Il Mostro: il lato oscuro della società

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Uscita lo scorso 22 ottobre su Netflix, la miniserie “Il Mostro” diretta da Stefano Sollima (Suburra, Romanzo Criminale, Gomorra) e creata con Leonardo Fasoli, ripercorre uno dei casi più agghiaccianti irrisolti della cronaca nera italiana quello del Mostro di Firenze.

La serie presentata fuori concorso alla 82esima Mostra Internazionale del cinema di Venezia ha ricevuto recensioni contrastanti dalla critica; tuttavia, ad oggi vanta un grande successo di pubblico, diventando la prima serie tv italiana prodotta da Netflix a raggiungere la prima posizione nella classifica mondiale sulla piattaforma.

Il mostro
fonte: corriere della maremma

Il Mostro: sinossi

La miniserie sorprende le aspettative del pubblico, che conosce la vicenda attraverso l’immaginario popolare che si è costruito attorno a Pacciani e i compagni di merende, riprendendo la cosiddetta pista sarda. La storia inizia nel 1982, quando dopo l’ennesimo colpo del Mostro, il sostituto procuratore Silvia Della Monica (Liliana Bottone) ordina di ricercare tutti i delitti precedenti con simili circostanze. Risale così al delitto Locci- Lo Bianco, avvenuto nel 1968, con la stessa pistola che poi diventerà la firma del Mostro: una Beretta calibro 22.

Inizia così un flashback che ripercorre le vicende di quella notte del 1968, ogni episodio si concentra su un presunto colpevole. Nel primo episodio viene presentato colui che scontato la pena per l’omicidio: il marito di Barbara Locci (Francesca Olia), Stefano Mele (Marco Bullitta). Nei tre episodi successivi seguiamo il fratello di Stefano, Giovanni Mele (Antonio Tintis), indignato perché Barbara non portava rispetto alla loro famiglia, e i fratelli Salvatore (Valentino Maddias) e Francesco Vinci (Giacomo Fadda), entrambi amanti della Locci. Questi hanno in comune l’essere emigrati dalla Sardegna a Firenze, ma soprattutto il rapporto con Barbara.

Il mostro
Fonte: Vanity Fair

Barbara è tutte le donne

Nonostante sia presente una forte componente maschile, Barbara rappresenta il perno della serie. Sollima restituisce la voce a una vittima che non l’ha mai avuta; Barbara è una donna indomita in un contesto oppressivo: viene costretta a sposarsi con Stefano ed entrare in una famiglia in cui le donne devono stare al loro posto. Salvatore abusa di lei davanti al marito inerme e umiliata da Francesco. Tuttavia, rivendica il suo corpo, mostrandosi sessualmente libera contro il contesto italiano degli anni ’60, ottimamente rappresentato da Sollima, che risulta opprimente e allo stesso tempo ipocrita. Una società che condanna qualsiasi tipo di manifestazione della sessualità, non solo quella di Barbara, che la rivendica come atto di ribellione, ma anche quella di Salvatore, che non può vivere la sua bisessualità. Salvatore, sembra essere il sospettato principale; seguiamo la sua giovinezza in Sardegna, dove con un matrimonio riparatore sposa Barbarina Steri, nonostante il suo affetto sia per il fratello di lei. Quando Barbarina minaccia di rivelare il suo segreto, la uccide, stroncandole la voce.

Il Mostro
fonte: il post

E se il mostro fossimo noi?

I desideri negati dalla società moralista si trasformano in ossessione e violenza, alimentati da un’educazione sentimentale distorta. Viene naturale chiedersi se il mostro non sia proprio la società malata. Essa attraverso la repressione ha generato una mutazione nel desiderio maschile, che si trasforma in violenza. Questo contesto culturale non è molto cambiato da oggi; l’uomo vive ancora una paura della disobbedienza della donna, che è vista come una possessione.

La serie arriva in un momento in cui dilagano i delitti passionali in Italia, specie tra i giovanissimi. Apre un dibattito sull’importanza dell’educazione sentimentale, ma soprattutto del rispetto verso la volontà altrui. Quel rifiuto disonorevole che cinquanta anni fa si pagava con la vita non ha nulla di diverso dal sentimento di violenza degli uomini di oggi. La serie aiuta a riflettere su dei retaggi che ci portiamo ancora dietro.

Il mostro
fonte: Lagazzetta dello sport

Il Mostro: Sollima protegge la dignità del dolore

La Firenze di Sollima è fredda e labirintica. Non si vede mai la cittadina, solo le zone rurali e soprattutto le campagne. Le scene di violenza sono minime proprio per non spettacolarizzare il dolore che hanno subito le vittime, che sono anzi tutelate da questa scelta. Interessante la scelta di far vedere il Mostro sempre nell’ombra come fosse una creatura del bosco stesso. Come dichiarato da Sollima stesso: “Il mostro, alla fine, potrebbe essere chiunque” ed è proprio questo a spaventare lo spettatore. Dato il grande successo della serie e lo spiraglio finale, in cui vediamo uno dei protagonisti della vicenda, è molto probabile che ci sia un seguito dove si esploreranno altre piste.

“Il mostro” non ti dà delle risposte, ma ti lascia interrogativi necessari al cambiamento della società.

Giulia Rigolizio