Parole, parole, parole… sul nuovo vocabolario Treccani di Giuseppe Patota e Valeria Della Valle

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Lo scorso 24 maggio si è tenuto presso l’Aula Magna del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne un incontro con la prof. ssa Valeria Della Valle e il prof. Giuseppe Patota, direttori della nuova edizione del Vocabolario Treccani uscito nel 2022. L’incontro è stato organizzato e presentato dal prof. Fabio Rossi, ordinario di Linguistica italiana.

Qual è la novità del nuovo Treccani? La prima che i due professori fanno notare è l’abbandono del vocabolariese, il linguaggio complesso che imperava tra le pagine dei vecchi vocabolari. L’obiettivo? Che il dizionario diventi davvero qualcosa di accessibile a tutti. La novità più grande, però, è senza dubbio la lemmatizzazione dei nomi e aggettivi femminili: di fronte ad avvocato o lettore, infatti, si leggono anche avvocata lettrice. 

Abbiamo avuto la possibilità di intervistare a tal proposito chi ha diretto i lavori.

Il nuovo Vocabolario Treccani 2022

Il coraggio del cambiamento

Alla domanda sul perchè non fosse ancora stata fatta questa scelta, Valeria Della Valle dice: “Forse per mancanza di coraggio. È stata un’operazione non facile da accettare e promuovere. Ma anche perchè forse non c’era ancora stato alla direzione qualcuno che avesse fatto questa riflessione. Era però arrivato il momento di cambiare una tradizione diventata anacronistica.” Nonostante i cinquecento anni di lessicografia alle spalle, infatti, un tale cambiamento era divenuto necessario.

E come avranno reagito i lettori che si sono ritrovati tra le mani questo Vocabolario rinnovato? A rispondere è Giuseppe Patota, che dice “Da una parte c’è stato un accoglimento entusiasta, con presentazioni piene zeppe di ragazzi e ragazze interessatissimi all’argomento. Dall’altra parte, c’è chi ha accusato di aver stravolto la lingua italiana, sebbene l’unica cosa che abbiamo fatto sia stata applicare alle parole un ordine non più fondato sul genere ma sull’alfabeto.”

È indubbio che storicamente l’italiano sia una lingua orientata verso il maschile, ma questo è solo e unicamente perchè la storia di una parte del mondo ha avuto per secoli questa direzione.

Schwa, una questione linguistica

“Lo schwa” dice il prof. Patota “è un tentativo di risolvere un problema che esiste e che è legittimo: la rappresentazione linguistica delle persone che non si riconoscono nei due generi.” Nella risposta il professore e la professoressa non intendono dare sentenze di tipo ideologico, ma soltanto parlare da linguisti. Patota continua “Nella storia della linguistica italiana non è mai successo che una riforma di tipo ortografico abbia avuto successo. Già nel Cinquecento Giovan Giorgio Trissino tentò di inserire nell’alfabeto latino l’epsilon e l’omega per le e ed o aperte, cosa che ad oggi non utilizziamo. Credo infatti che sia possibile intaccare una tradizione (ad esempio con l’inserimento del femminile a lemma), ma che non si possa fare lo stesso con un sistema. Ritengo quindi che il problema sia giusto, ma la soluzione sia inadeguata. Nonostante ciò, chi ha il desiderio di usare la schwa o l’asterisco può tranquillamente farlo.

Della Valle precisa: “La nostra è una perplessità molto pratica, che non ha nulla di ideologico. Invece, le soluzioni proposte che secondo noi sono inattuabili spesso sembra siano su base ideologica a volte anche un po’ integralista e non tollerante.”

Valeria Della Valle e Giuseppe Patota durante la trasmissione “Le parole per dirlo” (Fonte: Rai)

Dire, fare, insegnare: Della Valle e Patota sulla divulgazione

Valeria Della Valle e Giuseppe Patota hanno dedicato una gran parte della loro vita anche all’insegnamento, principalmente universitario, e alla divulgazione, attraverso una serie di programmi televisivi e radiofonici tra cui il più recente “Le parole per dirlo”, andato in onda su Rai3.

Ma qual è il segreto di una divulgazione efficace? Patota inizia con: “Credo che il compito di un professore sia quello di rendere facili le cose difficili, cosa che abbiamo cercato di fare in tanti anni di insegnamento, sia in aule universitarie, ma anche in radio e in televisione.”

Della Valle continua definendo il tutto come un “travaso continuo tra le due esperienze”. “Dover spiegare le cose agli studenti ci ha insegnato ad essere chiari, ma al contempo abbiamo imparato molto anche dalla televisione: non essere prolissi, occupare un tempo sufficientemente breve, accompagnare ciò che si dice con una mimica convincente.” Aggiungono a voci unite una confidenza e un invito: “tutti e due abbiamo il rimpianto di non aver mai fatto un corso di teatro, perchè siamo convinti che una componente attoriale e teatrale sia insita nel nostro lavoro. Consigliamo a tutte le persone che abbiano ancora il tempo di provare a fare teatro!”

La tradizione quindi è qualcosa da abbracciare o da combattere? Forse nessuna delle due, però sicuramente con il nuovo Treccani è stato chiaro che a volte sia necessario intaccarla per progredire!

Giulia Cavallaro