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Francia, approvata la riforma delle pensioni senza il voto del parlamento

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La prima ministra della Francia Elisabeth Borne, dopo aver partecipato alla quarta riunione in 24 ore insieme ai ministri del governo e al Presidente della Repubblica francese Macron, ha comunicato all’assemblea nazionale (la più importante dei due rami del parlamento francese) la volontà di voler usufruire del comma 3 art.49 della Costituzione, per forzare l’approvazione della riforma delle pensioni.

L’articolo permette a chi detiene la carica di primo ministro di far approvare un testo di legge in materia finanziaria o di finanziamento al welfare senza passare da una votazione parlamentare, tramite l’approvazione del Consiglio dei ministri.

Una scelta politica molto rischiosa

Proteste nell’assemblea nazionale. Fonte: Il Post / Thomas Padilla

La proposta di legge era passata senza problemi al Senato, dove il governo può contare su una maggioranza più solida, ma il risultato del voto nell’assemblea nazionale si proiettava come molto incerto. Fondamentale sarebbe stato l’appoggio del partito dei Repubblicani (centro-destra), che negli ultimi giorni non si era pronunciato compattamente e che si sarebbe potuto dividere.

Pochi minuti prima di prendere la decisione, Macron ha tenuto colloqui con importanti figure politiche del Parlamento, ma la situazione prospettatagli non dava nessuna garanzia sull’approvazione. Pare che lo stesso Macron avesse descritto, durante il Consiglio dei ministri, come «troppo importanti» i rischi finanziari ed economici nel caso in cui la legge fosse stata respinta.

Con questa mossa di Realpolitik, il Governo mette la sua esistenza nelle mani del Parlamento; nelle 24 ore successive i deputati possono presentare una mozione di sfiducia, che se dovesse ottenere la maggioranza determinerebbe la caduta del governo e il ritiro della legge. In caso contrario, la legge proseguirebbe il suo iter, passando dal Senato e successivamente dall’Assemblea nazionale, dove il governo applicherebbe di nuovo il meccanismo di cui all’articolo 49 della Costituzione.

Ad oggi, è prevista la presentazione di due mozioni di sfiducia, una proveniente dal Rassemblement National di Marine Le Pen e una da sinistra, dalla France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon; tuttavia, la stampa francese è molto scettica sulla possibilità che si arrivi ad una maggioranza in parlamento, visto che il partito dei Repubblicani (il più importante di centro-destra) ha già annunciato che non voterà le mozioni.

La madre di tutte le riforme

La legge in questione ha causato grandi proteste e scioperi all’interno del Paese sin da fine gennaio, per il punto principale che consiste nell’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni. L’aumento di 2 anni si verificherebbe progressivamente, con un incremento lavorativo di 3 mesi l’anno fino al 2030. Ad oggi, il sistema pensionistico della Francia è molto vantaggioso e in media permette di andare in pensione a 63 anni, ma a preoccupare il governo è la sua tenuta.

Durante i dibattiti tenuti in Parlamento negli ultimi mesi,  lo spettro della bancarotta del Paese è stato costantemente brandito dall’esecutivo, con il ministro delegato ai Conti pubblici Gabriel Attal che ha garantito l’aumento di 500 miliardi di debito aggiuntivo nel caso in cui la riforma non fosse stata approvata.

L’attuale Presidente della Repubblica Emmanuel Macron ha definito la riforma delle pensioni come «la madre di tutte le riforme» e sta tentando di legare la sua eredità politica all’esito di questa legge. Lo stesso presidente della Repubblica si è definito “riformatore” (Francia come start-up nation) con obiettivo di trasformare la nazione per renderla più anglosassone: al centro il lavoro e la produttività, considerati fondamentali per rendere la Francia competitiva a livello globale.

I giovani francesi contro la riforma per preservare il welfare state

Questa visione si scontra con l’importanza quasi identitaria che i francesi danno al welfare state. La società francese dà ontologicamente poco valore alla vita lavorativa. A questa caratteristica si è aggiunto il cambiamento che le nuove generazioni di tutto il mondo stanno portando nel rapporto con il lavoro, che è visto più come un ostacolo al benessere della persona. Giovani che hanno avuto un ruolo molto importante negli scioperi degli ultimi mesi, a sottolineare come lo stato sociale riguardi tutta la popolazione e non sia teatro di scontro generazionale.

Alla necessità di trovare fondi per garantirsi pensioni nel futuro, i giovani francesi propongono come soluzione una più aggressiva tassazione  verso i grandi patrimoni.

Giuseppe Calì