Il cuore enorme della Terra: un’armonia tutta nostra

Alessia Sturniolo
ALESSIA STURNIOLO
Scienza & Salute
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Che differenza c’è tra noi uomini e gli animali? Molti si sono posti tale domanda.
Alcuni sono riusciti a trovare una maggior ”capacità intellettiva” nella nostra specie, che si dimostra in piccole azioni giornaliere come la possibilità di soffrire e riflettere, l’empatia o un’estrema abilità comunicativa. In alcuni casi però questa domanda perde significato. Troviamo un sentire quasi comune, il cuore enorme della Terra che batte a diverse frequenze, nei corpi di tutti coloro che la abitano. 

Il canto delle megattere

La megattera (Megaptera novaeangliae) è un cetaceo della famiglia Balaenopteridae. Il nome deriva dal greco μέγα πτερόν (grande ala), in riferimento alle pinne pettorali che possono raggiungere una lunghezza pari a circa un terzo di quella del corpo. In queste creature il grado di apprendimento sociale si estende a popolazioni intere. I maschi usano complicati canti per comunicare. Queste melodie durano da dieci a venti minuti e vengono ripetute per diverse ore. Sono caratteristiche di ogni popolazione e ciascun esemplare del branco le conosce e usa.
Uno studio recentemente condotto della University of Queensland e pubblicato su Scientific Reports mostra, però, che tale capacità di apprendimento si allarga oltre i confini della singola popolazione.

Fonte: https://rivistanatura.com

Ascoltando una melodia di onde

Per lo studio, il team australiano ha monitorato due diverse popolazioni di megattere: una vive al largo delle coste orientali dell’Australia, l’altra intorno alla Nuova Caledonia. I ricercatori hanno registrato per sei anni, dal 2009 al 2015, i loro canti. È stato, così, possibile identificare quelli tipici sia degli esemplari australiani che di quelli della Nuova Caledonia, nonché osservare come si è evoluto il loro repertorio in questo lasso di tempo.

Di bocca in bocca

I contatti costanti tra i due gruppi hanno fatto sì che alcuni canti di una popolazione venissero appresi da un’altra ed integrati nei loro spartiti. Dal confronto tra le versioni originali e quelle apprese si è scoperto che le canzoni sono state imparate alla perfezione e riprodotte in maniera identica.
Il processo, peraltro, si è ripetuto con regolarità: ogni anno le megattere cambiavano la loro canzoni e, ogni anno, la popolazione vicina la imparava senza errori. Secondo gli autori dello studio, uno scambio culturale di questa portata (le popolazioni di megattere possono raggiungere i 200 esemplari) è molto raro. Inoltre, i risultati supportano l’ipotesi che le diverse popolazioni di megattere si scambino le canzoni quando si incontrano, per esempio, lungo rotte migratorie comuni.

La mente sensibile degli elefanti

Gli elefanti hanno il cervello più grande tra gli animali terrestri, con una massa superiore a cinque chili. Il volume della corteccia di un elefante permette un enorme ventaglio di processi cognitivi. Il risultato è una capacità neuronale superiore a quella di qualsiasi primate e cetaceo. Ciò si traduce in diversi tipi di intelligenza.
La sua struttura cerebrale è complessa e sofisticata, con più di 250.000 milioni di neuroni. La grande quantità di sinapsi della loro corteccia cerebrale permette di comprendere bene il linguaggio non verbale. Si ritiene che ciò sia associato anche alla loro elevata capacità di imitare anche le persone. Gli elefanti, inoltre, non replicano solo i gesti umani, ma anche i suoni dell’ambiente circostante. 

Fonte: https://www.ildigitale.it

Ricordi e memoria

Le dimensioni dell’ippocampo di un elefante superano quelle di qualsiasi primate.
Si tratta di una struttura cerebrale appartenente al sistema limbico che possiede, tra le altre, la funzione di elaborare alcuni tipi di memoria, come quella spaziale.
L’elefante può usare più dello 0,7% delle sue strutture cerebrali, mentre gli umani di solito ne sfruttano appena lo 0,5%. Ciò permette loro di avere una memoria davvero privilegiata. Questo aspetto è dimostrato in numerosi studi scientifici, ma è visibile anche nei comportamenti allo stato brado.

Il lutto

Gli elefanti manifestano un notevole interesse per gli esemplari deceduti della propria specie. Gli scienziati hanno osservato che gli elefanti piangono i propri morti e, inoltre, continuano a interagire con le carcasse per lungo tempo. In alcuni casi gli esemplari continuano a tornare a mucchi di ossa bianche arse dal sole. A descrivere questi comportamenti è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del San Diego Zoo Institute for Conservation Research e dello Smithsonian Conservation Biology Institute. I biologi, coordinati dalla dottoressa Shifra Goldenberg, hanno condotto uno studio di revisione sulle osservazioni di 32 carcasse di elefante. In alcuni casi è stato osservato il momento esatto in cui un esemplare è morto. Quando è crollato a terra i membri del suo gruppo sono accorsi attorno al corpo provando a sollevarlo e spostarlo con le proboscidi, emettendo vocalizzazioni per richiamare il compagno.
Non è chiaro il motivo per cui gli elefanti si comportino in questo modo, ma sembra che in alcuni casi negli animali sociali non ci sia “accettazione della morte”.
Un recente simile ed emblematico è quello dell’orca che ha trascinato la carcassa del suo piccolo innanzi al porto di Genova per diversi giorni.

Fonte: https://www.animalidacompagnia.it

La Terra e le sue creature

Conoscendo meglio le creature che condividono con noi questo pianeta si amplia la visione di noi stessi. Abbiamo la possibilità di sentire come la muta acqua risponde al canto delle megattere, di osservare come i più grandi mammiferi terrestri si muovono con delicatezza tra le foreste. Siamo parte di quest’armonia, anche quando ci limitiamo a guardarla sbirciando dalle finestre delle nostre case.

Alessia Sturniolo

Bibliografia