Giurato numero 2, il potente addio di Clint Eastwood al cinema

Francesco Pio MagazzÙ
FRANCESCO PIO MAGAZZÙ
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Giurato numero 2 l’ultima pellicola del 94enne Clint Eastwood, è un’ode al grande cinema e una profonda riflessione sul concetto di giustizia. L’addio alla regia di uno dei più grandi registi di sempre.

Giurato numero 2 l’ultima pellicola del 94enne Clint Eastwood, è un’ode al grande cinema e una profonda riflessione sul concetto di giustizia., – Voto UVM: 5/5

Chi è il giurato Numero 2?

Justin Kemp, un futuro papà con un passato da alcolista, è convocato come giurato in quello che sembra essere il processo con il più facile dei verdetti. Un omicidio, quello della giovane Kendall Carter, che non ha alcun segreto. La vittima sembrerebbe essere stata picchiata e gettata in un burrone dopo una violenta discussione con il suo ragazzo, un ex membro pentito di una gang di quartiere. Non sembra esserci alcun ragionevole dubbio per i 12 giurati fin quando Justin, il giurato numero 2, si rende conto che il colpevole della morte della giovane Kendall è proprio lui. La tragedia, avvenuta un anno prima, è frutto di un tragico incidente sotto la pioggia dove ad essere urtata dalla macchina di Justin non è un cervo ma la povera Kendall.

Giurato numero 2 Regia: Clint Eastwood Distribuzione: Gotham Group, Malpaso Productions

Un dilemma morale 

Il giurato numero 2, un giovane in procinto di diventare padre, si trova di fronte al più grande dilemma morale della sua vita. Confessare scagionando l’imputato, dovendo però rinunciare alla sua vita visto anche il passato da alcolista, o mantenere il segreto ma condannare un innocente all’ergastolo? È questo il dilemma che muove la pellicola, l’ennesima pellicola dove Clint Eastwood affronta temi morali e lo fa con il punto di vista della persona comune. Se in “Million Dollar Baby” Clint rifletteva sul senso della vita chiedendosi e chiedendoci con grande coraggio quale fosse la cosa giusta da fare, in Giurato Numero 2 è il significato stesso di giustizia ad essere messo in discussione.

Le riflessioni morali trovano forza nelle immagini di Giurato Numero 2

Nessun elemento è lasciato al caso, ogni immagine ha un significato che va oltre a ciò che vediamo e che contribuisce a rendere la pellicola un’ode al grande cinema. La prima scena ritrae la dea Bendata Themis, dea della giustizia che brandisce in una mano una spada e nell’altra una bilancia, seguita dall’immagine di una donna anch’essa bendata ma questa volta guidata da un uomo. Justin che viene lasciato al buio dalla moglie che spegne la luce, i flashback che ci mostrano chiaramente i punti di vista oggettivi e soggettivi di quello che è successo nella notte della morte della giovane Kendall. Sono tutte immagini pregne di significato che trasmettono allo spettatore enormi spunti di riflessione celati proprio sotto il nostro sguardo a volte distratto.

Giurato numero 2, quando la giustizia è soprattutto umana

Una delle riflessioni più importanti del film è quella sul concetto di giustizia. Il sistema giudiziario americano, prevede la presenza di una giuria che deve valutare se esiste o meno il ragionevole dubbio che l’imputato non sia colpevole. Ed è nella costruzione della giuria che Clint Eastwood mette in discussione la giustizia umana. I 12 membri, Justin compreso, appartengono a ceti e categorie sociali diversi. C’è chi dà più importanza al ruolo in sé più che all’esito del processo, c’è chi non vede l’ora di tornare a casa, chi condanna a priori l’imputato per il suo passato nelle gang e chi si pone il ragionevole dubbio perché non convinto del tutto dalle prove mostrate dall’accusa. Ed è in questo mix sociale e psicologico magistralmente descritto dal Eastwood che Justin, il giurato numero 2, tenta di convincere gli altri giurati dell’esistenza del “ragionevole dubbio”.

La giustizia è bendata, ma spesso lo sono anche le persone

Clint ancora una volta, come già fatto in “Mystic River” e “Flag of our Fathers”, mette in dubbio la capacità di giudizio umana. E questo non lo vediamo solo con la giuria. Il pubblico ministero sotto elezioni che ha bisogno di chiudere velocemente il caso, la polizia che si accontenta della prima spiegazione plausibile, l’opinione pubblica che vuole un colpevole sono esempi emblematici di quanto la giustizia possa essere vittima della miopia umana. Lo stesso Justin, egoisticamente, non agisce per la salvezza dell’innocente ma quanto per trovare un modo di convivere con i suoi sensi di colpa. Ad essere bendate quindi sono anche le persone, le quali però non indossano una benda per essere imparziali ma per scegliere più o meno volutamente cosa non vedere.

Una profonda riflessione sulla giustizia

Se in “Richard Jwell” il protagonista cerca di dimostrare di essere innocente, ricercando una coincidenza tra giustizia dei tribunali e sociale, in Giurato Numero 2 la giustizia è astratta e si scinde come un atomo inesorabilmente. A quanti interessa davvero che sia fatta giustizia? D’altronde l’imputato ha un passato violento e Justin è solo un padre di famiglia vittima di una serie di tristi coincidenze. Ed è qui che c’è la vera riflessione del film, ciò che è giusto non sempre coincide con la verità e la giustizia dei tribunali non sempre coincide con la giustizia sociale. Giurato numero 2 è un film che riflette sulle scelte, sulla giustizia con un finale duro ma che vede il trionfo della cosa giusta da fare, qualsiasi sia il suo prezzo anche contro la nostra volontà.

Giurato numero 2 Regia: Clint Eastwood Distribuzione: Gotham Group, Malpaso Productions
Giurato numero 2 Regia: Clint Eastwood Distribuzione: Gotham Group, Malpaso Productions

Un cast stellare diretto magistralmente

Il cast di Giurato Numero 2 vanta attori del calibro di Toni Colette (pubblico ministero), J.K Simmons con un ruolo piccolo ma interpretato con tutta la potenza di questo attore e Nicholas Hoult nei panni di Justin e Zoey Deutch che interpreta la moglie. Il film è diretto magistralmente da un 94enne Clint Eastwood che ha ormai raggiunto l’olimpo dei registi di Hollywood. Una pellicola lucida, che non si perde mai e con un comparto tecnico perfetto. Clint Eastwood lascia probabilmente il cinema con l’ennesima opera potente che investe lo spettatore di emozioni contrastanti e che lasciano un segno indelebile e quella domanda ormai ricorrente: Cosa avrei fatto io al suo posto?

 

Francesco Pio Magazzù