Blonde: tra Norma Jeane e Marilyn Monroe

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Un film che mette a nudo tutte le fragilità di Marilyn Monroe. Voto UVM: 5/5

 

Ricordo quando da bambina vidi per la prima volta una foto in bianco e nero in cui era ritratta Marilyn Monroe, rimanendo affascinata da quella donna, così bella ed elegante. Il mio pensiero fu: “non vedo l’ora di crescere, di vestirmi e di truccarmi come lei”. Ora sono una giovane donna ma cerco ancora in qualche modo di imitare quel mito tanto amato, non tanto per ricopiarne la bellezza quanto l’interiorità, ancora oggi nascosta ai nostri occhi.

In molti l’hanno definita come “la bionda stupida”, etichettandola con le famose misure 90-60-90. Ma Marilyn, anzi Norma Jeane, era una persona sola, alla costante ricerca dell’approvazione altrui. Voleva sentirsi desiderata e protetta, per questo scelse la carriera di attrice, quel lavoro in cui si è costantemente amati. Non confondete questo suo desiderio con l’egocentrismo, quest’ultimo porta l’individuo a vedere davanti solo se stesso. Vedrete, invece, in Norma Jeane una persona che per la proprie insicurezze è andata a rifugiarsi in Marilyn. Il film però ci fa capire come Norma odiasse quelle attenzioni, le detestava, perché tutti la vedevano solo e unicamente come un oggetto sessuale.

“Oh Daddy, quella cosa sullo schermo non sono io”

 

Ana De Armas (Norma Jeane/ Marilyn Monroe) in una scena del Film. Distribuzione: Netflix. Fonte: Consequence

Blonde (2022)

Blonde è un film del 2022, scritto e  diretto dal regista australiano Andrew Dominik. La pellicola, tratta dal romanzo della scrittrice Statunitense Joyce Carol Oates, ritrae la vita di Marilyn Monroe, la diva per eccellenza, interpretata dalla talentuosa Ana De Armas. Durante la visione però non vedremo la “donna più bella del mondo” ma Norma Jeane, colei che si rifugiò in Marilyn.

L’autrice del libro ha riscritto Marilyn tra realtà e finzione, mettendo a nudo le emozioni della diva e in particolare la sua disperazione. Joyce è rimasta affascinata dal Blonde, queste le sue parole:

Ho visto il primo montaggio dell’adattamento di Andrew Dominik ed è sorprendente, geniale, molto inquietante, e cosa forse ancora più sorprendente, è un’interpretazione completamente “femminista”…non credo che un altro regista abbia mai ottenuto qualcosa del genere”.

La scrittrice ha proprio ragione, Blonde è stato un film non facile da mettere in scena. Il regista ci ha messo ben 11 anni, tra copioni, attori e set. Tutto doveva essere perfetto per reincarnare la “bionda”.

Tra i colori e le ombre di Marilyn e Norma

Il film ha due realtà, quella dei colori e del bianco e nero. Dominik gioca con le luci e le ombre per rappresentare egregiamente il dualismo tra Marilyn e Norma Jeane. Da una lato abbiamo quella finzione creata da Hollywood e dall’altro lato abbiamo invece la disperata realtà che l’attrice viveva. Non è comunque per nulla semplice, quando il film cambia colori, distinguere la realtà dalla finzione. Il regista osa e amalgama il tutto, creando quel dualismo che pian piano va esso stesso ad annullarsi.

 

Ana De Armas (Norma Jeane/ Marilyn) in una scena del film. Fonte: actitudefilm

 

Una vita segnata dalle violenze e da quel lavoro che l’ha resa un’icona, – ottenuto con una vile molestia sessuale – facendola ricordare come una semplice “Bambolina Bionda”, perché ritenuta troppo stupida per ruoli più seri. Nella pellicola vediamo una scena in cui Norma dice di aver letto Dostoevskij e la risposta che si sente dare è: “ah perché tu leggi Dostoevskij?”.

Marilyn e l’amore

“Voglio studiare recitazione, ma recitazione vera. Ma soprattutto, io voglio sistemarmi, come ogni ragazza, e avere una famiglia”

Abbiamo sempre immaginato Marilyn Monroe come una donna forte e indipendente, in fondo lei stessa è cresciuta senza genitori, si è fatta strada da sola. Nel suo viso vedevamo uno sguardo dolce e sensuale, col suo sorriso riusciva a mascherare quella malinconia che l’ha strappata alla vita. Marilyn era una giovane donna, bisognosa d’affetto, che ricercava in quelle svariate storie d’amore un sostegno, quello che non ebbe durante la sua infanzia e adolescenza. Sopportando persino la violenza domestica, accettando delle volte solo l’amore carnale, per sentirsi desiderata e amata anche per un secondo. E di ciò lei era consapevole ma la sua fragilità la costringeva a compiere scelte non giuste verso se stessa.

Nel film vengono presentati i grandi amori di Norma/Marilyn, come Arthur Miller (Adrien Brody), Joe DiMaggio (Bobby Cannavale), e il Presidente John F. Kennedy. Facendoci notare come Norma cercasse di aggrapparsi ad ognuno di loro.

 

Ana De Armas (Norma Jeane/ Marilyn) e Adrien Boy (Arthur Miller) in una scena del film. Fonte: cinema.everyeye.it

 

Chi era Norma Jeane?

Se non fosse Marilyn, chi sarebbe?

Norma Jeane nasce il 1 Giugno del lontano 1926, figlia di una madre mentalmente instabile e di un padre di cui non seppe mai il nome. Norma passò la sua infanzia e adolescenza in varie famiglie, dato che la madre fu dichiarata come “malata di mente”, e quindi incapace di crescere una figlia. Tutto ciò finì per scombussolare Norma. Ve la ricordate la voce nei film di Marilyn? Quella che sembrava un sussurro mischiato col sospiro? Norma Jeane era in realtà costretta ad utilizzare quell’intonazione, difatti, soffriva di balbuzie e il logopedista le aveva consigliato di parlare in quel modo. La vita di Norma fu costellata di abusi e violenze. Norma si rifugiò in Marilyn, si creò un personaggio da tutti amato e desiderato, con lei ottenne quell’amore che non ebbe mai. Marilyn era quella amata, non Norma Jeane.

 

Ana De Armas (Norma Jeane/ Marilyn) in una scena del film. Fonte: news9live

 

Blonde rappresenta la sofferenza e la fragilità di ogni essere umano. Chiunque dovrebbe vedere quest’opera cinematografica e non solo per la magnifica interpretazione di ogni singolo attore. Blonde è un lungometraggio che entra dentro l’animo di ogni spettatore, una piccola perla che mostra la parte più nascosta e fragile di Norma Jeane/Marilyn Monroe, e non “la donna più bella del mondo”. Ci mostra il suo fascino e tutto il suo dolore, proprio quello che  l’industria cinematografica, tra strass e perline, ha voluto sempre tenere nascosto.

Alessia Orsa