alcune settimane fa siamo riusciti ad intervistare un grande protagonista di questo fenomeno, il medico responsabile delle prime visite a tutti i migranti che sbarcano a Lampedusa: Pietro Bartolo.

Dott. Bartolo, lei è un medico, un ginecologo, insignito di ben due onorificenze della Repubblica Italiana. Che cosa l’ha spinta a fare il medico?

Ho deciso di studiare Medicina perché da piccolo a Lampedusa non avevamo la possibilità di curarci a pieno, talvolta vedevo persone morire perché non c’era la possibilità di arrivare in un ospedale. Non c’erano mezzi di soccorso adeguati, personale medico sufficiente, c’era un solo dottore che cercava di sopperire a tutte le mancanze. L’ho fatto perché volevo aiutare la mia gente.

Come mai proprio il Ginecologo?

Sempre da bambino mi capitava spesso di vedere delle piccole bare bianche, così chiedevo a mia madre cosa fosse successo e lei mi rispondeva che c’erano state complicanze fatali durante il parto, talvolta anche per la madre. Così decisi che dopo la laurea avrei intrapreso la specializzazione in Ginecologia ed Ostetricia. Invece di rimanere a Catania, dove sicuramente avrei avuto un futuro roseo come quello dei miei colleghi, ho deciso di tornare tra la mia gente per aiutarla.

Nel 2016 “Fuocoammare” vince L’Orso d’oro a Berlino con lei protagonista del documentario. Lo scorso settembre esce il suo libro “Lacrime di sale” che ha vinto il Premio Brancati. Si trova a suo agio nelle vesti di testimone e divulgatore del fenomeno migratorio?

Si, mi trovo bene a fare il divulgatore perché prima di tutto lo vedo come un mio dovere. Penso sia giusto farlo al fine di far cadere tutti quei pregiudizi nei confronti di queste persone. Bisogna sensibilizzare per far capire che siamo tutti uguali. Gli immigrati sono esseri umani esattamente come noi. Da due anni  vado in giro per l’Europa e lo faccio a discapito della mia famiglia, utilizzo le mie giornate libere per portare alla cronaca la mia testimonianza. Lo faccio perché ci credo e perché sono fiducioso che questa storia andrà a finire bene. Deve andare a finire bene.

Perché secondo lei è così difficile accogliere i migranti in Italia e nel resto d’Europa nel modo in cui lo fa Lampedusa?

Perché deve cambiare la società. Bisogna essere più umani e riuscire  a capire che l’altro non è un alieno, non è diverso, non è un mostro ma è una persona che ha avuto la sfortuna di nascere nel posto sbagliato del mondo ed oggi cerca di vivere una vita più dignitosa. A Lampedusa abbiamo un grande murales dove abbiamo scritto “Proteggi le persone e non i confini”.

Lei, invitato dal movimento “Liberi e uguali” ha prima accettato e poi rifiutato la candidatura alle politiche del 2018. Quale sarebbero state le sue richieste in caso di una eventuale elezione?

Con la sensibilizzazione possiamo diffondere il messaggio, ma è la politica che fa cambiare veramente le cose. Una scienza sublime quando è al servizio del popolo e non rivolta verso i propri interessi privati (la poltrona).  Sicuramente avrei chiesto l’abolizione del decreto Minniti-Orlando e della legge Bossi-Fini. Noi in quanto popolo emigrato sappiamo cosa significa essere migranti, spero quindi che questo sentimento di solidarietà e di accoglienza cresca nel nostro paese. Comunque va detto che noi siamo più bravi di altre nazioni che non fanno onore a questa Unione Europea che ha basato la fondazione su valori fondamentali quali l’accoglienza, la solidarietà, la libera circolazione ed il rispetto dei diritti umani. Oggi rimane solo un’Europa economica e manca invece l’Europa sociale.

In questi anni ha visto cose orribili che l’hanno colpita nel profondo ed oggi le danno gli incubi la notte. Ha visitato e curato, con un normalissimo stipendio, più di 300000 migranti da quando è iniziato il fenomeno migratorio. Chi glielo fa fare? È un senso di dovere professionale, oppure una volontà personale?

Mai avrei pensato di dover affrontare un fenomeno migratorio di questa portata. L’ho fatto fin dal primo momento, insieme ai miei collaboratori e insieme a tutta Lampedusa. Mi sono occupato a pieno di queste persone perché li considero come i miei lampedusani. Lo faccio perché fa parte del mio carattere, perché mi fa sentire un uomo libero…mi fa sentire un vero uomo. È giusto farlo ed è una mia responsabilità ed un mio dovere, ma dovrebbe essere dovere di tutti gli uomini aiutare chi ha bisogno. Credo fermamente che questi siano i valori fondamentali che danno un senso alla nostra vita.

Avendo intervistato il Dott. Bartolo prima dell’insediamento del nuovo governo, non abbiamo potuto rivolgergli domande sulle politiche dell’accoglienza previste nel contratto di governo. Bartolo ha però rilasciato una dichiarazione tramite Adnkronos sulla vicenda Aquarius.

Il braccio di ferro “lo facciano con l’Unione Europea, non sulle pelle di 600 povere persone, tra cui molti bambini e molte donne […]. Stiamo vedendo cose che non hanno né testa né coda, spero e mi auguro che il nuovo governo faccia qualcosa di positivo. Il premier Conte è bene che faccia il premier senza farsi influenzare da nessuno e che possa intraprendere una strada diversa”.

Alessio Gugliotta