Iqbal Masih: un’infanzia rubata

Manuel Mattia Manti
MANUEL MATTIA MANTI
Cultura
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I bambini non dovrebbero lavorare sui campi, ma sui sogni”

Poche parole, forse scontate da leggere. Eppure, tra le pagine del libro della vita, sono appena sfumate, confondendosi tra i racconti di voci spesso inascoltate.

Ogni riga narra storie da cui, con prepotenza, è stato strappato il capitolo dell’Infanzia.

Quei bambini che, per voce di Maria Montessori, definiremmo “insieme una speranza e una promessa per l’umanità” ne sono, loro malgrado, protagonisti.

Matite e giocattoli cadono a terra. Il rumore d’un pianto strozzato rompe un silenzio fin troppo assordante.

A dipingere questo sinistro quadro non sono più i colori accesi d’una tavolozza. Lasciandoli da parte, l’artista tinge la tela del grigiore di questa fanciullezza rubata.

Il teatro di questo lugubre canovaccio è quel luogo in cui ogni fanciullo non è più tale. Ricordando De Amicis, sarà solo il “piccolo soldato di un immenso esercito”.

Un richiamo quasi paterno che rischia, tuttavia, di scontrarsi con una realtà ben diversa. La penna, compagna di mille avventure, viene strappata dalle sue mani. Ora imbraccia saldamente un vecchio piccone.

Qui, invece, gli viene consegnata un’arma che, con mano tremante, a malapena riesce a non lasciar cadere.

Laddove il mondo ammutolisce, c’è chi non vuol vedere le proprie parole disperse nel vento. Non indossa alcuna armatura né brandisce una spada. Eppure, tutt’oggi, viene considerato come un eroe e la sua memoria riposa nell’Olimpo della storia.

Il suo nome continua a riecheggiare, come simbolo di resistenza nella lotta per i diritti del fanciullo. Sono passati più di quarant’anni, ma Iqbal Masih non è mai stato dimenticato.

Iqbal Masih
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Una rivoluzione silenziosa

“Gli unici strumenti che i bambini dovrebbero usare sono le penne e i libri. Sono questi gli strumenti della libertà! Non avete il diritto di obbligarci a lavorare, dovete darci le chiavi del mondo. Dovete ridarci il futuro”.

Questa frase, pronunciata dal giovane Iqbal, ci parla di un bambino diventato uomo fin troppo in fretta.

La sua è la storia di un ragazzo che, con quella matita ormai spezzata, voleva tracciare il domani. Nel raccontarla, ci troveremo catapultati in un angolo di mondo in cui la luce dell’infanzia viene soppressa dalle tenebre dei soprusi. Guardando dai suoi occhi, però, avremo davanti una lotta in cui la libertà è il filo rosso che lega ogni gesto. D’altronde, l’Inferno è tale solo per chi ne ha paura.

Quel ragazzo, la cui stella è stata spenta anzitempo, fu invece allegoria di un coraggio che, decenni dopo, è ancora ricordato.

Come decine di suoi coetanei anche lui fu obbligato a barattare la sua innocenza. Così, dovette fare i conti con la triste realtà pakistana di quegli anni.

Tuttavia, nella vecchia fabbrica di tappeti in cui era obbligato a lavorare, fu la sua ribellione a fare eco.

Il giovane, strappato dalla famiglia per un debito, aveva deciso di non abbassare mai lo sguardo. Quella di Iqbal fu la prima delle voci ad unirsi a quell’orchestra che cantava di “Diritti” e “Infanzia”.

Grazie a lui, centinaia di bambini furono liberati da quegli stabilimenti che oramai sembravano delle prigioni a cielo aperto.

Aveva solo dieci anni quando le sue testimonianze mostravano angherie e soprusi che, purtroppo, erano all’ordine del giorno.

Iqbal Masih
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L’eredità di Iqbal

“La prima volta che lo vidi sembrava volesse schiacciarsi tra le pareti di un angolo buio sino ad annullarsi alla nostra vista”

Queste parole cristallizzano il primo incontro tra il piccolo Masih e Eshan Khan, giornalista e sindacalista pakistano. Grazia a lui, la vicenda del giovane non andò persa nel silenzio.

Quel ragazzo, all’apparenza gracile e timido, fu in grado di invertire la rotta di un destino altrimenti segnato. Tuttavia, l’ultimo capitolo di quel libro che racconta la storia della sua vita, si tinge di rosso.

La sua voce, appesantita dai racconti di quell’infanzia rubata, fece eco in tutto il mondo.

Iqbal, ora libero, non perse mai di vista il suo obiettivo: aiutare chi subiva i soprusi che ormai si era lasciato alle spalle.

Per il suo impegno, fu insignito del Premio Reebok per la Gioventù in Azione.

La sua odissea, però, terminerà di qui a poco. La sua nave raggiungerà Itaca, ma senza Ulisse a guidarla. Quel fanciullo, esile e minuto, scoprì di avere le spalle più forti di quei padroni che lo osservavano dall’alto in basso.

Farò l’avvocato, continuerò a lottare perché i bambini non lavorino più”,

Purtroppo, questa, è una delle ultime testimonianze della vita di Iqbal Masih. Rimpatriato, infatti, il suo sogno andò in frantumi a causa del rumore sordo d’una pistola.

Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

Dopo ormai quarant’anni, ciò che Iqbal denunciava, sembra ancora attuale. Quella realtà prima impressa in vecchie foto in bianco e nero, oggi è più silenziosa, ma altrettanto subdola.

Centinaia di storie, come la sua rimangono inascoltate. Laddove il mondo tace, la loro infanzia viene calpestata. Sta a noi fare in modo che ciò non avvenga, dando voce ad ogni racconto altrimenti dimenticato.

Il 20 novembre è la data da cerchiare in rosso sul calendario. Come ogni anno, si ricorda il giorno in cui fu ratificata la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo. Tutto ciò, affinché queste vicende facciano eco.

Solo così, ogni bambino, potrà riprendere in mano quella matita che ha dovuto lasciar cadere.

Iqbal e Ehsan Ullah Khan leader del BLLF (Bonded Labour Liberation Front), movimento che contrasta attivamente il lavoro minorile
 https://www.bbc.com/audio/play/p0548s7x

 

Fonti

https://www.nytimes.com/1995/04/19/world/child-labor-critic-is-slain-in-pakistan.html

Iqbal Masih

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Manuel Mattia Manti