L’amore che vive nel silenzio: l’intimità poetica di Eugenio Montale

Giusy Lanzafame
GIUSY LANZAFAME
Cultura
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Esistono amori che sfidano l’effimero, che resistono imperturbabili all’incessante erosione del tempo. Sono amori silenziosi che si fanno gesto, sguardo, attesa. Sono fili sottili, eppure infrangibili, che legano due esistenze senza mai costringerle.
L’amore che legò Eugenio Montale e Drusilla Tanzi è l’emblema di un legame che esiste nella semplicità dei giorni, nei ritmi condivisi di un’esistenza che trova la sua pienezza nella delicata costanza dell’essere l’uno accanto all’altro.

Drusilla, minuta e vulnerabile, era la Mosca di Montale, epiteto che nella sua affettuosa ironia racchiudeva il senso più profondo del loro rapporto: un’intimità fondata su una complicità sottesa, su un amore che si affermava nell’assoluta certezza dell’altro. Eppure, sebbene Montale non fosse noto per una natura monogama, Drusilla resta.

Ed è proprio in questa dimensione appartata, quasi inaccessibile allo sguardo estraneo, che si inseriscono le parole che il poeta le dedicò: pagine intrise di un amore restituito nella sua essenza più pura, nella sua verità più nuda e sincera.

Attraverso la scrittura, Montale tenta di sottrarre all’ineffabile il suo carattere irripetibile, di conferire permanenza all’evanescenza di una realtà che si vorrebbe eterna. Egli scrive per riconoscerla ancora e ancora, per tessere con lei un dialogo ininterrotto, che neppure la morte può recidere.

L’amore che resta

Nei versi indirizzati a Drusilla, non c’è traccia di sentimentalismo, né tentativi di ridurre l’amore ad enunciato: il loro rapporto si consuma nell’impalpabilità di frasi appena accennate, in una fiducia che non necessita di sottolineature.

Montale scrive con il pudore di chi riconosce che il vero amore non si esaurisce nel dire, ma nel tacere ciò che è già chiaro.

Eppure, proprio attraverso questa delicatezza, le sue parole diventano il filo che si tende oltre il tempo e la separazione. Egli non tenta mai di trattenere Drusilla, ma esprime la volontà di farla persistere nello spazio fragile della scrittura, di lasciarla risuonare nei silenzi delle sue parole.

Il loro è un amore che scivola nell’intimità di un cammino condiviso. È un amore che non cerca di imporsi, ma si consuma nell’affinità invisibile di due corpi che si accompagnano, senza mai allontanarsi.

“Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.”

Dalla raccolta “Satura”, 1962-70, Eugenio Montale

Eugenio Montale e Drusilla Tanzi
Eugenio Montale e Drusilla Tanzi
Fonte: wikipedia.org

Con la scomparsa di Drusilla, Montale si abbandona a un dolore che non si fa urlo, ma canto sommesso. La sua assenza si tramuta in presenza silenziosa che si insinua nell’incedere degli anni, nel quotidiano che si è fatto ombra. Il camminare insieme, e il discendere in particolare, si fanno allegoria della vita percorsa a passi incrociati, nell’assoluta fiducia che l’altro sia lì, pronto a sorreggere, a condividere il peso della strada. Ma quando Drusilla non c’è più, ogni gradino diviene vertigine, ogni passo un vuoto incolmabile.

L’amore di Montale si converte in memoria dolorosa, in respiro mancato, in un’impronta indelebile che continua a pulsare nell’anima di chi resta.

 

L’amore come custodia dell’essenza e bellezza del quotidiano

In ogni parola che il poeta scrive, non si cela il desiderio di possedere l’altro, bensì l’impulso di custodirne l’essenza più autentica, di preservarne l’esistenza al di là della transitorietà del corpo.

L’amore si rivela nella sua forma più pura nell’impercettibile sfiorarsi di due mani, nell’abbraccio che non necessita di parole, nello sguardo che si fa complice silenzioso.

Ogni gesto, ogni attimo condiviso, diventa linguaggio muto che risuona nell’intimità di due cuori capaci di parlarsi nel silenzio.

Non esiste grandezza nell’amore che non affondi le proprie radici nell’umile concretezza del quotidiano, che non si incarni nella trama apparentemente frivola degli istanti trascorsi insieme.

La straordinarietà dell’amore si cela proprio nella inclinazione a conferire eternità a ciò che è destinato a sfuggire.

 

 

 

Fonti:
sarascrive.com