Georgia

Georgia: la popolazione civile è riuscita ad ottenere il ritiro di una legge “controversa”

Attualità
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Dopo 3 giorni di proteste, il Parlamento della Georgia ha bocciato in seconda seduta la proposta di legge “sulla trasparenza dell’influenza straniera” (denominata “Russian law” dai manifestanti) con 35 voti a favore e uno contrario. La seconda seduta si sarebbe dovuta tenere il 21 marzo ma la violenza delle proteste e l’attenzione internazionale che hanno provocato, hanno spinto il partito di maggioranza GD (Georgian Dream) ad anticiparla.

La legge, nello specifico

Nel secondo articolo, la legge descrive gli “agenti di influenza straniera” come organizzazioni non governative, emittenti televisive e media agency che ricavano il 20% del loro sostentamento annuale da potenze estere, definite a loro volta come altre nazioni, ma anche come semplici individui e organizzazioni con sede legale situata al di fuori del territorio georgiano. Per la legge, chi rientra all’interno della categoria di agente straniero ha l’obbligo di dichiararsi alle autorità, pena multa di novemila euro.

La parola agente è sinonimo di spia in georgiano, ed i manifestanti temono che l’obbligo di denunciarsi alle autorità pubbliche come spia sottintenda la volontà del governo di controllare il dibattito politico del paese, con l’espediente della trasparenza. Giustificazione che non regge, poiché i media georgiani pubblicano le informazioni riguardanti le loro finanze e donazioni sui loro siti e vengono verificate da enti esterni, molte volte durante l’anno. In secondo luogo, appare evidente che a subire questo trattamento saranno determinate agenzie, con una selezione quantomeno arbitraria.

Come si è arrivati al ritiro

Fondamentali sono state le proteste che hanno coinvolto migliaia di cittadini della capitale georgiana già dalla notte di martedì, dopo l’approvazione in prima lettura della legge. Da subito le proteste si sono caratterizzate per la violenza degli scontri tra cittadini e polizia.

I primi  hanno utilizzato molotov e fuochi d’artificio mentre i secondi hanno risposto con cannoni ad acqua, granate stordenti e proiettili di gomma. L’apice della tensione si è avuto mercoledì, quando i manifestanti hanno tentato l’incursione all’interno del parlamento, prontamente respinti dagli agenti in tenuta anti-sommossa. Giovedì il governo ha annunciato il ritiro senza condizioni della legge (in vista della partecipazione di massa alle proteste) avvenuto ufficialmente venerdì.

In supporto delle proteste, si è espresso anche il Presidente francese Emmanuel Macron, che con un tweet ha sottolineato come il popolo francese sia vicino al grande desiderio di democrazia dei georgiani:

La “Russian law” e l’impetuosità delle proteste in Georgia

Alla base della grande reazione che questa legge ha provocato all’interno dell’opinione pubblica della capitale, ci sono i rapporti tra Mosca e Tbilisi e la voglia di democrazia del popolo georgiano. La Georgia è stata una repubblica sovietica fino al 1991, quando con un referendum il 99% della popolazione ha scelto l’indipendenza.

Nel 2008 la Russia ha invaso il paese, sottraendone il 20% del territorio a causa dell’istituzione di due repubbliche separatiste ( Ossezia del sud, Abcasia). Dal 2012 la Georgia ha come partito di maggioranza il GD finanziato da Bidzina Ivanishvili, un georgiano che ha fatto fortuna in Russia. 

Subito dopo l’invasione Russa in Ucraina, il Paese ha subito fatto richiesta per entrare nell’Unione Europea, richiesta respinta nel giugno del 2022 a causa di alcune criticità rinvenute nel sistema democratico.  La legge, oltre a riprendere in modo evidente una legge introdotta in Russia nel 2012 e responsabile della fine della libertà di stampa nel paese, rappresenterebbe un ulteriore ostacolo nell’ammissione  all’interno dell’Unione Europea poiché accentuerebbe le criticità del sistema democratico, scontrandosi inoltre contro la stessa Costituzione (art.78) georgiana che impone l’adozione di tutte le misure necessarie per garantire l’integrazione Europea della Georgia.

Per i georgiani protestare contro l’adozione di questa legge significa lottare per la loro libertà, contro un nemico (la Russia) dal quale si sono già difesi 15 anni fa e che continua mettere a rischio la loro indipendenza. In questa battaglia, la bandiera dell’Unione Europea rappresenta il sogno di un futuro democratico da difendere con tutte le proprie forze.

Giuseppe Calì