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The Palace: che fine ha fatto il genio registico di Polański?

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The Palace è satirico, ma tremendamente troppo. Voto UVM: 2/5

 

Presentato in anteprima alla 80° edizione della Mostra del cinema di Venezia, The Palace segna il ritorno (nonostante la veneranda età del regista, 90 anni) sul grande schermo di Roman Polański , a quattro anni di distanza da L’ufficiale e la spia.

Quando si legge il nome del celebre regista polacco, vengono in mente due cose: le vicende giudiziarie che ha dovuto affrontare (è noto per essere stato accusato di molestie sessuali), e alcune pellicole che hanno riscosso un grande successo (per citarne alcune: Il pianista, Oliver Twist e Carnage).

Quest’ultima fatica, invece, non ha ricevuto un’accoglienza granché positiva, giudicata come una commedia stucchevole e priva di morale.

The Palace: trama

Ambientato il 31 dicembre1999, al Palace Hotel di Gstaad, in Svizzera, il film segue le vicende di un eccentrico gruppo di personaggi durante il giorno che porterà, al rintocco della mezzanotte, all’inizio di un nuovo millennio. La narrazione trova il suo centro nel soggiorno del lussuoso hotel, dove la clientela arriva per passare appunto un ultimo dell’anno indimenticabile. Tra la paura del millennium bug tanto paventato dai media e le assurde e pedanti richieste, Hansueli (Oliver Masucci), il manager dell’hotel, cerca di rimediare costantemente ad una serie di inconvenienti, con la speranza che tutti gli ospiti della struttura possano passare la miglior serata della loro vita.

Per sfruttare la carica satirica della pellicola, il regista ha scelto un cast che, ad eccezione di Mickey Rourke (un po’ in affanno), non è molto noto nel cinema. Tuttavia, spicca il nome di Luca Barbareschi (in veste anche di produttore) nei panni di un ex attore molto goffo e rincretinito dalla convinzione di essere ancora ricordato per le sue performance attoriali, e altri nomi come Fanny Ardant e John Cleese.

The palace
Parte del cast

Estetica del ridiculousness

La quasi totalità dei protagonisti fa dell’eccesso e del ridicolo la loro ragion d’essere. Tra qualche volto di plastica e rimandi continui al consumismo sfrenato, il regista lancia una forte invettiva contro quel tipo di modello dominante di una cultura capitalistica che ha fatto dell’ossessione per la giovinezza, per il fisico e dell’apparenza omologata ai canoni glamour e sovversivi, l’ideologia dominante di una classe sociale considerata altolocata. Tuttavia, i personaggi vengono messi costantemente in ridicolo, forse forzando un po’ troppo la mano.

Una satira che non convince

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Scena tratta dal film

Bisogna ammetterlo: fare satira al giorno d’oggi non è un’operazione semplice. Non semplicemente per via del ridondante politically correct, ma anche e soprattutto per la sua costruzione filmica. In questo film (e duole dirlo), l’umorismo anziché lasciare spazi di riflessione produce un vuoto dal quale sembra impossibile uscirne.

L’albergo trabocca di gente ricca elitaria, rappresentata in maniera eccessiva. Giocando con il grottesco, le situazioni risultano esasperate poiché vengono messi a tutti i vizi insensati, le paure inguaribili e le richieste quasi “odiose”.

Tutto mette in mostra la miseria borghese, ma a guardar bene, emerge una visione troppo morbida, a tratti davvero vetusta ed antiquata di un gruppo sociale “semplicemente” stupido che alla fine non fa poi tanto male a nessuno.

Ciò che manca a The Palace è probabilmente quella mordacità ben calibrata e soprattutto moralistica che da sempre caratterizza la black comedy. Nonostante qualche risata l’abbia strappata, non sembra che traspaia (neanche nelle scene vuote) una morale che lasci il segno, una possibilità di riflettere.

 

Federico Ferrara