Fonte: Walt Disney

Mufasa: come il “Cerchio della Vita” iniziò a ruotare

Marco Castiglia
MARCO CASTIGLIA
Film
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Il mese di dicembre ha ufficialmente aperto la stagione invernale dei grandi attesissimi appuntamenti nelle sale, da Diamanti, l’ultimo capolavoro di Özpetek, a Conclave con il suo cast d’eccezione, fino a Una notte a New York. È al grande universo della Disney però che appartiene uno dei titoli più attesi, si tratta ovviamente di Mufasa che, con un cast di voci eccezionali e una storia perfettamente studiata ed emozionante è riuscito a far breccia nei cuori di grandi e piccini.

Fonte: Walt Disney
Taka e Mufasa cuccioli in una scena del film

Il prequel/sequel che ci meritavamo

La storia si presenta come un prequel e al tempo stesso un sequel del classico d’animazione Disney del 1994 (riproposto in live-action nel 2019) Il Re Leone. Simba e la compagna Nala sono pronti ad affrontare un viaggio attraverso le intemperie che caratterizzano la stagione delle piogge africana e ovviamente non possono rischiare di far intraprendere questa pericolosa avventura anche alla loro piccola Kiara, sarà questo il motivo per cui sarà lasciata in custodia a Timon e Pumbaa e soprattutto al saggio Rafiki che le racconterà la storia di quelle che furono le origini di suo nonno, il grande re Mufasa e di Taka, colui che divenne suo fratello, il “principe” meglio noto come Scar.

È un racconto che riesce a sorprendere anche il pubblico più esperto quello che Rafiki ci porta, un racconto incredibile che ci mostra quanto siano lontane le origini di Mufasa da Milele, la futura Terra del Branco, una storia profonda che ci racconta di un orfano senza neanche una macchia di sangue regale che trova un fratello col quale ne nasce un rapporto così meraviglioso da far venire il magone, sapendo già l’esito finale della loro storia. Di fatto una storia che spiega perfettamente non solo come Taka è diventato Scar ma da cosa è nata la sua sete di potere, nel suo branco, prima di conoscere Mufasa ed affrontare gli “emarginati” era lui ad essere destinato a diventare il re. Le origini di Zazu legate a Sarabi e quelle dello stesso Rafiki completano l’emozionante quadro di grandi rivelazioni.

Mufasa: Dietro le quinte della savana

Reduce dal successo ottenuto nel 2019 con il live-action del lungometraggio animato del 1994 la Casa di Topolino ha ben pensato di realizzare per questo sequel/prequel un film a tutti gli effetti senza far uso dell’animazione né moderna né tantomeno tradizionale. Una decisione che ha scaturito non pochi timori al lancio del film sulla memoria di ciò che fu quel live-action de Il Re Leone, un grande successo. Successo che ha però messo a dura prova la produzione in CGI dei personaggi che a suo tempo non è riuscita a restituire nei volti realistici degli animali le espressioni dei personaggi animati, timori scampati nel momento in cui questo nuovo film ci ha portato a conoscenza dei grandi passi da gigante fatti in pochi anni dalla CGI che ci ha regalato stavolta delle espressioni animali degne, nonostante si trattasse di un film, dell’animazione Disney.

C’é da ricordare come dietro un film del genere vi siano anche delle voci straordinarie, un cast di voci che vede il ritorno di Marco Mengoni nei panni di Simba dopo il live-action del 2019 e anche di Edoardo Leo e di Stefano Fresi nei panni di Timon e Pumbaa e di Elisa (e di Beyoncé nella versione originale) nei panni di Nala, e poi, tra le nuove voci la meravigliosa Elodie nei panni di Sarabi, Luca Marinelli nei panni di Mufasa e Mads Mikkelsen che nella versione originale presta la voce al perfido Kiros e ovviamente tra le varie voci non poteva mancare il commovente tributo a James Earl Jones, la voce originale di Mufasa nel classico del 1994 e nel suo live-action del 2019.

Fonte: Walt Disney
Mufasa e Taka in una scena del film

Un’eco più del 1994 che del 2019

Complici anche i già citati progressi della CGI, questo film si è sorprendentemente e piacevolmente dimostrato molto più legato al classico d’animazione originale che al suo remake live-action, lo dimostrano in primis i caratteri dei vari personaggi come la stravaganza di Rafiki marcata qui quanto nel lungometraggio animato, i tempi comici di Zazu anche questi ultimi molto più fedeli al lungometraggio del 1994 che al suo live-action del 2019 ma soprattutto il sarcasmo di Taka che si manifesta dall’inizio fin proprio alla fine perfettamente fedele e in linea con quello dello Scar originale del capolavoro animato mentre nel live-action assistiamo ad uno Scar profondamente oscuro ed estremamente malvagio, sempre di Rafiki abbiamo poi il legame col suo bastone che, esattamente come in questo film una volta trovato, nel lungometraggio animato non lo lascerà mai mentre nella versione live-action ne farà uso solo alla fine. A farci emozionare poi all’accostamento con l’opera originale abbiamo il legame che si stringe tra Mufasa e Rafiki, la bontà di Mufasa, la nascita della Terra del Branco, la cicatrice di Scar, l’amore tra Mufasa e Sarabi e poi la presenza di Kiros, un villain tanto malefico quanto brillante in puro stile Disney.

Il distacco dal precedente live/action

Ben pochi sono invece i legami con il live-action del 2019 dove addirittura Zazu racconterà un aneddoto di Mufasa cucciolo così come Scar che narrerà un avvenimento di Mufasa anche quest’ultimo avvenuto in tenera età nelle Terre del Branco, informazioni anacronistiche rispetto a quanto narrato in questo ultimo prequel, unico elemento che vede effettivamente legati i due film è il rapporto sentimentale di Taka/Scar nei confronti della regina Sarabi e l’accenno che nel live-action del 2019 viene fatto di un precedente scontro tra Taka/Scar e il fratello Mufasa.

Fonte: Walt Disney
Mufasa, Rafiki, Zazu, Taka e Sarabi diretti verso la luce

La perfezione non esiste, neanche in Mufasa

Tuttavia c’è da dire che anche un film così ben costruito presenta i suoi piccoli buchi nell’acqua, se da un lato abbiamo infatti delle meravigliose e nuove rappresentazioni del paesaggio africano e l’originale idea di fare dei leoni bianchi gli antagonisti avversari degli altri leoni “classici” dall’altro abbiamo la strana idea per quanto scenograficamente riuscita di far passeggiare dei leoni su delle montagne non solo innevate ma addirittura colpite da potenti tempeste di neve, idea che ha fatto suscitare non poche domande al pubblico così come le ha fatte scaturire l’idea di aggiungere delle iene ad acclamare Mufasa come il nuovo re tra gli altri animali, proprio le iene, in natura rivali dei leoni e soprattutto antagoniste principali del lungometraggio originale al fianco di Scar (si può presumere che Scar si sia alleato con loro nell’arco di tempo che va dai fatti narrati in questo film all’inizio del lungometraggio originale).

L’elemento di cui più si è risentito però sono senza alcun dubbio le musiche, uno degli elementi che ha da sempre reso Il Re Leone così memorabile sono le musiche, grandi musiche indimenticabili che hanno fatto la Storia e che qui vengono quasi completamente a mancare. Si canta molto anche all’interno di questo film ma trattasi di pezzi facilmente dimenticabili che certamente non lasceranno il segno così come hanno fatto altre melodie di casa Disney, de Il Re Leone nella fattispecie.

Un capolavoro per tutte le età

In ogni caso comunque si tratta questo dell’ennesimo bersaglio perfettamente centrato di casa Disney, un film che al di là dei rimandi al film originale è in grado di emozionare e divertire, un capolavoro per tutte le età, brillante, preciso e straordinario che merita assolutamente di essere visto.

 

Marco Castiglia