Wicked : Dalla parte della strega

Manuel Mattia Manti
MANUEL MATTIA MANTI
Arte & Cultura Pop
#Recensioni #UvM #UniVersoMe #Film wicked

Tra le righe di ogni storia c’è un’altra storia, una storia che non viene mai ascoltata e che può essere intuita solo da chi è bravo a indovinare”

Nel libro della vita ogni nostro pensiero è come uno stenografo che annota emozioni ed esperienze.

Leggendolo, ritroviamo frammenti di noi in quelle parole. Esse, ordinate come tanti minuscoli soldatini sembrano parlarci. Talvolta, però, dobbiamo leggere oltre l’inchiostro.

Fermarci al primo sguardo ci farebbe cogliere solo una delle infinite sfumature racchiuse in ogni parola.  Possiamo soffermarci su tinte accese, che richiamano il bel ricordo d’un passato ormai alle spalle. Tuttavia, oltre la luce, si nasconde sempre un nero quasi opprimente.

Così, distillati da un unico bagliore, si diramano bene e male. Condividono l’ombra e s’abbracciano in un singolo riflesso. Da qui, scorgiamo i tratti d’una figura ammantata d’oscurità.

La pelle, di un verde pungente, è la prima cosa che salta all’occhio. Tra le pieghe d’una storia mai raccontata fino in fondo, conosciamo la Strega dell’Ovest.

 

ELPHABA : ANATOMIA DEL MALE

Il male non è mai ‘radicale’, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca.”

Riflettiamo, per qualche istante, sulla vita, immaginandola come un pendolo.

Schopenhauer lo farebbe perennemente oscillare tra il dolore e la noia. Noi, pigramente, lasciamo che ondeggi verso la malvagità.

Insita in ogni gesto, con Arendt la definiremmo quasi “banale”. Questa malvagità, Frank Baum, ci permette di osservarla dagli occhi dell’innocente Dorothy. Terrorizzati, osserviamo il ritratto d’una perfidia di cui notiamo a malapena le sfumature.

Sembra quasi di trovarci davanti ad un libro di cui non conosciamo lo scrittore. Ne sfogliamo le pagine, ma persino l’inchiostro tace. Delinea i contorni d’un racconto che viene solo accennato.

Quasi un secolo dopo, sempre ad Oz, sarà Gregory Maguire a cercare di trovare un senso alle azioni della malvagia Strega.

Tra le righe, ci restituisce i dubbi e le contraddizioni dell’antagonista per antonomasia.

Facciamo la sua conoscenza quando ne vengono descritti i modi meschini e subdoli. Con un ghigno ripugnante, rivolge uno sguardo al lettore. Lo scruta con l’unico occhio che, ”potente come un telescopio”, tocca ogni angolo di quel Regno che tiene ormai in scacco.

Noi lettori ritroviamo frammenti d’anima che, spaesati, s’insinuano tra le pagine. Appaiono come tanti piccoli pezzi di un puzzle impossibile da completare.

Baum ci presenta questo mosaico, senza permetterci di comprenderne i colori. Maguire, invece, tenta di dar voce ad ogni sfumatura.

              La Strega in una delle illustrazioni originale del libro di Baum

CONTRASTI : GLINDA, LA LUCE ; ELPHABA, L’OMBRA

“Un miglio sopra Oz, la Strega si bilanciava sull’orlo avanzante del vento, come fosse una macchia verde della terra stessa, scaraventata in alto e fatta roteare via dall’aria turbolenta”

Così si apre il sipario su quella storia di cui, con Dorothy, avevamo avuto solo semplici allusioni.

Elphaba non viene presentata come l’antagonista senza scrupoli e dalla risata sguaiata che Margaret Hamilton interpreta nel film del 1939.

La ritroviamo in una vita che sembra quasi una pièce, perennemente alla ricerca del proprio ruolo. Non indossa più la maschera della Strega dell’Ovest, ora è solo una giovane che danza confusa con le sue incertezze.

Ogni passo è scandito dalla voce di Galinda, l’altra protagonista della storia. Di lei, notiamo la pelle chiara e gli occhi color nocciola, cui fanno da contorno dei lineamenti delicati.

Il biondo dei capelli quasi viene messo in risalto dall’argentea corona che poggia sul capo. Sembra di avere davanti l’antitesi di Elphaba.

D’altronde, anche la luce, per sopravvivere ha bisogno dell’oscurità.

Elphaba, qui interpretata da Cynthia Erivo nell’adattamento cinematografico del romanzo di Maguire

GIÙ LA MASCHERA : DOVE SI CELA LA MALVAGITÀ

Le persone nascono cattive? O la cattiveria soccombe su di loro?”

All’incauto spettatore, l’ardua sentenza.

L’eco di questa domanda respira in ogni riga e riecheggia nei singoli gesti.

Conosceremo la storia del male incarnato, proprio dalla prospettiva della sua controparte benigna.

Della strega dalla pelle verdastra impareremo ogni infimo dettaglio, che dà voce al suo tormento. Un valzer di paure e incomprensioni guida la mano dello scrittore. Così, detta il canovaccio d’una storia che solo ora riusciamo a intuire.

Non appena la maschera cade, quel male che Baum solo accennava, ha ora una forma ben definita.

Una malvagità scontata i cui contorni non sono più solo sfumati ma assumono una loro fisionomia.

“Forse la definizione di casa è il luogo in cui non vieni mai perdonato, quindi potresti sentirti sempre a casa, legato al senso di colpa.”

Condannata dal popolo di Oz, Elphaba è ormai sola.

Simbolica è anche la sua morte. Come la pioggia che squarcia un cielo d’oscurità, viene sconfitta dall’acqua.

Il sipario cala, con la giovane ormai vinta da un “dolore insonne, senza sogni”.

Alla fine, Maguire, ricalca quella perfidia che Baum aveva tratteggiato.

Quando le strade di Dorothy e della strega dalla pelle verdastra s’incrociano, la sua discesa nella follia è al culmine.

Nella storia di una strega, ce lo dice anche Maguire, non c’è mai felicità né un epilogo.

L’applauso del pubblico è freddo, quasi distaccato. D’altronde, nessuno piange i perfidi.

                                                                             Il Mago di Oz (1939)