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Miguel Cervantes: una memoria dimenticata

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Fra le tante personalità che ormai sono cadute nell’oblio della memoria cittadina, troviamo quella di Miguel de Cervantes Saavedra.

Uno degli scrittori più importanti del panorama europeo e mondiale di tutti i tempi, autore del Don Chisciotte della Mancia, nato nel periodo messinese dello scrittore spagnolo.

Pillole di vita

Cervantes nasce ad Alcalá de Henares nel 1547, una cittadina vicino Madrid da una famiglia di modesta estrazione sociale. A causa della precaria condizione economica è costretto a spostarsi continuamente. Nel 1570 fugge in Italia per evitare la condanna del taglio della mano, pena computata per aver ferito un certo Antonio de Segura.

Dalla Spagna al soggiorno messinese

Arrivato in Italia, s’impiega come cortigiano alla corte del Ducato di Atri, degli Acquaviva, in Abruzzo. Nello stesso anno, si arruola nella compagnia guidata da Diego de Urbina,  capitano del reggimento di fanteria di Miguel de Moncada, che allora serviva sotto Marc’Antonio Colonna: al figlio di quest’ultimo, Ascanio (divenuto poi cardinale), dedicherà La Galatea.

Nel 1571, è testimone dell’ingresso a Messina di Don Giovanni d’Austria, luogo dove si stavano concentrando le forze navali della Lega Santa per la spedizione contro la flotta turca.  Imbarcato come soldato sulla galea Marquesa, parteciperà alla famosissima Battaglia di Lepanto, dove rimane gravemente ferito, perdendo l’uso della mano sinistra.  Fatto ritorno dalla vittoriosa battaglia, viene ricoverato per sei mesi all’Ospedale Civico di Messina. Lo stesso appellativo Saavedra, che scalzo il suo cognome materno, deriva infatti dalla parola araba shaibedraa, che nello spagnolo dell’epoca significava gergalmente “monco”.

 

Ritratto di Miguel Cervantes. Fonte: libriantichionline

Dall’odissea di Cervantes al ritorno in patria

Nel 1575 parte da Napoli verso la Spagna ma, la nave su cui viaggiava la galea Sol, viene assalita dai pirati. Egli verrà  tenuto in stato di cattività per cinque lunghi anni fino al pagamento del riscatto ad opera delle missioni dei trinitari.  Negli anni di prigionia stringe amicizia con il poeta siciliano Antonio Veneziano, a cui dedicherà un’epistola reinserita nella commedia El trato de Argel.

L’ammirazione da parte di Cervantes per Veneziano, si può dedurre dalla novella El amante liberal, che narra di un prigioniero siciliano che magnificava la bellezza della sua donna con versi sublimi, chiaro riferimento alla Celia di Veneziano. Finalmente liberato con l’aiuto delle famiglia, ritorna in Spagna, vivendo un periodo di umiliazioni e ristrettezze economiche. Dal 1587, si occupa delle provvigioni dell’Armada invencible e poi come percettore d’imposte. La requisizione di un carico di cereali e di beni della curia andalusa, gli valgono ben due scomuniche quell’anno.

Ultimi anni

Nel giro di cinque anni viene arrestato due volte, la prima nel 1597 per bancarotta fraudolenta e la seconda per illeciti amministrativi. Negli anni immediatamente successivi va a Valladolid insieme alle due sorelle e alla figlia Isabella, nata da una relazione con una certa Anna de Rojas. Nel 1605 subisce una nuova vertenza giudiziaria poiché, nelle vicinanze di casa sua, viene ritrovato il cadavere del cavaliere Gaspar de Ezpeleta, facendo cadere i sospetti sullo scrittore. Indagato e subito prosciolto, passa il resto della sua vita nell’amarezza del dubbio che il delitto, possa essere riconducibile alla moralità dei suoi famigliari.

Nonostante i continui stenti segue la corte di Filippo III di Spagna a Madrid, dove si dedica a un’intensa attività letteraria e alla scrittura dei suoi più grandi successi.

Miguel Cervantes muore il 22 aprile del 1616 a 68 anni e viene sepolto nel convento dei Trinitari Scalzi a Madrid. L’ubicazione della tomba di Cervantes perduta negli anni successivi, viene ritrovata nel 2015 e spostata nella chiesa di San Ildefonso.

Incisione di epoca barocca in cui si vede l’Ospedale Maggiore di Messina, opera di Andrea Calamech, attuale tribunale. Fonte: wikipedia

Cervantes, Don Chisciotte e Messina

Lo scrittore e biografo catalano Sebastià Arbò, nel suo Cervantes del 1954, attribuisce al periodo della permanenza a Messina, la nascita del capolavoro di Cervantes il  Don Chisciotte della Mancia e suggerisce l’idea che alcune scene l’autore le abbia riprese dal paesaggio dello Stretto.

Racconta egli stesso: “Per mesi Miguel de Cervantes fu confinato in un letto di ospedale a Messina, aspettando la guarigione delle ferite. […]  Desiderava ardentemente la pace della campagna siciliana per fargli dimenticare l’incubo della violenza che si celava dietro di lui. […] La sua immaginazione univa i ricordi di questi giorni felici in Sicilia con le impressioni della campagna andalusa, e da qui creava la scena del suo Don Chisciotte in cui il cavaliere, dopo aver condiviso un pasto scarso con i grezzi e primitivi caprai, parla loro dell’Età d’Oro dell’umanità.” 

Anche l’altra celebre scena di Don Chisciotte dove confonde una triste locanda con un castello incantato, profetizzando vita eterna a poveri e oppressi, sarebbe da accreditare alle fantasie messinesi di Cervantes.  La città di Messina citata nel racconto dello schiavo che, nel passaggio dello Stretto per unirsi alla flotta di Don Giovanni d’Austria, viene fatto prigioniero da Uccialì (il corsaro calabrese convertitosi all’Islam), unico comandante dello schieramento ottomano a sopravvivere allo scontro di Lepanto.

L’oblio della memoria

La storia di Miguel Cervantes e del suo soggiorno a Messina, è solo l’ennesima di tante storie cadute nell’oblio della memoria. Ben più lieta sorte è toccata al Don Giovanni d’Austria, la cui pregevole statua di Andrea Calamech domina il largo di via Lepanto.

Ci auguriamo che ben presto la memoria di personaggi illustri come Cervantes possa prendere il posto che merita nella storia culturale della città.

Gaetano Aspa