L.U.C.A.: un solo antenato per tutti i viventi

Matteo Mangano
MATTEO MANGANO
Scienza & Salute
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Ripercorrendo a ritroso la storia della vita su questo pianeta si nota che questa sembra convergere in un unico punto, rendendo noi organismi complessi fratelli di sangue, anzi di genoma. Tutto si origina da lui: L.U.C.A.

Cos’è e come nasce L.U.C.A.

L.U.C.A, acronimo di last universal common ancestor, è una teoria che riguarda l’antenato comune, da cui discenderebbero tutti gli organismi attualmente esistenti.
Non è detto, dunque, che si tratti del primo essere vivente, né che in principio esistesse solo questo organismo. Ciò che supponiamo è, invece, che tutti gli esseri che oggi popolano il nostro pianeta abbiano lui come antenato.
Ripercorrendo indietro le branche dell’albero della vita, infatti, è possibile notare come queste riportino a un’unica origine.
Per studiare la struttura di quest’organismo è necessario prima comprendere la genetica di tutti gli esseri viventi e capire quali sono gli elementi che hanno in comune. Ciò che sappiamo oggi è che tutti usano le medesime molecole di RNA, DNA e proteine. I mattoni del codice genetico sono universali, dai batteri agli uomini.

Primo modello: simili nell’RNA 

Il primo approccio di cui vi pariamo per trovare L.U.C.A. fu quindi quello di comparare i genomi di tutti gli esseri viventi per trovare i geni condivisi. Uno dei primi a seguire tale strada fu il biologo americano Carl Woese che nel 1977 scoprì gli archea. Si tratta di una delle suddivisioni della vita cellulare e, insieme a batteri ed eucarioti, rappresenta uno dei tre domini dell’albero della vita. Questi convergono in un unico punto, dove noi supponiamo si trovi L.U.C.A. Si tratterebbe di un proto-organismo molto semplice: piccolissime e primordiali molecole di materiale genetico racchiuse all’interno di una membrana che non erano nemmeno capaci di replicarsi efficacemente. Non possiamo, dunque, parlare di un organismo vero e proprio, ma intendiamo L.U.C.A. più come un processo che ha portato alle diramazioni della vita che oggi conosciamo. Durante questo procedimento piccoli pezzettini di RNA venivano mischiati caoticamente senza una vera e propria riproduzione o moltiplicazione di organismi.

Esempio di cellula base Fonte

Secondo modello: ricerca tramite geni

Un’altra via percorribile nella ricerca del nostro antenato comune è quella tramite geni, che tenta di dare una forma a questo organismo partendo dalla genetica che conosciamo oggi, in particolare cercando di capire cosa accomuna i geni di tutti i viventi.
Una ricerca tenutasi negli Stati Uniti nel 2003 ha portato alla conclusione che L.U.C.A. avrebbe posseduto tra 500 e 600 geni per garantire un minimo metabolismo e un genoma che possa essere considerato tale. Non era, però, capace di replicare il DNA.
Si tratta di un numero esiguo di geni che, secondo uno studio del 2006, non coinciderebbe con quello reale, più prossimo a 15000-16000 unità. Questo comporta che la prima unità vivente fosse già molto più complessa di quello che pensavamo. Possedeva un genoma basato sul DNA, ribosomi per tradurre il codice genetico e un metabolismo in grado di spezzare gli zuccheri per ricavarne energia.

Terzo modello: cerchiamo il più antico

Negli ultimi anni sta prendendo piede una nuova suddivisione dell’albero della vita che non sarebbe più costituito da tre rami, ma da due: batteri e archea. Trovare L.U.C.A., quindi, significa oggi ricercare l’antenato più antico, quel gene presente in entrambi. Si tratterebbe di un organismo che viveva in geyser sottomarini e metabolizzava idrogeno e diossido di carbonio in metano.

Geyser marini Fonte

Questa scoperta ha delle ripercussioni sulla nostra vita?

La ricerca sull’argomento, ad ogni modo, è ancora in corso. Vari sono gli approcci al problema e differenti le scoperte cui ognuno di questi porta. Man mano che andiamo avanti, tuttavia, riusciamo a identificare nuovi aspetti che accumunano gli organismi viventi presenti sul nostro pianeta e conosciamo qualcosa in più sui nostri possibili primi passi. Scopriamo di non essere solo simili ai grandi predatori o ai silenziosi roditori dei boschi, sappiamo oggi che anche il più piccolo batterio che si riproduce è in qualche modo nostro fratello.

Alessia Sturniolo e Matteo Mangano

Fonti