Elezioni

Elezioni europee, per i sedicenni la prima volta al voto: ecco dove

Attualità
#Attualità #UvM #UniVersoMe elezionieuropee giovani voto

Siamo ufficialmente entrati nella settimana in cui si terranno, in tutti i Stati dell’UE, le votazioni per eleggere i membri del prossimo Parlamento europeo.

Come sempre, l’Unione indica solo dei criteri di massima da seguire per svolgere le elezioni – per esempio, il metodo per l’assegnazione dei seggi deve essere per tutti proporzionale (e non maggioritario), la soglia di sbarramento non deve essere superiore al 5% (in Italia è del 4%), e la chiamata alle urne deve avvenire tra il 6 e 9 giugno (in Italia si voterà tra l’8 e il 9).

Il resto è quasi totalmente delegato alla discrezione degli Stati membri. Per questa ragione, ognuno decide secondo cultura e sensibilità propria, manifestando diversità di vedute anche su questioni di notevole importanza.

Specialmente sulle scelte riguardo l’individuazione dell’elettorato passivo e attivo si nota una certa divergenza. Qualcuno ha propeso per allargare il diritto di voto persino ai 16enni, qualcun altro ha lasciato che la prerogativa rimanesse dei maggiorenni e altri – pochi altri – risaltano per restrizioni d’età ulteriori.

Vediamo nel dettaglio come si comportano i ventisette.

Voto ai 16enni? Per Germania, Austria, Belgio e Malta sì alle elezioni 

È proprio così, per la prima volta i 16enni potranno partecipare alle elezioni europee in Germania, Austria, Belgio e Malta. Mentre in Grecia la porta è stata aperta anche ai 17enni. Nel complesso si stima che il nuovo elettorato sia di 20 milioni di cittadini.

Solo in cinque Nazioni su ventisette, dunque, potranno votare gli under 18.

Inoltre, riguardo l’età necessaria per candidarsi: è di 18 anni in 15 Stati membri; di 21 anni in Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia; di 23 anni in Romania e di 25 in Italia e in Grecia.

Elezioni europee, l’apertura contro l’astensionismo

Sono vari i motivi per cui alcuni Paesi hanno deciso di allargare il bacino elettorale: cardinale è la volontà di combattere l’astensionismo – pericolo antidemocratico da non dimenticare -, forse secondario – ma non per questo futile – è il tema del coinvolgimento giovanile in senso lato e della forza rappresentativa di questa corposa fazione sociale.

I giovani (gli under 35) – attestano le statistichesono più inclini a recarsi alle urne rispetto agli adulti (gli over 54). Sia perché sono particolarmente speranzosi, vivi e baldanzosi, o sia perché devono ancora rendersi conto della crudeltà del mondo, il dato schietto non è fraintendibile e indica che l’interesse esiste pure tra i nati negli anni ’80, nei ’90 e nei 2000 (contrariamente da come stereotipo vuole).

L’ampliamento del diritto di voto in funzione dei giovanissimi, dunque, molto probabilmente avrà un effetto positivo contro la percentuale degli astensionisti.

Lateralmente, si può pensare che sia vantaggioso che la politica “entri nelle vite degli adolescenti” subito dopo la pubertà – senza dilatare i tempi di incontro – per migliorare il coinvolgimento in ottica futura. Se a 16enni e 17enni si concede la possibilità di votare, questi avranno modo in anticipo di raffrontarsi con il loro dovere civico, iniziando ad avere a che fare direttamente con elezioni, candidati e gestione della cosa pubblica già dal triennio scolastico.

Infine, aumentando il peso elettorale dei giovanissimi si aumenta la loro potenziale rappresentatività. La politica – su tutti i livelli – spesso ignora le esigenze di adolescenti, post-adolescenti e nuovi adulti per semplice calcolo elettorale. Si tende ad accontentare chi vale, in forza dei numeri, maggiormente e non chi può far valere un minor apporto.

Con l’ingresso dei 16enni, l’importanza elettorale delle due categorie – giovani e adulti – portanti solitamente interessi vari e complementari, viene riequilibrata.

È giusto che votino gli immaturi?

Immaturi non è un’offesa, è solo il modo con cui si definiscono, in Italia, gli studenti che ancora non hanno conseguito la maturità scolastica. I 16enni e grandissima parte dei 17enni rientrano nell’etichetta, al di là della reale loro preparazione alla vita e delle loro conoscenze.

Ciò scritto, si può tornare alla domanda, senza la pretesa di trovare una risposta unica e definitiva. Le leggi seguono l’andamento della società, che si conforma diversamente nei tempi e nei luoghi. Nel Belpaese, per questo, è quasi impensabile che ai 16enni possa essere esteso il diritto di voto e il diritto di indirizzare – seppur indirettamente – le scelte politiche sulla vita pubblica.

Cultura popolare ha legittimato che si diventi maggiorenni al compimento dei 18anni, questa età, e non una inferiore, insomma, viene valutata come quella giusta in cui la maturazione individuale abbia raggiunto un livello sufficiente per affermare un individuo formalmente responsabile di sé e formalmente responsabilizzabile per gli altri.

Tuonare oggi che sia opportuno abbassare l’età per la partecipazione elettorale sarebbe estraniante e controsenso rispetto al senso comune. Altrove, ove il senso comune sia di altra natura, si potranno fare altri conti.

Elettorato più vasto, ma di che tipo? Il problema della qualità

Poi c’è un’altra domanda da porsi, che può essere invece validamente assolutizzata per tutti i Paesi. Siamo molto convinti delle positività –  su elencate – di allargare la base elettorale ai 16enni, ma abbiamo opportunamente valutato i lati negativi sulla qualità dell’espressione elettorale?

Si può ritenere responsabile o irresponsabile, secondo cultura nazionale, un 16enne. Non si discute una sola verità a proposito. Certo e naturale però è che la generalità degli individui non può nemmeno aver avuto molto tempo per crearsi una coscienza politica entro i 16 anni di vita.

Siamo nell’era dell’informazione superficiale e del voto a bassa consapevolezza, quando l’emozionalità inficia più della ragione sulle scelte elettorali. Per i giovanissimi, questa condizione di scelta non può che essere persino peggiore, disponendo loro di flebilissime basi culturali e una scarsa dotazione culturale per riconoscere fake news, notizie travisate e personaggi politici solo simpatici rispetto a personaggi politici competenti.

Beninteso, non bastano gli studi universitari per muoversi agilmente presso la mala-informazione italiana. Qualche anno di istruzione supplementare, tuttavia, può emancipare le persone dal totale spaesamento che fisiologicamente si prova.

Gabriele Nostro