Cina: i fallimenti della strategia “zero Covid”, città in lockdown e qualità della vita in calo

Attualità
#cina #coravirus #COVID-19 #lockdown #omicron

L’aumento dei contagi da 130mila a oltre un milione in soli due mesi non ferma la Cina dal portare avanti la strategia “zero Covid”. Con questa il paese spera di diminuire, se non azzerare, i casi da Covid-19. La variante Omicron si è però rivelata in grado di superare i rigidi lockdown e le altre misure restrittive attuate, come dimostra il caso di Shangai.

Cosa comportano i lockdown?

La Cina conta attualmente 46 città in lockdown totale o parziale nel tentativo di combattere la variante Omicron, che risulta essere più contagiosa, ma meno aggressiva. Sembra che negli ultimi giorni i contagi siano in calo, ma le misure restrittive si sono rivelate dannose per le condizioni economiche del paese, e soprattutto hanno provocato enormi disagi alla popolazione, la quale continua ad avere una qualità della vita sempre peggiore. Le persone sono costrette a stare in casa con misure quasi detentive, i beni di prima necessità e non hanno prezzi triplicati andando comunque a ruba nei supermercati e i porti in cui avvengono le esportazioni si trovano in difficoltà.

Chi subisce un trattamento peggiore sono sicuramente coloro che risultano positivi agli screening di massa effettuati ogni giorno: trascinati a forza in ambienti appositi molto affollati, i positivi sono costretti a vivere per giorni in scarse condizioni igieniche e ambienti rumorosi.

                                             Strade quasi deserte (fonte: china-files.com)

 

Le misure restrittive di Pechino

La capitale teme di divenire la “nuova Shangai”. Per evitarlo sta attuando delle strette su metro e bus, chiudendo più di 40 stazioni della metropolitana e 158 linee di autobus, la maggior parte delle quali facenti parte del distretto di Chaoyang, l’epicentro del focolaio. I ristoranti si limitano all’asporto, le scuole non riapriranno prima dell’11 maggio, chiudono centri commerciali e hotel mentre musei e parchi hanno una capienza limitata al 50%. Per accedere alla maggioranza dei luoghi pubblici è richiesto un tampone con esito negativo. Intanto viene riaperto l’ospedale di Xiaotangshan nel caso in cui ci dovesse essere un aumento dei casi. Notizie positive, invece, per quanto riguarda la quarantena che deve rispettare chi viene dall’estero: non si tratta più di 14 giorni, ma di 10, seguiti da un’altra settimana di auto-monitoraggio a casa. 

                                       Stazioni chiuse a Pechino (fonte: rainews.it)

Perchè la Cina si ritrova ad affrontare questa situazione?

La Cina ha utilizzato una politica sanitaria repressiva sin dal primo lockdown a Wuhan, attuato circa due mesi dopo il primo contagio. La stessa politica era stata presa ad esempio da altri paesi nel mondo, come l’Italia. Inizialmente, non avendo conoscenza di cosa stesse accadendo, le misure restrittive rappresentate dai lockdown sembravano la via migliore da percorrere. Lo sbaglio della Cina è stato però quello di non aver mai cambiato la sua strategia:

“se un virus pandemico dilaga, l’unica cosa che si può attuare, tecnicamente, è una politica di mitigazione.”

Queste le parole del dott. Lopalco, epidemiologo e professore di Igiene alla Facoltà di Medicina dell’Università del Salento. Bisogna dunque cercare di tenere basso il numero dei contagi e raggiungere una sorta di equilibrio con il virus, fino ad arrivare ad un’immunità di gregge. Si dimostra sbagliato il lockdown forzato che comporta la limitazione di molti diritti, soprattutto con l’arrivo di Omicron che è stata in grado di superare anche queste barriere. 

La scelta del vaccino non ha certamente aiutato: alla maggior parte della popolazione sono stati somministrati i vaccini sviluppati dalle aziende Sinvac e Sinopharm, contenenti una versione inattivata del primo ceppo di Sars-Co-2 isolato a Wuhan. Questi farmaci non hanno la stessa qualità di Pfizer e Moderna in termini di efficacia e il rischio di complicazioni in caso di contagio rimane alto. 

A tutto ciò si aggiunge la scarsa adesione della popolazione alla dose di richiamo: solo il 20% degli anziani l’ha ricevuta. In assenza di un’immunità che un vaccino efficace avrebbe dovuto portare e a fronte di misure contenitive pressoché sbagliate, la Cina si ritrova ad affrontare un virus che circola come ad inizio pandemia.

Eleonora Bonarrigo