Valerio Pellizzari affiancato dai docenti DICAM Mauro Geraci e Mario Bolognari

L’inviato speciale Valerio Pellizzari si racconta al DICAM

Antonino NicolÒ
ANTONINO NICOLÒ
Attualità
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Il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne ha organizzato due incontri seminariali con il noto inviato speciale Valerio Pellizzari, svoltisi mercoledì 8 novembre (ore 10:30) e giovedì 9 novembre (ore 8,30) rispettivamente in Sala Conferenze e in Aula 16. Nei seminari, rivolti soprattutto a dottorandi e studenti dei Corsi di Studio in Giornalismo e Scienze Storiche, sono intervenuti numerosi docenti del DICAM, con domande che hanno arricchito il dibattito sul ruolo dell’inviato oggi.

Chi è Valerio Pellizzari?

Originario di Verona, Valerio Pellizzari è un giornalista e scrittore. Ha lavorato dapprima come inviato speciale de “Il Messaggero” e poi come editorialista de “La Stampa”. Vanta numerose collaborazioni con le seguenti testate internazionali: International Herald Tribune, Libération, El País, BBC e Al Jazeera. Pellizzari ha seguito per oltre quarant’anni gli avvenimenti che hanno sconvolto l’Europa dell’Est e non solo. È infatti definito “nemico del popolo iracheno” dal regime di Saddam Hussein per aver rivelato i documenti sui prigionieri curdi vittime di esperimenti chimici. La carriera di Pellizzari, inoltre, ha fondato le sue radici anche nel mondo della scrittura. Tra i suoi libri più importanti conosciamo: “In battaglia, quando l’uva è matura” e “Kabul Kabul”, quest’ultimo scritto assieme all’amico Ettore Mo. Pellizzari, infine, è stato insignito del premio “Max David per l’inviato speciale ed è tra i fondatori del Premio Terzani.

Valerio Pellizzari al Festival della letteratura
Valerio Pellizzari, Fonte: Wikipedia

“Chi ha ucciso il nostro inviato? Sulla mutazione genetica del Giornalismo”: il primo incontro seminariale

Nel primo incontro seminariale l’attenzione si è concentrata sulla figura dell’inviato, di come egli è percepito in un contesto giornalistico sempre più velocizzato e se oggi la sua valenza sia la stessa del passato. Pellizzari, dopo aver raccontato diversi aneddoti sulla sua carriera da inviato speciale (dalla nomea di giornalista “anarchico” acquisita in Vietnam all’intervista fatta al presidente dell’Azerbaijan nda), spiega come, ad oggi, la parola “inviato” non esista più, ponendo come esempio la recente Guerra in Ucraina. Tuttavia, non condanna del tutto la circolazione velocizzata delle informazioni, purché queste siano complete e, soprattutto, necessarie. Il baricentro del discorso si è poi spostato sui metodi utilizzati dal giornalista per raccontare un evento. A tal proposito, Pellizzari ha parlato di regole da prefissarsi, come ad esempio la durata dell’intervista (di almeno un’ora). Conclude poi parlando dell’importanza che hanno i primi cinque minuti dell’intervista per dare idea positiva di sé stessi all’intervistato.

Intervista
Fonte: flickr.com @Tais Yastremskaya

“I sette monaci di Tibhirine. Dodici anni di ostacoli per raccontare la verità”: il secondo incontro seminariale

Nell’incontro successivo, Pellizzari ha raccontato il caso dei sette monaci di Tibhirine e dei 12 anni di lavoro spesi per la ricerca della verità. Tutto ebbe inizio da un confronto con Padre Armand Veilleux, che fin dal giorno dei funerali dei monaci ha nutrito forti dubbi sulla faccenda. Dopo svariate ricerche infruttuose, Padre Armand ricevette una lettera da una persona anonima, con la quale Pellizzari riuscì a mettersi in contatto. Dopo nove ore di colloquio, Pellizzari venne a sapere da questa fonte una versione diversa da quella ufficiale. Fu infatti un elicottero dell’esercito algerino che uccise erroneamente i monaci, assieme ai loro sequestratori islamici. Per proteggere l’esercito, dunque, le autorità riesumarono e misero nelle bare solo le teste dei monaci, poiché nei loro corpi c’erano i proiettili che certificavano la colpevolezza dell’esercito. Pellizzari raccontò il fatto in un articolo, non trovando mai reali smentite, neanche dagli algerini stessi.

Facciata Monastero di Tibhirine
Monastero di Tibhirine, Fonte: Flickr.com @Daoud FLITES

Antonino Nicolò