Caso Emanuela Orlandi, il Vaticano riapre l’inchiesta

Redazione Attualità
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Dopo le inchieste della magistratura italiana del 1983 e 2008, entrambe archiviate rispettivamente nel 1997 e 2015, si ritorna a parlare del caso del rapimento di Emanuela Orlandi dopo circa 40 anni dall’accaduto. Il promotore di giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi, ha infatti riaperto le indagini. Ha inoltre dichiarato che, con l’aiuto della Gendarmeria, provvederà a riesaminare tutti i dati, le testimonianze, le segnalazioni e i documenti raccolti in precedenza ma tenterà di stabilire nuove piste di indagine per cercare di far chiarezza su uno dei casi di cronaca più oscuri e discussi dello scorso secolo.

La vicenda

Era il 22 Giugno del 1984 e l’allora quindicenne Emanuela Orlandi, figlia di un dipendente del Vaticano, aveva lasciato l’abitazione per recarsi in Piazza Sant’Apollinare per seguire delle lezioni di musica in  programma dalle 16 alle 19. In quell’occasione però accadde qualcosa: circa 10 minuti prima della fine delle lezioni Emanuela, tramite una cabina telefonica, si mise in contatto con la sorella maggiore Federica dicendole che un uomo le aveva proposto di svolgere attività di volantinaggio per un’azienda di cosmetici, la Avon Cosmetics. La sorella ovviamente le ha consigliato di tornare a casa e di parlarne con la madre ma la quindicenne, dopo quel pomeriggio, non farà più ritorno nella sua abitazione. Il padre nelle ore successive, preoccupato per la mancanza di notizie relative alla figlia, andò prima a chiedere informazioni presso la scuola di musica per poi procedere alla denuncia per scomparsa presso il Commissariato “Trevi”.

Da quel momento in poi la famiglia non ebbe più notizie. Nonostante sfrenate ricerche e grande mobilitazione nei giorni successivi all’accaduto arrivarono solo delle chiamate anonime che non hanno ottenuto altri risultati se non quello di complicare ulteriormente la vicenda.

La richiesta di aiuto dei familiari. Fonte: wikipedia.org

L’attentato a Papa Giovanni Paolo II e i possibili collegamenti

Le possibili piste di indagine risultarono molto fumose e confusionarie sin da subito. Non fa eccezione quella che secondo alcuni inquirenti collegherebbe in maniera diretta il tentato assassinio di Giovanni Paolo II al rapimento della quindicenne. Il nesso tra le due vicende comincia ad assumere credibilità quando il 5 Luglio del 1983 la sala stampa del Vaticano ricevette delle telefonate anonime che facevano riferimento ad uno “scambio di prigionieri”: Emanuela Orlandi in cambio Mehmet Ali Ağca, l’uomo che nel 1981 provò ad uccidere con due colpi di pistola Papa Wojtyła.

Tutt’ora è difficile capire il significato di quelle telefonate e cogliere la rilevanza di determinate informazioni. Il comportamento di Ali Ağca negli ultimi anni – adesso è un uomo libero, vive in Turchia – ha alimentato ancor di più i dubbi. Una volta scarcerato ha iniziato ad avere contatti con il fratello di Emanuela, Pietro, comunicandogli ripetute volte di sapere la verità. In una recente apparizione in una trasmissione televisiva ha dichiarato:

«Se il Vaticano vuole domani Emanuela ritorna. Per 40 anni è stata nelle mani di persone affidabili che non hanno fatto nessun male ad Emanuela. Ve lo garantisco.»

Il fratello della ragazza, da sempre impegnato in prima linea al fine di scoprire la verità, ha affermato di non credere più alle parole di Ali Ağca dato che si sono dimostrate spesso false, infondate e contraddittorie.

Pietro Orlandi, fratello di Emanuela. Fonte: RomaIt.it

Le ombre del Vaticano

C’è chi sostiene che questa improvvisa riapertura dell’inchiesta da parte del Vaticano non sia una casualità. In queste ultime ore la Santa Sede è stata al centro di numerose polemiche. Dopo la morte del Papa emerito Joseph Ratzinger, il segretario di quest’ultimo, padre Georg Gaenswein, si è lasciato andare a dichiarazioni dal tono accusatorio nei confronti di Papa Francesco. Tra i due il rapporto non sembra essere idilliaco e Gaenswein nel suo ultimo libro dal titolo “Nient’altro che la verità” ha «vuotato il sacco». Ecco cosa scrive facendo riferimento all’attuale pontefice:

«A volte, specialmente durante il suo periodo come emerito (di Papa Benedetto XVI), mi sono trovato in situazioni difficili; momenti in cui ho detto: Santo Padre, questo non può essere! Non riesco a farcela! La Chiesa corre contro un muro di mattoni! Non lo so: il Signore dorme, non c’è? Che cosa sta succedendo?»

La situazione negli ultimi giorni sta andando a distendersi complice anche l’incontro privato tra l’ex segretario del Papa emerito e Papa Francesco che parrebbe essere stato risolutorio. Permane comunque il dubbio riguardante l’ordine di far ripartire le indagini poiché potrebbe rappresentare il tentativo da parte dello stato pontificio di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica su qualcosa di positivo. Sembrerebbero dar credito a questa ipotesi anche le parole dell’avvocatessa della famiglia Orlandi, Laura Sgrò:

«Siamo contenti dei nuovi accertamenti. Abbiamo presentato due denunce, la prima nel 2018 e la seconda nel 2019. Non so su quale base abbiano aperto, lo abbiamo appreso dagli organi di stampa. Siamo curiosi di saperne di più anche noi. Reputo che la famiglia Orlandi sarebbe dovuta essere avvisata un po’ prima.»

Nonostante rimangano i dubbi sull’effettiva motivazione per cui il già citato promotore di giustizia del Vaticano abbia deciso di interessarsi alla vicenda proprio in questo momento particolarmente turbolento, si riaccende la speranza che giustizia venga fatta per Emanuela Orlandi.

Francesco Pullella