Emergenza Climatica: siccità e carenza di cibo piegano l’Etiopia

Redazione Attualità
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OSLO, Premio Nobel per la Pace

Uno dei più grandi Paesi africani è a rischio carestia. La mancanza di acqua e cibo mette a rischio 21 milioni di persone. Uomini, donne, bambini.

La crisi sta investendo l’intero Corno d’Africa, in maniera più drammatica l’Etiopia.
Da ben 5 stagioni non piove in Etiopia. E’ piena emergenza climatica. La fondazione Cesvi, attiva dal 2021 nell’area di Borena lancia il grido di aiuto.

Un’altissima percentuale della popolazione del Paese, ben il 90%, vive nelle zone rurali. L’attività principale è la pastorizia. L’80% del bestiame è morto. Non c’è neppure da perdere tempo a fare i conti.

L’Africa contribuisce con appena il 3% di emissioni nocive al surriscaldamento del pianeta, eppure è proprio lei a pagare un altissimo prezzo.
Le poche piogge durante l’ultimo anno sono state improvvise e torrenziali e hanno provocato alluvioni in tutto il Corno d’Africa.
“Paradosso climatico”, è questa l’accezione data al fenomeno della siccità e a queste violente piogge da Cesvi, che sta tentando di sensibilizzare l’opinione pubblica occidentale attraverso ogni mezzo possibile.

La Fondazione

L’associazione è stata fondata nel 1985 a Bergamo, laica e indipendente, da allora ha operato in Asia, Sud America e, dal 2021 anche in Etiopia.
Nel 1997 opera in Corea del Nord, in risposta alla carestia, inviando navi cariche di cibo e beni di prima necessità da Ho Chi Min, seconda città più importante del Vietnam.
La Cesvi opera a favore delle popolazioni vulnerabili, colpite da colpite da guerre, calamità naturali e disastri ambientali. Lavora inoltre per risollevare le popolazioni in stato di emergenza promuovendo attività di riabilitazione e sviluppo. Valore fondante dell’associazione, si legge sul suo sito, è “che il riconoscimento dei diritti umani contribuisca al benessere di tutti sul pianeta, casa comune da preservare”.
Nel 2001 vince l’0scar di Bilancio, riconoscimento che premia le migliori rendicontazioni annuali.

 

Dottore esamina bambino in Etiopia.

L’Etiopia

L’Etiopia è il decimo Paese africano per estensione (1.104.300 kmq), con una popolazione di circa 120 milioni di abitanti. La capitale è Addis Abeba, situata su altopiano ad un’altitudine di 2047 metri ai piedi della catena montuosa dell’Entotto.
La forma di governo è una repubblica parlamentare federale, suddivisa in 21 stati. Ottiene l’indipendenza nel

40 anni fa un’altra terribile carestia aveva colpito l’Etiopia, provocando la morte di 1,3 milioni di persone. Il famosissimo brano “We are the world” fu scritto da famose star del pop e del rock con lo scopo di raccogliere fondi per una delle più gravi emergenze del continente africano.
Oggi, oltre alla Cesvi e alle Nazioni Unite è Netflix a far sentire la propria voce, mediante il documentario “The Greatest Night in Pop”, che narra gli eventi che hanno preceduto la celebre composizione.

Ma è soltanto la siccità a causare la crisi idrica e alimentare?

La risposta ce la forniscono molti degli Osservatori Internazionali e lo stesso Onu. Causa prima delle carenza di cibo è la guerra che infiamma, e ha infiammato in passato la zona del Tigray, regione a Nord dell’Etiopia e al confine con l’Eritrea. Il conflitto perdura in realtà da ben 50 anni, a causa di velleitarie volontà secessioniste.

Negli ultimi anni sistematiche violazioni dei diritti umani da ambo le parti hanno messo in ginocchio la già vulnerabile popolazione etiope.

Il governo etiope non ha lesinato l’uso di massicci bombardamenti aerei e le sistematiche violazioni dei diritti umani e di guerra dei militari etiopi ed eritrei.
Nel 2021 il Premier Abiy Ahmed Ali riceve un Nobel per la pace, “per i suoi sforzi per raggiungere la pace e la cooperazione internazionale, e in particolare per la sua decisiva iniziativa per risolvere il conflitto al confine con la vicina Eritrea”. Tuttavia la guerra è perdura ancora oggi, tra le forze del governo federale etiope e dell’Eritrea con il Fronte di Liberazione Popolare del Tigray.

In questi anni, spesso, i convogli di aiuti del Programma Alimentare Mondiale sono stati bloccati o assaltati dall’esercito etiope.

Oggi il grido è troppo alto e la necessità è troppo stringente. La carestia sta mietendo le sue vittime al di fuori della regione del Tigray, mettendo in ginocchio una fetta troppo grande di popolazione e di economia, la quale aveva visto una vertiginosa crescita tra il 2004 e il 2008.
Oggi Addis Abeba non può far altro che accettare gli aiuti internazionali, con il vincolo di dirottarli verso ogni zona della Nazione.

Il non-rispetto di questo vincolo non farebbe altro che infiammare a dismisura le parti, innalzando la crisi a livelli impensabili e certamente non auspicabili.

Marco Prestipino