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Caterina

Rubrica Inchiostro
RUBRICA INCHIOSTRO
Inchiostro
caterina inchiostro poesia

Raccolse il cellulare, lo sbloccò e guardò.
Quando la vide il suo cuore sussultò, come era sempre stato.
Indossò le cuffie, lo faceva sempre quando voleva riflettere, sfogarsi o fuggire dalla realtà.
Si chiese se quello fosse amore, ma come poteva avere una risposta? Quando mai l’aveva provato? Quando mai l’aveva vissuto?
Cos’è l’amore? Domanda che una moltitudine di donne e uomini s’è posto almeno una volta nella vita in ogni epoca del mondo, chi trovando una risposta, chi non trovandola mai, chi prendendo la realtà traslandola a sogno.
Sapeva solo che quegli occhi scuri, quei ricci bruni, quelle dita screpolate e mangiucchiate, quel corpo scricciolo eppure così energico, quel sorriso pieno di sogni, quella voglia di vivere erano le cose più belle che avesse mai visto in vita sua.
E lui ne era degno? Era degno di tutto quell’amor di vivere?
Mille volte l’aveva sognata, mille e una s’era svegliato senza di lei, ma nemmeno per un secondo quel nome, Caterina, era scomparso dai suoi pensieri.
L’avrebbe mai incontrata? Le avrebbe mai parlato? Avrebbe mai avuto il coraggio di dire quel “ti amo”?
Forse anche quello era solo l’ennesimo sogno.
Aveva affogato quel sentimento, reprimendolo dietro un “non succederà mai”, ma passavano i giorni, le settimane e i mesi, ed esso riaffiorava più forte e doloroso di prima, e l’agro nella sua bocca constatando l’assenza di lei si faceva cento volte più aspro.
Affogare quel desiderio convivendo col rimpianto, con il “come sarebbe stato se…”, oppure accoglierlo accettando il rischio di veder appassire quel sogno come una foglia d’autunno?
Ancora una volta non trovò risposta, trincerandosi dietro un cuore virtuale che tra altri cento sarebbe andato perduto nell’anonimato.
Rabbia, tristezza, esasperazione, desiderio, attrazione ed esitazione, paura e voglia di rivelare ciò che provava.
Camminava tra decine d’emozioni come un equilibrista su una fune, un equilibrio che era al contempo rifugio e prigione.
E intanto la musica era finita, il suo cuore ancora sussultava, e quel nome gli sarebbe ancora balenato in testa, “Caterina”, finché non avesse deciso di abbandonare la prigione del silenzio, assaporando la libertà del reale, qualunque fosse il suo vero sapore.

Giuseppe Libro Muscarà