Almasri

Il caso Almasri: omertà di Stato o fallimento della giustizia?

Gaetano Aspa
GAETANO ASPA
Attualità
attualità europa giustizia politica universome

Il caso di Najeem Osama Almasri, noto come Almasri, ha acceso un vivace dibattito in Italia e a livello internazionale. La sua vicenda coinvolge questioni di giustizia internazionale, relazioni diplomatiche e polemiche politiche interne. L’arresto, la scarcerazione e il successivo rimpatrio in Libia hanno sollevato interrogativi sull’efficacia delle istituzioni giuridiche sovranazionali e sulle scelte strategiche del governo italiano.

Chi è Almasri?

Najeem Osama Almasri  è generale libico e capo della polizia giudiziaria nel paese nordafricano.

Figura controversa, è accusato dalla Corte Penale Internazionale (CPI) di crimini contro l’umanità, tra cui torture, stupri e omicidi perpetrati nel carcere di Mittiga, vicino a Tripoli.

Il carcere di Mittiga è noto per essere stato il teatro di abusi sistematici sui detenuti in cui Almasri ha un ruolo di primo piano nella gestione di queste atrocità dal 2011 in poi.  Dai documenti dell’Aia, è emerso che le vittime sono almeno 34 persone uccise e un bimbo violentato.

L’arresto, la liberazione e il rimpatrio

Prima del suo arresto in Italia, Almasri ha viaggiato in diversi paesi europei, tra cui Francia e Germania.

Il 19 gennaio 2025, Almasri è arrestato dalla Digos a Torino, in seguito a un mandato di cattura internazionale emesso dalla CPI. La sua presenza in Italia è rimasta per lo più ignota fino al momento dell’arresto.

Solo due giorni dopo l’arresto, il 21 gennaio 2025, la Corte d’Appello di Roma ha disposto la liberazione di Almasri.

La Corte stabilisce che l’arresto è stato effettuato in maniera irrituale, in quanto la Corte penale internazionale non aveva trasmesso tempestivamente gli atti al Guardasigilli, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, come previsto dalla procedura. La Corte d’Appello ha sottolineato che, pur essendo stato informato delle circostanze il 20 gennaio scorso, il ministro non ha richiesto alcuna azione a riguardo, determinando così l’illegittimità dell’arresto.

Dopo il rilascio, Almasri è immediatamente rimpatriato in Libia con un volo organizzato dalle autorità italiane. Atterrato a Tripoli, viene accolto come un eroe, sollevando ulteriori critiche sulla gestione del caso.

 

Almasri
Almasri accolto il Libia. Fonte: associazionemagistrati.it

Le reazioni e le polemiche

La decisione di liberare e rimpatriare Almasri ha scatenato forti reazioni a livello politico e mediatico. Le opposizioni italiane accusano il governo di aver favorito un criminale di guerra per mantenere rapporti strategici con la Libia, in particolare sul delicato tema del controllo dei flussi migratori. Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno espresso indignazione per il fatto che un uomo accusato di crimini così gravi sia stato liberato senza un regolare processo e senza un’adeguata collaborazione con la CPI.

Anche la Corte Penale Internazionale ha reagito con durezza. La sua portavoce ha dichiarato che la liberazione di Almasri è avvenuta senza la dovuta consultazione, mettendo in discussione il rispetto degli impegni internazionali da parte dell’Italia. Questo episodio ha alimentato il dibattito sulla capacità della CPI di far valere i propri mandati di arresto, già spesso ostacolati da questioni politiche e diplomatiche.

Implicazioni politiche e diplomatiche

Il caso Almasri ha avuto ripercussioni sulle relazioni tra Italia e Libia, un paese con cui il governo italiano mantiene rapporti complessi, soprattutto in materia di sicurezza e migrazione. Alcuni osservatori ritengono che la decisione di rimpatriare il generale libico sia influenzata dalla necessità di non compromettere gli accordi bilaterali in essere, specialmente quelli relativi al contrasto dell’immigrazione clandestina.

Tuttavia, questa scelta ha sollevato interrogativi sul rispetto dei diritti umani e sulla coerenza della politica estera italiana. Il governo difende la propria posizione, sostenendo che l’arresto è eseguito in maniera impropria e che, la liberazione, è conseguenza necessaria per rispettare le procedure legali italiane. Ma per molti critici, questa vicenda evidenzia un problema più ampio: la difficoltà di far rispettare la giustizia internazionale in un contesto geopolitico in cui le alleanze strategiche spesso prevalgono sulla tutela dei diritti umani.

L’indagine della Procura di Roma

Il rilascio di Almasri ha portato all’apertura di un’inchiesta nei confronti di alcuni membri del governo italiano. Tra i nomi coinvolti figurano la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, tutti indagati per favoreggiamento e peculato. L’inchiesta ha evidenziato possibili irregolarità nella gestione del mandato d’arresto e nella decisione di rimpatriare Almasri senza un regolare processo di estradizione.

Parallelamente, il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) sta valutando una pratica a tutela del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, il quale ha ricevuto critiche dalla premier Meloni in merito alla gestione del caso. Questo ha acceso ulteriormente il dibattito sul rapporto tra il governo e la magistratura, già teso su altri fronti.

 

Almasri
I ministri Nordio e Piantedosi in aula. Fonte: euractiv.it

 

Questo scenario apre una serie di quesiti giuridici e diplomatici: la giustizia italiana ha agito nel rispetto del diritto internazionale? E, soprattutto, che conseguenze avrà questa vicenda sulla credibilità dell’Italia nei rapporti con la comunità internazionale?

Il caso Almasri rimane un nodo irrisolto tra giustizia, diplomazia e interessi nazionali. Resta da vedere se l’indagine avviata in Italia porterà a nuove rivelazioni o se il caso Almasri diventerà l’ennesimo esempio di giustizia negata in nome della realpolitik.

Gaetano Aspa