Il Gladiatore

Il Gladiatore 2 è l’ennesimo flopbuster?

Carla Fiorentino
CARLA FIORENTINO
Film
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Il Gladiatore
“Il Gladiatore 2 è un’operazione azzardata di cui forse non c’era davvero bisogno, con uno sviluppo piuttosto prevedibile e abusi di cgi, ma al di là degli scivoloni, ha la stoffa di campione d’incassi anche grazie al suo cast stellare.” Voto: 3/5

Ventiquattro anni dopo l’uscita de Il Gladiatore, Ridley Scott consegna al pubblico il seguito del peplum che ha definito la sua carriera e ha ispirato blockbuster del calibro di Troy e videogiochi come God of War, e non per nulla vincitore di 5 premi Oscar nel 2001. 

Si affida a un cast stellare: Paul Mescal, Pedro Pascal, Denzel Washington, Connie Nielsen e Joseph Quinn sono sicuramente nomi di grande attrattiva per il pubblico, infatti Il Gladiatore 2, è uscito solo il 14 novembre scorso ed è già leader dei box office mondiali. Ma c’era davvero bisogno di un sequel?

Sinossi

Anni dopo aver assistito alla tragica morte di Massimo Decimo Meridio per mano  di Commodo, Annone si trova a combattere nel Colosseo come bottino di guerra del generale Acacio, fidato degli imperatori gemelli Geta e Caracalla. Come Massimo, ciò che cerca è la vendetta, e con il destino dell’Impero appeso a un filo, riscopre nel suo passato la forza e l’onore necessari per riportare la gloria di Roma al suo popolo e vincere i giochi di potere dilaganti nella politica imperiale.

Denzel Washington: il suo Macrino è il self made man del sogno americano

In tutta onestà, sembra che ci sia solo un personaggio a muovere davvero la narrazione: il Macrino di Washington è il personaggio più eversivo della pellicola.

Macrino è la personificazione del “sogno di Roma” e parallelamente il self made man del “sogno americano”: partito dalla servitù e arrivato al consolato. Questo parallelismo sottile tra i subdoli giochi di potere della Roma antica e la politica statunitense odierna, effettivamente, aleggia per tutto il film, e l’interpretazione di Washington odora già di Oscar.

Il Gladiatore
Denzel Washington in una scena de “Il Gladiatore 2” di Ridley Scott, Eagle Pictures (2024)

Il Gladiatore 2 : ennesimo “flopbuster” per Ridley Scott?

Per tutto il Gladiatore 2 riecheggia un grido di rivoluzione, ma mai si era vista una rivoluzione tanto semplice: gli imperatori si spodestano praticamente da soli, Annone si convince del suo destino nel tempo di un cambio di scena, Acacio e Lucilla mettono in atto un colpo di stato approssimativo, iniziato e fallito nel giro di pochi frame.

Per il resto, la pellicola è piuttosto prevedibile, tra usi e abusi di CGI nelle scenografie, scimmie mangiatrici di uomini, squali che nuotano nel Colosseo, un Acacio che muore martire alla San Sebastiano, interi eserciti che si fermano ad osservare inermi il duello finale, “legge del più forte” e massime morali. La scelta di rappresentare un oltretomba medievale contrasta col contesto. Vediamo una morte incappucciata raggiungerlo in una sequenza subacquea che, a dire la verità, sembra un p0′ una pubblicità. Forse preferivamo il sogno di Roma quando era ancora un sogno.

Il Gladiatore
Una scena dal film “Il Gladiatore 2” di Ridley Scott (2024)

I veri eroi del Gladiatore 2 stanno dietro la cinepresa

Al di là degli scivoloni, truccatori e costumisti risultano impeccabili e condividono grandi meriti con gli scrittori .

In mancanza di un catalizzatore forte come il Massimo Decimo Meridio di Russell Crowe, si è giocato molto sulla moltiplicazione: le caratteristiche prima proprie solo di Massimo, sono qui distribuite tra Annone e Acacio. Anche Commodo viene duplicato attraverso Geta e Caracalla. 

Il film è sia speculare che antitetico a quello originale, che finiva nei Campi Elisi con la mano di Massimo che accarezza le spighe di grano, qui invece quel grano è stato raccolto da Annone e simboleggia il passaggio di testimone tra padre e figlio. 

I colori sono ad alto contrasto: dal giallo ocra della Numidia all’oro e al nero che circonda le facce pallide degli imperatori in Senato. La scelta di rappresentare le naumachie che, per davvero, avevano luogo nel Colosseo ai tempi del fasto di Roma e le citazioni intrise di letteratura classica, sono poi delle chicche che, squali a parte, meritano plauso.

Il Gladiatore
(da sinistra) Pedro Pascal e Joseph Quinn in una scena de “Il Gladiatore 2” di Ridley Scott, Eagle Pictures (2024)

C’era davvero bisogno di un sequel de “Il Gladiatore”?

Si tratta di un’operazione azzardata di cui forse non c’era davvero bisogno, ma che si allinea con la tendenza dell’ultima fase della carriera di Scott: con House of Gucci e Napoleon, il regista resta sempre in equilibrio sul sottilissimo confine tra epico e ridicolo volontario. 

Dopotutto, segue anche il vizio più recente tra i prodotti hollywoodiani: l’industria dell’intrattenimento americana non si è mai davvero ripresa dalla “existential crisis” cominciata con la pandemia, che è diventata quella di un modello economico intero e di una Hollywood che prende sempre di più le sembianze di un’industria qualsiasi. Al momento, proporre soggetti nuovi resta un rischio, e perciò si punta sul riproporre nuove avventure di personaggi già noti, di flopbuster in flopbuster.

Ma in fondo, a Hollywood funziona così da sempre, un periodo di crisi è allo stesso tempo conseguenza e premessa di una serie di successi, dopo una vecchia Hollywood ne verrà sempre una nuova e la ricchezza generata dal cinema commerciale, finanzierà quello artistico. 

 

Carla Fiorentino