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Una tragedia nel catanese: Elena, bimba di 5 anni, uccisa dalla madre. Non si trattava di rapimento

Redazione Attualità
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Non si trattava di rapimento, ma di un orrore ben più grande, che era quasi impossibile immaginare. La piccola Elena, la bambina di 5 anni di Tremestieri Etneo, di cui era stato denunciato un rapimento, è stata trovata senza vita. A macchiarsi dell’atroce delitto, la stessa madre, Martina Patti.

La piccola Elena e la madre Martina Patti (fonte: www.tgcom24.mediaset.it)

La confessione dopo ore di interrogatorio

Dopo una notte di interrogatori, la ventitreenne Martina Patti, madre della bambina scomparsa due giorni fa, ha confessato. La ragazza aveva sporto denuncia per rapimento, raccontando di esser stata assalita da tre uomini incappucciati, di cui uno armato, i quali le avevano portato via la figlia che era lì con lei, circa alle ore 15: dopo aver bloccato la vettura che lei conduceva lungo via Piave, il presunto gruppo l’avrebbe minacciata con una pistola o una mazza, sottraendole poi la bambina e dichiarando di volerla uccidere.

Stamane, alla fine è emerso che la piccola Elena sia stata uccisa proprio dalla madre. Gli inquirenti hanno rivelato di aver protratto per un’intera notte l’interrogatorio: la ricostruzione del tragico avvenimento fatto da Martina Patti aveva suscitato dei dubbi sin da subito. Il rapimento era una copertura dell’omicidio.

Nell’interrogatorio “erano state contestate varie incongruenze“, aveva affermato il pm Carmelo Zuccaro, prima della definitiva dichiarazione confessoria. Sin dall’inizio vi erano molti sospetti, suscitati dalla mancanza di testimoni, oltre lei stessa: l’ipotesi che la piccola Elena fosse stata rapita da un gruppo di uomini incappucciati è stata smentita dalle telecamere di sorveglianza, che non avevano registrato alcun tipo di situazione simile a quella raccontata.

Inoltre, non era stata fatta alcuna telefonata alle forze dell’ordine subito dopo l’aggressione, ma Patti si è direttamente recata, con dei familiari, al comando di Mascalucia per presentare la denuncia. Perciò i Carabinieri hanno insistito con le domande.

Quest’ultima, sotto pressione, dopo ore di interrogatorio, infatti, ha ammesso: “Sono stata io” e “Vi porto da Elena”.

In lacrime, ha così portato gli investigatori nel posto in aveva occultato il corpicino della figlia, un terreno incolto, in via Turati, a circa 600 metri dalla propria abitazione dove viveva da sola proprio con la bambina.

 

Le “anomalie” nella ricostruzione del rapimento

Omicidio premeditato pluriaggravato e soppressione di cadavere: queste le accuse rivolte dalla Procura di Catania alla reo confessa, che è stata trasportata alla casa circondariale di Catania “Piazza Lanza”. Gli inquirenti pensano anche a una premeditazione. Nella prima fase dell’inchiesta, è stato anche contestato il reato di false informazioni al pubblico ministero, avendo mentito.

Martina Patti ha chiarito la dinamica del delitto, anche se non del tutto, dichiarando di aver anche rimosso alcune fasi, come se non fosse realmente cosciente di ciò che stesse facendo. Non ha, invece, svelato il movente.

La donna si è dichiarata unica colpevole del delitto e ha fornito la ricostruzione reale dei fatti, seppur frammentaria: dopo aver preso la figlia all’asilo, aveva deciso di dirigersi a casa della madre, la nonna di Elena, aggiungendo che da quel momento in poi non ricordasse bene ciò che era accaduto. Alla fine ha detto:

Le ho dato un budino, guardava i cartoni, poi l’ho colpita“.

Sul corpicino di Elena, sono stati trovati segni di fendenti inferti un coltello da cucina e forse con un altro oggetto. La bimba senza vita era stata poi trasportata nel luogo del ritrovamento, posta in dei sacchi neri e nascosta nella terra e ricoperta di cenere vulcanica, ma non in profondità.

L’assenza di un riscontro tra immagini di telecamere che attestassero il passaggio di un gruppo armato nell’orario indicato da Patti è stata la conferma iniziale ai sospetti. I carabinieri della sezione Investigazioni Scientifiche stavano svolgendo dei sopralluoghi nell’abitazione della donna, quando questa ha confessato.

La donna non rivela il movente

Il padre della bambina, il ventiquattrenne Alessandro Nicodemo Del Pozzo, recatosi sul luogo del ritrovamento del corpo della figlia è scoppiato in lacrime. Con Martina Patti non vivevano più insieme da tempo. Le stesse indagini hanno rilevato il “quadro di una famiglia non felice, in cui la gioia della figli a non ha compattato la famiglia”. A rivelare quanto detto è stato il comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Catania, il colonnello Piercarmine Sica, il quale ha confermato l’esclusione di un complice nel delitto.

Lo stesso comandante è ritornato sulla questione del movente, non dichiarato dalla reo confessa: gli inquirenti hanno ipotizzato che possa esser stata gelosia, o meglio, la gelosia nei confronti della nuova compagna dell’ex convivente, a cui la figlia si era profondamente affezionata e verso cui dimostrava affetto. Elena sarebbe stata “troppo felice” con i nonni paterni, il padre e la sua nuova compagna.

Ancora si dovrà indagare, nulla è confermato. Intanto, l’avvocato di Martina Patti ha annunciato di voler far visitare l’assistita da uno psichiatra molto noto, per verificarne le condizioni di salute mentale.”.

 

Le dichiarazioni dei nonni e della zia paterna fanno luce su una situazione difficile

I familiari di Elena, da parte paterna, appresa la realtà di quanto accaduto hanno dichiarato che sarebbe stato impossibile immaginare una cosa del genere. “La madre di Elena era una ragazza molto chiusa, ma non riesco a spiegarmi il motivo di quello che è accaduto” ha detto il nonno paterno di Elena.

Avevamo creduto alla storia degli uomini incappucciati: non avevamo ragione di non credere.” ha dichiarato, invece, la nonna paterna, Rosaria Testa, sul luogo del ritrovamento della nipotina. Proprio la donna ha rivelato dettagli che potrebbero confermare il movente della gelosia: Martina Patti sarebbe stata ossessionata con l’ex compagno, il figlio della signora.

Anche la zia paterna di Elena, Martina Del Pozzo, ha apportato racconti che testimonierebbero comportamenti strani da parte di Martina Patti:

“La mamma di Elena voleva incastrare mio fratello. Un anno fa mio fratello fu accusato ingiustamente di una rapina, ma fu scagionato completamente. Quando dal carcere passò ai domiciliari, sotto casa trovammo un biglietto di minacce con su scritto “Non fare lo sbirro, attento a quello che fai”. Mio fratello non sa nulla di nulla. A quel biglietto la madre della bimba ha fatto riferimento dicendo che avevano rapito Elena. Martina disse che quelle persone incappucciate avevano fatto riferimento al biglietto dicendo “non ti è bastato il biglietto? Digli a tuo marito che questa è l’ultima cosa che fa: a sua figlia la trova morta”.”

Del Pozzo era stato accusato di rapina effettuata in una gioielleria di Catania, per cui fu arrestato il 15 ottobre 2020, ma assolto per non aver commesso il fatto. A questo avvenimento, la ventitreenne Patti avrebbe fatto riferimento, nelle prime dichiarazioni, riconducendo il rapimento della figlia – da lei inscenato – a una conseguenza di questo fatto accaduto all’ex compagno. Potrebbe essersi, dunque, trattato di un tentativo di incastrare il ventiquattrenne.

Insomma, la donna fu più volte colta in atteggiamenti strani, come quando, secondo quanto raccontato dalla donna paterna: “Un giorno la mamma le stava dando botte (ad Elena, ndr) e gliela abbiamo dovuta togliere dalle mani”. Però, mai era stata fatta una segnalazione agli assistenti sociali. Il sindaco della cittadina Vincenzo Magra, ha spiegato che a Mascalucia non si conosceva bene la famiglia, perché da pochi anni lì trasferitasi.

Sicuramente questo caso sottolinea, come altri, quanto sia necessario seguire da vicino persone, in momenti fragili della propria vita, come giovani madri, ma anche giovani padri, nelle prime fasi della genitorialità, quando queste si svolgono in condizioni complicate.

Rita Bonaccurso