Lettera aperta

Lettera aperta agli uomini: decostruire, ricostruire ed educare

Gaetano Aspa
GAETANO ASPA
Attualità
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Viviamo in un tempo che ama definirsi civile, ma le statistiche raccontano altro. Le donne muoiono. Uccise da uomini. Non dovrebbe mai succedere, ma succede ogni giorno.

Succede che una donna venga uccisa, perché ha detto no. O perché non ha detto nulla. Succede troppo spesso, e quasi sempre, il carnefice ha la nostra faccia: quella di un uomo. Sono le mani di mariti, compagni, fidanzati, padri, ex. Uccise non da estranei nel buio, ma da chi diceva di amarle. Non per caso, non per sfortuna, ma per sistema.

Questo non è un processo. È un invito.
Un invito a guardarci allo specchio, come genere maschile, senza scuse né alibi.

La paura che non dice il nome

C’è una verità che noi uomini dobbiamo accettare: le donne hanno paura di noi.

Le donne hanno paura di noi. Non sempre. Non tutte. Non di ognuno. Ma hanno paura abbastanza da pensarci ogni giorno.

Abbastanza da abbassare gli occhi quando un uomo la fissa troppo a lungo. Che una ragazza cambi marciapiede di sera, perché dietro di lei sente passi maschili. Che una moglie viva in silenzio, con il cuore in ostaggio e la voce spenta. Abbastanza da indossare scarpe comode per correre, nel dubbio. Abbastanza da dire “ho il fidanzato” per respingere un corteggiamento non richiesto.

Non è paranoia. È sopravvivenza!

E no, non è normale. Non è normale che una metà dell’umanità cresca difendendosi dall’altra.

E allora dobbiamo chiederci: che uomini siamo stati, se le donne si proteggono da noi?

E riflettiamo: chi di noi uomini si è mai chiesto se può uscire a fare una passeggiata senza venire seguito?
Chi di noi ha mai dovuto inventare una scusa, fingere una chiamata o cambiare strada per sentirsi al sicuro?
Chi di noi ha mai avuto paura di essere ucciso da chi dice di amarlo?

Il problema non è l’amore, è il possesso

Dietro ogni femminicidio non c’è solo un assassino. C’è un contesto. Un’educazione. Un linguaggio. C’è una mascolinità malata cresciuta nel mito della forza, del possesso, della virilità come dominio. C’è una cultura che dà all’uomo il diritto di possedere e alla donna il dovere di compiacere.

Perché siamo cresciuti, molti di noi, con un’idea distorta di cosa significhi essere uomini.
Ci hanno detto che non si piange, che bisogna essere forti, dominanti, sempre nel controllo.
Ci hanno insegnato che “conquistare” è una sfida, non un consenso. Che la rabbia è virile. Che la gelosia è segno di coinvolgimento. Ma questa non è forza. È fragilità travestita da potere. E quella fragilità, quando esplode, colpisce chi ci sta accanto.

E ogni volta che sentiamo dire “delitto passionale”, stiamo offendendo l’amore. L’amore non uccide. L’amore non stringe, non minaccia, non possiede, non punisce. Chi uccide una donna non lo fa per troppo amore, ma per mancanza d’amore, per paura, per dominio, per violenza interiorizzata.

È ora di smettere di romanticizzare il possesso. Non esiste “sei mia o di nessuno”. Esiste solo: “sei libera o non lo sei”.

Essere Uomini, davvero

“Non tutti gli uomini.” Ma ci serve davvero dirlo? Non basta non fare del male. Bisogna essere parte attiva del bene. Non servono cavalieri. Non servono eroi. Servono uomini normali. Uomini che ascoltano, che educano i figli, che disimparano il dominio. Uomini che si scusano. Che riflettono. Che mettono in discussione i propri privilegi.

Servono uomini che riconoscono che qualcosa non va. Che si fanno scomodi, che parlano tra uomini.

E in fondo è vero, non tutti gli uomini. Ma è altrettanto vero che tutti viviamo in una cultura che tollera, minimizza, copre la violenza maschile.

Se in una conversazione tra amici lasciamo passare una battuta sessista, stiamo contribuendo.
Se non correggiamo un commento volgare, stiamo tacendo.
Se pensiamo che lei “se l’è cercata”, stiamo giustificando.
Se restiamo in silenzio, stiamo permettendo.

Finché le donne avranno paura di camminare sole, di vestirsi come vogliono, di scegliere chi amare o chi lasciare, la nostra libertà maschile sarà falsa, perché costruita sul dominio.

Denunciare, proteggere, educare, parlare, esporsi.
Far sì che la prossima donna non debba avere paura.
E che la prossima generazione non debba più imparare a difendersi da noi.

Dobbiamo reimparare ad essere uomini.
Uomini che ascoltano. Che si mettono in discussione. Che disimparano la cultura del possesso.

 

Ricordiamoci che ogni femminicidio non è solo una tragedia privata: è un fallimento collettivo.
E finché ci sarà una sola donna che avrà paura di vivere accanto a un uomo, noi saremo ancora in debito.

Non basta dirlo.
Serve viverlo.
Serve cambiare.

Non per galanteria.
Per giustizia, dignità, umanità.

La libertà delle donne non è una minaccia. È la più alta occasione per diventare migliori.

 

Gaetano Aspa

 

https://www.pariopportunita.gov.it/it/numeri-utili/1522-numero-antiviolenza-e-antistalking/