Ripetiamolo insieme: Questo Non È un Buon Natale!

Natale 2025. Le luci a LED lampeggiano come neuroni in corto circuito, i centri commerciali puzzano di cannella sintetica e debiti freschi, e tutti fingiamo che sia “magico”. Questo è il Natale più ipocrita, patetico e autolesionista che l’umanità sia riuscita a partorire da quando ha inventato il Black Friday.

Il consumismo, innanzitutto. Una volta il Natale era “pace in terra”. Oggi è “pace se paghi in tre rate senza interessi”. Nel 2025, con l’inflazione che ti mangia lo stipendio e le bollette che sembrano estorte da un boss mafioso, corriamo a comprare robaccia cinese per riempire il vuoto che ci portiamo dentro tutto l’anno. Regali? Macché. Compriamo assoluzioni. “Ti ho preso l’ultimo iPhone, quindi non devi farmi notare che non ti ascolto mai”. Babbo Natale non esiste, ma Visa sì, e ti frega fino al midollo. Cinico? No, realista. Stiamo festeggiando la nostra dipendenza da dopamine da pacco aperto mentre il pianeta soffoca nella plastica che abbiamo ordinato ieri su Amazon Prime.

Le riunioni familiari, poi. Ah, che delizia. Ti costringi a sedere accanto a gente che eviti undici mesi l’anno, tutti a ingoiare pandori industriali e rancori vecchi di decenni. “Passami il panettone, zio no-vax che crede che la Terra sia piatta”. Il Natale è l’unico periodo in cui l’alcol è socialmente obbligatorio per sopportare i propri consanguinei. E vogliamo parlare delle divisioni? Guerra in Ucraina, Gaza che brucia, clima che collassa. Tutti argomenti perfetti per il brindisi delle 15. Risultato? Sorrisi stirati, silenzi carichi di odio e la certezza che l’anno prossimo qualcuno mancherà e, in fondo, un po’ ci speri. Famiglia unita? Sì, come una granata innescata.

Il pianeta. Che tenerezza, il Natale “sostenibile”. Alberi di plastica made in Bangladesh, luci che consumano quanto una piccola centrale, voli low-cost per “tornare a casa” e lasciare un’impronta di carbonio grande come un cratere. Intanto i ghiacciai si sciolgono, gli uragani diventano routine e noi postiamo storie Instagram con la caption “Christmas Vibes”. Ipocriti fino al midollo. Stiamo organizzando la festa di fine impero romano, solo con più glitter. Babbo Natale, se esistesse, meriterebbe l’ergastolo per crimini contro l’umanità e l’ecosistema.

E la ciliegina sul panettone? La solitudine. Milioni passeranno il 25 dicembre da soli, con un panettone scontato e un binge-watching deprimente. Il Natale è un amplificatore crudele. Se stai bene, ti senti un po’ meno solo; se stai male, ti sbatte in faccia quanto sei inutile. “Buone feste” diventa il saluto più sadico che si possa rivolgere a qualcuno che non ha nessuno. Ma tranquilli, c’è sempre TikTok a ricordarti quanto sono felici gli altri, tutti finti, ovvio, ma chi se ne frega l’importante è il like.

In conclusione, questo non è un buon Natale perché siamo noi a non essere buoni. Siamo avidi, falsi, distruttivi e soli, e dicembre ci costringe a guardarci allo specchio con l’albero acceso dietro. È una celebrazione della nostra mediocrità collettiva, condita da jingle e luci colorate per non farci vomitare subito. Non cambierà niente, naturalmente. L’anno prossimo ripeteremo lo stesso circo, solo più indebitati, più divisi e con qualche specie estinta in più.

Buon niente, gente. Ce lo meritiamo.

Gaetano Aspa