In ogni epoca i giovani sono stati descritti come inquieti, ribelli, difficili da contenere. Ma ciò che osserviamo oggi non è semplice ribellione, è un’escalation di violenza vuota, improvvisa, priva di motivazioni profonde. Una violenza che non nasce da un ideale, da una protesta, da una visione distorta del mondo, ma da assenza, disorientamento, solitudine cognitiva. E soprattutto, anche se molti evitano di ammetterlo, dal fallimento diffuso e profondamente strutturale dell’educazione genitoriale.
La violenza giovanile non è un’anomalia, è il sintomo di un sistema marcio e per capirlo dobbiamo scavare nelle cause.
Parliamo di numeri
In Italia assistiamo a un’esplosione di violenza tra i giovani che dovrebbe far vergognare ogni adulto responsabile. Non parliamo di sporadici episodi di ribellione adolescenziale, ma di un fenomeno dilagante: aggressioni in crescita del 35% tra il 2020 e il 2023, secondo i dati della Polizia. Maltrattamenti su minori aumentati del 58% in carico ai servizi sociali. Reati contro i minori in ascesa, con bambine e ragazze come vittime principali, segnando un +5% solo nel 2024 rispetto all’anno precedente.
E mentre i media sensazionalistici gridano all’emergenza “baby gang”, noi dovremmo chiederci: chi ha armato queste mani giovani con coltelli e rabbia? Non sono i ragazzi i mostri, ma la società che li ha partoriti e abbandonati.
Crisi del lavoro e povertà
La radice prima è la povertà, quella vergogna nazionale che colpisce soprattutto i minori. Nel 2025, 1,29 milioni di bambini e adolescenti vivono in povertà assoluta (13,8%), con un rischio di esclusione sociale che tocca il 26,7% per i minori sotto i 16 anni, salendo al 43,6% al Sud e tra i figli di immigrati. Famiglie monogenitoriali, disoccupazione ereditata, quartieri degradati, ecco il brodo di coltura per la rabbia che si trasforma in coltellate.
La borghesia benestante si scandalizza per le “baby gang”, ma è proprio il suo modello di società, con tagli al welfare, disuguaglianze abissali e un Mezzogiorno lasciato a marcire, a generare questi mostri. Non è un caso che i reati violenti tra minori crescano proprio dove la povertà educativa e materiale è endemica.
Crisi della Scuola
E la scuola? Quella che dovrebbe essere strumento di emancipazione è diventata una fabbrica di esclusi. La dispersione scolastica è scesa all’8,3-8,5% nel 2025 grazie al PNRR, ma resta una dispersione implicita all’8,7%, con divari territoriali scandalosi al Sud, fragilità negli apprendimenti fin dalla primaria, classi sovraffollate, insegnanti esausti. Milioni di giovani escono dal sistema senza competenze reali, alimentando i NEET: 1,748 milioni tra i 15-34 anni (tasso al 14,5%), con un divario di genere che si allarga e un Mezzogiorno dove l’incidenza triplica quella del Nord. La scuola borghese, ossessionata da nozioni inutili e competizione, non forma cittadini, ma frustrati pronti a sfogare la loro impotenza con violenza.
Il cattivo esempio dei Social
Il veleno più letale, però, è il digitale, quel mostro capitalista creato dalle big tech per lucrare sull’attenzione. Il 68% dei giovani tra 11 e 19 anni ha subito comportamenti offensivi online, con il 34% vittima di cyberbullismo almeno una volta e il 7,8% in modo continuativo. Algoritmi che spingono hate speech, challenge violente, risse filmate per like. La violenza sta diventa spettacolo, valuta sociale in un mondo dove i giovani sono isolati pur essendo iperconnessi. Il 65% degli studenti ha subito violenza fisica o psicologica, amplificata dal web che non dà scampo. E le piattaforme? Miliardari senza scrupoli che guadagnano sulla disperazione, mentre i governi, complici codardi, non impongono regolazioni serie.
Crisi educazione genitoriale
Il fallimento dell’educazione genitoriale rappresenta la radice più profonda e ipocrita di questa violenza, un tradimento sistematico che trasforma le famiglie in incubatrici di rabbia e disperazione invece che in baluardi di crescita umana. In una società che si vanta di progressi civili, i genitori moderni, esausti dal lavoro precario, ipnotizzati dal consumismo e terrorizzati dal conflitto, abdicano al loro ruolo primario, delegando l’educazione a smartphone, social network e scuole sovraccariche, con il risultato di allevare figli incapaci di tollerare la frustrazione, privi di limiti e assetati di affermazione immediata.
I dati sono impietosi: nel 2024-2025, i maltrattamenti in famiglia hanno colpito migliaia di minori, con la trascuratezza (neglect) come forma più diffusa di abuso (oltre il 37% dei casi), seguita dalla violenza assistita (34%), fenomeni che nascono da una genitorialità fragile, permissiva o assente, dove padri spesso marginalizzati e madri schiacciate da ruoli multipli non trasmettono empatia, rispetto e resilienza. Questa “genitorialità affaticata” evita di insegnare il sacrificio e la gestione degli impulsi, preferendo un rapporto paritario illusorio. “Amici” dei figli anziché guide autorevoli, che lascia i ragazzi soli di fronte all’assurdo di un mondo precario, alimentando una rabbia che esplode in risse, baby gang e atti impulsivi. Il ciclo è perverso. Oltre 1,3 milioni di minori in povertà assoluta (13,8% nel 2025), famiglie multiproblematiche con mancanze affettive ed economiche testimoniano come l’assenza di supervisione genitoriale generi esclusione sociale e devianza. Basta scaricare la colpa solo sui social o sulla scuola, è la famiglia borghese e precaria, con i suoi genitori pigri e benefattori mancati, a seminare mostri, perpetuando un nichilismo che condanna i giovani a reagire con violenza all’unico potere che resta loro, la distruzione.
Conclusioni
Politici che urlano “carcere” e “decreti securitari” sono ipocriti! Servono investimenti massicci in welfare, educazione vera, psicologi nelle scuole, contrasto reale alla povertà. Altrimenti, questa violenza non sarà solo tra giovani, ma contro l’intera civiltà ipocrita che l’ha generata.
È ora di smetterla con le commedie, la violenza giovanile è l’accusa più feroce contro un sistema in putrefazione. Se non si cambia radicalmente, non ci sarà futuro ma solo una lenta e irreversibile rovina.
Gaetano Aspa