“Il signore delle formiche”: una storia che ha segnato la collettività

Redazione Recensioni
REDAZIONE RECENSIONI
Film
cinema elio germano festival di venezia film gianni amelio
Un film profondo che riflette il dramma politico e sociale dell’epoca – Voto UVM: 5/5

 

Ci sono storie che, nolenti o dolenti, segnano il carattere di una società. Nel film Il signore delle formiche il regista Gianni Amelio ci fornisce la rappresentazione del caso realmente accaduto di Aldo Braibanti, giornalista, drammaturgo e poeta accusato di plagio nel 1968, un anno chiaramente segnato da continui scontri nelle maggiori piazze d’Italia ad opera dei movimenti politici estremisti e dalle rivendicazioni dei movimenti studenteschi. L’accusa in realtà, è solo uno specchio per le allodole. Il vero motivo del processo riguardava l’omosessualità di Braibanti.

Il film, che è stato presentato in anteprima alla 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, assume una forte vena critica nel raccontare come si poneva il Paese di fronte al tema, cogliendone tutto lo spirito contraddittorio dell’epoca.

Sinossi

La prima parte della narrazione si svolge nelle campagne emiliane nel 1959, tra le mura del torrione Farnese di Castell’Arquato, dove il drammaturgo crea uno spazio aggregativo per i giovani, che funge anche e soprattutto da laboratorio artistico. Egli, inoltre, è uno studioso di formiche, tanto da ottenere la fama di esperto mirmecologo.

In questo contesto avviene l’incontro con Ettore (interpretato da Leonardo Maltese), un giovane ragazzo che inizia a interessarsi di libri grazie all’influenza dello scrittore. Attraverso digressioni filosofiche sull’esistenza e poesie scritte appositamente per Ettore, tra i due nasce un’alchimia che non passerà inosservata,

Sarà proprio questa la causa scatenante del processo per plagio, portata avanti dalla madre del giovane.

Luigi Lo Cascio. Fonte: Rai Cinema

L’accusa é quella di aver sottomesso alla sua volontà, sia in senso fisico che psicologico, il suo allievo e successivamente compagno. A stabilirlo l’articolo 603 del codice penale che punisce “chiunque avesse sottoposto una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione”. In realtà si tratta solo di un escamotage per celare quella che è un’accusa di omosessualità.

A denunciare Aldo è proprio la famiglia di Ettore che viene portato in un ospedale psichiatrico con lo scopo di sottoporlo a devastanti elettroshock, la “cura” dell’epoca per “guarire” dall’influsso del “diabolico”. Questo particolare viene marcato dalle dichiarazioni della madre durante il processo.

 

Elio Germano. Fonte: Rai Cinema

Spostando la narrazione sul piano giuridico-sociale, il regista ci fornisce un quadro abbastanza chiaro dell’ipocrisia culturale dell’epoca, dovuta soprattutto all’influenza della Democrazia Cristiana.

Solo un uomo e una donna reagiscono all’indifferenza generale e decidono di aiutare Aldo. Uno è il giornalista Ennio Scribani (interpretato da Elio Germano) de L’Unità, che non sarà avulso da continue prese di mira da parte del direttore della testata che intende distogliere l’attenzione dal caso (anche qui, il regista ci ricorda dell’ipocrisia del maggiore partito di Sinistra dell’epoca).

E l’altra è Graziella (interpretata da Sara Serraiocco), giovane attivista politica che manifesta per rivendicare un cambiamento culturale. La particolarità del suo atteggiamento ricorda – per certi aspetti – le mosse del Partito Radicale Italiano i cui principali esponenti furono Emma Bonino e Marco Pannella.

Da premiare, a questo proposito, l’omaggio alla Bonino, realizzato inserendo un suo fermo immagine che scorre brevemente durante il discorso di Graziella all’esterno del tribunale. In merito a ciò, il regista ha dichiarato:

“Ho saputo da Emma Bonino che nel ’68 non faceva assolutamente parte del Partito Radicale. Lei mi ha chiesto:  «Perché vuole me quando potrebbe prendere un sosia giovane di Pannella?»  Perché vorrei raccontare della lotta che hanno fatto i radicali per la storia di Braibanti. Questo partito ha fatto cancellare nel 1981 il reato di plagio. Volevo rendere omaggio al Partito Radicale, mi sembrava più degno far vedere una Emma Bonino come è oggi piuttosto che un sosia di Pannella. “

 

Emma Bonino. Fonte: Rai Cinema

La tragica ipocrisia moderna

“Dietro una facciata permissiva, i pregiudizi esistono e resistono ancora, generando odio e disprezzo per ogni ‘”irregolare’” Non abbiamo sconfitto certi demoni che erano e tutt’ora sono all’interno della società perbenista.”

Con queste parole, Gianni Amelio restituisce allo spettatore il quadro di un’epoca contaminata dalle storture di un pensiero retrogrado che, purtroppo, si è protratto negli anni. Forse oggi potremmo dire che non è più come prima, eppure il film ci invita a non distogliere l’attenzione né la preoccupazione, visti i frequenti casi di omofobia nel nostro Paese.

Dalla fotografia impeccabile di Luan Amelio Ujkaj  all’interpretazione magistrale ed empatica del cast – in particolare Lo Cascio che mostra un Braibanti con la schiena dritta dinanzi le accuse, consapevole del fatto che per certe persone vige il dovere indispensabile di rispettare gli ordini – passando per la costruzione della sceneggiatura e l’ambientazione, Il signore delle formiche ci mostra, un passo alla volta, l’amore verso l’amore, separando l’attrazione sentimentale da quella intellettuale, stimolando la curiosità verso la società di una volta e quella attuale.

Un racconto che funge da canale di istruzione e de-costruzione del paradosso culturale, denunciando il bigottismo e ogni forma di violenza.

 

Federico Ferrara