Il bosco

Matteo Mangano
MATTEO MANGANO
Inchiostro
bosco racconti scrittura universome

Il bimbo tornava a casa con lo zaino in spalle. L’aria era fredda e secca, il vento soffiava, le foglie cadevano. Gli alberi erano rossi e lui scalciava le foglie mentre camminava. Tornava a casa dopo scuola, in un pomeriggio dove il sole stava piano piano calando e le ombre si allungavano.
Arrivato a casa entrò subitoin camera per gettare a terra lo zaino e buttarsi a letto. Restò a faccia in giù sul materasso per qualche secondo e poi alzò lo sguardo lasciando andare un sospiro: sopra il suo letto stava una mensola con i vecchi libri di suo nonno. Prese il suo preferito, un piccolo racconto d’avventura dove i protagonisti erano trasportati su un’isola nel mezzo all’oceano. Lo aprì su un’illustrazione di un gigantesco mostro, il corpo ricoperto di piume sgargianti, le fauci aperte su denti enormi e giallastri.
Il bambino sentì un rumore alla finestra. Si girò e vide una bambina che lo salutava dall’altra parte. Aveva addosso un maglione ed una sciarpa rossi, lunghi capelli neri, ed un sorriso sgargiante. La guardò con un interesse che sapeva non essere normale e andò ad aprire le ante. “Ciao, ti va di venire con me?” gli chiese. “Dove vuoi andare?” gli rispose il ragazzino. La bimba indicò dietro in alto alla sua destra “Andiamo lì, guarda”, e andò via indicandogli di seguirla.
Il bimbo saltò dalla finestra e si mise ad inseguirla. All’inizio le camminava dietro, ma lei aumentava il passo andando. Si girò indietro e lo guardo sempre sorridendo, “Avanti stammi dietro!” e si mise a correre. “Dove stiamo andando?” “L’albero in cima alla collina” rispose lei col fiatone e guardandolo adesso con gli occhi spalancati.
Avevano superato il prato e adesso si trovarono davanti all’inizio del bosco che saliva sulla collina. “Aspettami!” esclamò lui, e si fermò a riprendere fiato. Il bosco lo avevo sempre guardato da lontano, chiedendosi cosa ci fosse lì dentro: ogni tanto vedeva uno stormo uscire da quegli alberi e si chiedeva sempre se fosse le casa di quelli uccelli e di chissà cos’altro. “Vieni dobbiamo arrivare in alto, manca ancora tanto” gli esclamò da dietro il sottobosco la bambina. Alzò lo sguardo e la vide lì in fondo, ad aspettarlo, con la sciarpa impigliata in un ramo, il viso arrossato e il fiato corto.
Salì verso di lei calpestando le piante per farsi spazio. Appena passò il primo tronco qualunque rumore esterno si fece opaco. Adesso percepiva dei rumori tra gli alberi, appena udibili ma chiari e presenti nella sua mente.
La bambina gli venne incontro correndo, lasciando sul ramo la sciarpa senza accorgersene. “Vieni dai, che aspetti!” gli disse prendendolo per la mano e trascinandolo con sé. Lui la seguì inciampando parecchie volte sulle pietre e spezzando le piante che aveva davanti. Anche l’aria adesso era piena e la luce che proveniva da sopra gli alberi colpiva le foglie in maniera strana dandogli un verde che lui credeva di non aver mai visto.
Si fermarono di colpo, con lei che teneva gli occhi sbarrati e si portava l’indice alle labbra. Si guardò intorno e lo guardò sorridendo a bocca aperta: “Senti?” gli chiese. Si fermò e ascoltò anche lui: era un suono basso in lontananza, tanti esseri che si muovevano. “Sono oltre il picco, possiamo vederli se arriviamo in cima” disse lei e si precipitò via lasciandolo indietro.
Questa volta faticò a starle dietro, lei correva senza preoccuparsi più di nulla, saltando a piè pari i tronchi. Mentre si avvicinavano alla cima la boscaglia si faceva più rada ed un vento freddo aveva cominciato a farsi sentire.
L’albero era solitario lassù, lasciato in pace dagli altri, svettava su tutto. Le foglie di un verde dorato venivano mosse dal vento, le radici sbucavano dal terreno mentre il bimbo saliva. La bambina era già in cima e si sbracciava chiamandolo: “Dai vieni veloce, vieni a vedere prima che vadano via”. Lui le corse in contro, ora eccitato: uno strano odore proveniva dal gigantesco albero che, dolce e pungente, gli riempiva i sensi. Arrivato in cima la bimba andò dal lato opposto del tronco, lui la seguì e insieme guardarono giù: una mandria di animali pascolava nella vallata sotto di loro, i corpi lunghi e pesanti trascinati piano piano dalle loro zampe. Erano quadrupedi, con un lungo collo da cui sporgevano delle sacche che sembravano gonfiarsi col loro respiro. Dal capo fino alla punta della lunga coda erano ricoperti di sottili piume, che colpite dal sole variavano dal verde ad un giallo caldo; alcuni erano avevano tonalità più scure, altri quasi si confondevano con l’erba. Uno di questi animali alzò il collo e barrì profondamente: il bimbo lo sentì forte e chiaro da quella distanza e sentiva che se fosse stato più vicino gli sarebbe risuonato nelle ossa. L’animale cambiò direzione e si allontanò nella direzione opposta a quella da cui lo guardavano i due seduti adesso accanto al tronco sul colle: fu seguito mano a mano anche dagli altri.
Il bimbo guardò lontano e vide alla sua destra che la valle che stava osservando andava a finire verso un mare che non aveva mai saputo essere lì. Vedeva appena la spiaggia da lì lontano, ma scorse un gruppo di animali muoversi laggiù e prendere il volo subito dopo. Venivano verso di lui, probabilmente avrebbero attraversato il bosco che aveva appena passato. “Non c’era tutto questo” si ritrovò a dire senza rivolgersi a nessuno, poi guardò la bambina: i suoi occhi erano verdi e dentro la sua iride sembrava scorrere qualcosa che gli faceva cambiare colore, come un fiume che lento si muove. Il bambino la guardò meravigliato e spaventato allo stesso tempo, lei gli sorrise e portò di nuovo lo sguardo lontano oltre l’altura su cui si trovavano. “Bello vero?” disse lei.

 

Matteo Mangano