Virginia Woolf Fonte: https://images2-wpc.corriereobjects.it/4EQEnLx5DANOVUokXcOmxUX4ZhU=/fit-in/1110x843/filters:format(avif):quality(60)/style.corriere.it/assets/uploads/2021/03/virginia-woolf.jpg

La Signora Dalloway: un ritratto della vita e del dolore di Virginia Woolf

Ilaria Basile
ILARIA BASILE
Cultura
salutementale VirginiaWoolf

Una vita tra arte e tormento: le origini di Virginia Woolf

Virginia Woolf è una delle figure più iconiche e influenti della letteratura moderna.

Nata il 25 gennaio 1882, in una famiglia di intellettuali, crebbe in un ambiente stimolante ma complesso. Suo padre, Leslie Stephen, era un rinomato saggista e accademico, mentre sua madre, Julia Prinsep Stephen, era una modella per i pittori preraffaelliti. Julia si dedicò alla famiglia, ma la sua vita fu segnata dalla malattia e dalla morte prematura, avvenuta nel 1895, quando Virginia aveva solo tredici anni.

La morte della madre ebbe un impatto devastante sulla piccola. Ne soffrì profondamente e ne parlò in molte delle sue opere, considerando il loto rapporto come una delle esperienze più formative e dolorose della sua vita.

Virginia crebbe circondata da fratelli, sorelle, fratellastri e sorellastre, stringendo un legame speciale con il fratello Thoby. Insieme fondarono l’Hyde Park Gate News, un giornale casalingo prodotto tra il 1891 e il 1895.

Tuttavia, nel 1906, anche Thoby scomparve prematuramente, segnandola intimante.

Anche con la sorella Vanessa, futura pittrice, Virginia mantenne un rapporto stretto e intenso.

L’origine della malattia mentale di Virginia Woolf è intrinsecamente legata ai traumi subiti fin dalla tenera età.

Dall’età di sette anni, infatti, fu vittima di abusi incestuosi, da parte dei suoi fratellastri George e Gerald, entrambi di circa vent’anni più grandi di lei.

A partire dai dieci anni, Virginia iniziò a parlare e scrivere apertamente del dolore che aveva subito.

Le violenze continuarono fino all’età di ventiquattro anni, lasciando cicatrici indelebili sulla sua psiche.

Queste esperienze drammatiche contribuirono allo sviluppo di una grave malattia mentale, diagnosticata successivamente come disturbo bipolare. Una condizione che ebbe delle ripercussioni sulla sua vita personale e il suo straordinario percorso creativo.

Nel 1912, Virginia sposò Leonard Woolf, con cui diresse la casa editrice londinese The Hogarth Press, destinata a pubblicare alcune delle opere più significative del Novecento.

Virginia Woolf e il marito LeonardFonte: http://www.pennaecalamaro.com/wp-content/uploads/2018/01/virginia-and-leonard-woolf-768x384.jpg
Virginia Woolf e il marito Leonard
Fonte: http://www.pennaecalamaro.com/wp-content/uploads/2018/01/virginia-and-leonard-woolf-768×384.jpg

La loro abitazione  divenne un punto di incontro per il celebre Bloomsbury Group, un circolo di intellettuali che ridefinì il pensiero culturale e artistico del XX secolo.

Virginia Woolf e l’emancipazione femminile nella scrittura

Virginia Woolf fu una fervente attivista nei movimenti femministi, sostenendo con passione il suffragio femminile e l’emancipazione delle donne.

Le sue opere, fortemente influenzate da queste convinzioni, esplorano ripetutamente il tema dello status intellettuale femminile e quello del suo ruolo nella società.

Tra i suoi scritti più significativi spicca Una stanza tutta per sé (1929), opera in cui affronta con profondità il rapporto tra le donne e la scrittura.

Celebre è il passaggio in cui scrive:

Chi mai potrà misurare il fervore e la violenza del cuore di un poeta quando rimane preso e intrappolato in un corpo di donna?

Questo libro, ambientato a Cambridge, rappresenta la sua riflessione più intensa sul potenziale creativo delle donne e le difficoltà che incontrano nel realizzarlo.

La lotta interiore: la salute mentale e l’impatto creativo 

Nei suoi romanzi, Virginia Woolf riversava il suo male di vivere e la sofferenza dell’esistenza umana, trasformandoli in arte letteraria. In questo senso, scrivere diventava per lei una forma di terapia, un modo per evadere dal suo malessere interiore, per farlo emergere e tradurlo in parole, in arte.

I suoi disturbi mentali, infatti, non solo influenzarono profondamente la sua vita, ma anche la sua opera.

Il monologo interiore, da cui scaturisce il flusso di coscienza dei suoi personaggi, è una tecnica distintiva e frequentemente utilizzata dalla Woolf nei suoi romanzi, tra cui La signora Dalloway (1925), Gita al faro (1927) e Le onde (1931).

Quest’ultimo, in particolare, è il romanzo più sperimentale, dove le voci dei personaggi si intrecciano, si rincorrono, mescolandosi e confondendosi l’una con l’altra.

Un personaggio particolarmente complesso e affascinante ne La signora Dalloway è Septimus Warren Smith, un veterano della Prima Guerra Mondiale che, segnato dalla morte del suo migliore amico, avvenuta sotto i suoi occhi, è tormentato da gravi disturbi mentali.

Se Clarissa Dalloway, protagonista del romanzo, rappresenta la parte visibile e superficiale di Virginia Woolf, quella perfezionista e ben integrata nella società britannica dell’epoca, Septimus ne incarna, invece, l’aspetto maschile, oscuro e tormentato.

Le storie dei due personaggi si intrecciano durante la giornata del compleanno di Clarissa, sfiorandosi senza mai congiungersi, ma dando l’impressione di appartenere a un’unica anima, come due facce della stessa medaglia. Come la vita e la morte.

Le voci della mente: il suicidio di Virginia Woolf e il suo legame con Leonard

Il 28 marzo 1941, Virginia Woolf,  dopo aver completato il suo ultimo romanzo, Between the Acts, scivolò nuovamente in una depressione simile a quelle che l’avevano già afflitta in passato.

L’irrimediabile scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la distruzione della sua casa a Londra aggravarono ulteriormente il suo stato d’animo, facendola sentire incapace di proseguire con il suo lavoro.

Sentendosi sopraffatta, decise di lasciare la sua dimora.  Chiuse a chiave il cancello del giardino, come se volesse allontanarsi per sempre, e si incamminò verso il fiume Ouse. Lungo il cammino, raccolse alcuni sassi, che mise in tasca. Giunta sulla riva, entrò lentamente nell’acqua, e, fissando l’orizzonte, si lasciò affogare. 

Prima di compiere il gesto estremo, scrisse una lettera commovente al marito Leonard:

Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire le voci, e non riesco a concentrarmi. Sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere.

 

Fonti:
https://180gradi.org/libri/martina-cancellieri/virginia-woolf-e-il-disturbo-bipolare-tra-clarissa-e-septimus
https://www.ilpiacerediraccontare.it/2024/03/28/ecco-perche-e-cosi-importante-virginia-woolf/