La Corte penale dell’Aia avvia il primo processo per i crimini commessi in Darfur. Ma c’è solo un imputato

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La Corte penale internazionale dell’Aia ha avviato martedì 5 aprile il primo processo per i crimini di guerra. Si è così intrapreso un passo verso la verità per il genocidio nel Darfur.

Corte penale internazionale -Fonte:ilsussidiario.net

Ad essere presente al processo per i massacri compiuti tra il 2003 e il 2006, nella regione ad ovest del Sudan, è stato l’imputato Ali Muhammad Ali Abd-Al-Rahman, conosciuto come Ali Kushayb. L’ex leader di una milizia sostenuta dal governo sudanese risulta essere l’unico incriminato presso la Corte penale internazionale dell’Aia nei Paesi Bassi, a seguito di una sanguinosa guerra che provocò 300 mila morti e oltre 2 milioni e mezzo di sfollati.

Conflitto del Darfur

La guerra nel Darfur fu un conflitto che interessò la regione occidentale sudanese e che coinvolse forze governative, milizie e gruppi paramilitari. Il conflitto iniziò nel 2003 e fu dichiarato concluso nel 2009, caratterizzandosi per il compimento di veri e propri genocidi e razzie.

Guerra in Darfur -Fonte:michaelvittorini.it

Le cause sono da ricercare entro i profili etnici predominanti nella parte occidentale del Paese. Il Darfur, collocandosi a confine con il Ciad, sebbene a livello politico sia stato diviso in 5 Stati (Darfur Occidentale, Darfur Settentrionale, Darfur Meridionale, Darfur Centrale e Darfur Orientale), nel 1916 venne accorpato dai britannici al Sudan, che presentava altresì una maggioranza araba e arabofona.

Darfur -Fonte:limesonline.com

La contrapposizione tra africani e arabofoni diventò molto forte tra il 1960 e il 1990 e causò in ambedue le parti l’insorgere di movimenti per portare aventi le rispettive rivendicazioni.

Ad incidere notevolmente sui rapporti sono state le dispute di natura economica: la popolazione africana era in gran parte composta da agricoltori sedentari, mentre quella arabofona da pastori nomadi. Gli inziali conflitti per il controllo della terra furono soltanto l’inizio, i rapporti degenerarono totalmente in profonde divergenze sui giacimenti di petrolio scoperti negli ultimi anni.

Le forze in campo pronte a combattere vedevano:

  • Sul fronte delle milizie del Darfur due gruppi: “Justice and Equality Moviment”(Jem) e l’esercito di Liberazione del Sudan (Sla). Il primo era un movimento di ispirazione islamista, il secondo invece nei primi anni 2000 era noto come “Fronte di Liberazione del Darfur”.
  • Dall’altra parte si ha invece l’esercito regolare sudanese, preoccupato dall’escalation dei gruppi filo africani. A supporto arrivò la milizia filo-governativa arabofona nota come Janjaweed, “i diavoli a cavallo”.

Le principali tappe della guerra

Il conflitto nel Darfur si articolò in diverse fasi:

  • La prima fase (2003-2006): ad attrarre le attenzioni della comunità internazionale fu l’emersione delle razzie attuate dai Janjaweed. Seguì il flusso di migliaia di profughi nel vicino Ciad, che segnò la presenza di una catastrofe umana. Soltanto nel gennaio del 2005 l’Onu parlerà apertamente di omicidi di massa e stupri perpetuati come arma militare contro la popolazione civile;
  • L’accordo del maggio 2006: lo spiraglio di luce contro la violenza esercitata fino a quel momento arrivò con l’esito positivo di trattative portate avanti tra il Governo sudanese e i rappresentanti del Sla. Il preludio ad una fase distensiva si ebbe con la firma di un accordo del leader del gruppo ribelle, Minni Minnawi, con Khartoum in cui si sancì la deposizione delle armi e si chiese anche il disarmo dei Janjaweed;
  • Settembre 2006: Il Jem non siglò gli accordi di maggio e il leader del Sla, Abdul Wahid Al Nur, disconobbe l’intesa e proseguì la guerra. Sebbene il 31 agosto il Consiglio di Sicurezza dell’Onu avesse votato a favore dell’istituzione di una missione internazionale, con l’invio di 17.000 caschi blu da integrare ai 7.000 soldati dell’Unione Africana, il 1° settembre fu sferrato un attacco militare dall’esercito sudanese contro le sigle ribelli. Il 31 luglio 2007 venne dato il via alla missione Onu Unamid, al fine di evitare il ripetersi di nuove stragi in Darfur. Così a seguito dello sfaldamento del fronte arabofono e la prospettiva dell’invio dei caschi blu, la tensione si allentò, dando avvio a un lungo periodo di trattative.
  • Lo scontro di Khartoum del 2008: l’episodio del 10 maggio 2008 vide Al Nur penetrare con le proprie milizie fino a Omdurman, città alle porte della capitale. All’assalto in cui morirono 93 soldati e 13 poliziotti, parteciparono anche i miliziani del Jem. La situazione ritornò alla normalità solo in tarda serata, dopo la dichiarazione da parte del Governo di aver ucciso 400 miliziani e di aver preso loro armi e mezzi. L’accatto sferrato testimoniò le gravi tensioni che incidevano su tutto il Paese.
  • Fine della guerra riconosciuta dall’Onu nel 2009: dopo gli scontri di Khartoum la guerra visse una fase di stallo. Il miglioramento della situazione generale spinse a nuovi colloqui che si conclusero il 23 febbraio 2010 con l’annuncio della deposizione delle armi da parte del Jem. Lo stesso giorno il Presidente sudanese Al Bashir dichiarò il Darfur come zona sicura. Le intese avviate fruttarono l’esito di maggior autonomia per il Darfur e maggior rappresentanza per la popolazione locale, escludendo altresì dall’accordo la fazione del Sla fedele al Al Nuri.
Firma dell’accordo di pace -Fonte:osservatorioromano.va

Il ruolo della Corte dell’Aia

La Corte penale internazionale è un organo di giurisdizione internazionale permanente, con sede all’Aja in Olanda, competente a giudicare in materia di gravi crimini di rilevanza internazionale (genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione). Agisce riguardo alle giurisdizioni nazionali con un rapporto di complementarietà: per cui lascia alle giurisdizioni interne agli Stati, la responsabilità di perseguire i crimini internazionali, ma interviene in caso di inerzia o quando lo stato mostri di non sapere o di non voler “veramente” esercitare l’azione penale. Incidendo su scala internazionale come un tribunale penale si avvale di:

  • Un organo inquirente che fa le indagini
  • Un ufficio del Procuratore
  • Una presidenza
  • Una sezione preliminare
  • Una sezione di prima istanza
  • Una sezione di appello
  • Una cancelleria

Il capo di accusa su Ali Kushayb e Al-Bashir

L’accusa che grava su Ali Kushayb, uno dei capi dei Janjaweed, ruota intorno alle stime raccolte dalle Nazioni Unite. L’ex comandate ha infatti provocato circa 400 mila morti. Trasferito alla Corte dell’Aia nel 2020 dopo l’arresto in Repubblica Centroafricana, si è dichiarato colpevole rispetto a tutti i 31 capi di accusa che versavano nei suoi confronti. Tra questi vi sono i crimini di guerra, cioè gli atti commessi in violazione del diritto di guerra e contenuti nella Convenzione di Ginevra, che comprendono ad esempio la distruzione deliberata di città e l’uccisione di ostaggi, e crimini contro l’umanità, ossia atti commessi come parte di un attacco generalizzato e sistematico diretto contro la popolazione civile.

Ali Kushayb -Fonte:agenzianova.com

Secondo la Corte, l’imputato, avrebbe avuto un ruolo centrale nella guerriglia. Sulle milizie sotto il suo comando, infatti, gravano stupri, torture, omicidi e saccheggi. Ha inoltre fornito le armi e reclutato i combattenti per incrementare la forza dei Janjaweed. A sostenerlo segretamente vi era il Governo di Al-Bashir, accusato di aver concorso a vari attacchi compiuti in quattro città nel Darfur.

Sebbene l’arresto di Ali Kushayb arrivò solo nel giugno del 2020 dopo 13 anni di latitanza, Al-Bashir è riuscito ad evitarlo, rimanendo ancora detenuto in Sudan. L’ex Presidente è restato al potere per 30 anni, fino all’esordio di una rivolta popolare e un intervento dell’esercito che vi pose fine nel 2019. L’esecutivo di transizione sorto aveva così deciso di consegnare, lo scorso agosto, Al-Bashir alla Corte penale internazionale, ma il processo di estradizione non andò avanti.

Al-Bashir -Fonte:repubblica.it

Le indagini della Corte

Guerra nel Darfur -Fonte:focusonafrica.info

A circa un anno dalla conclusione della missione di pace dell’Onu nel Darfur è stato avviato il processo della Corte penale internazionale. Dalle indagini intraprese sono emerse altre due persone ritenute di avere svolto un ruolo centrale nella vicenda: il ministro dell’Interno dell’epoca, Abdel-Rahim Mohammed Hussein, e l’ex funzionario di sicurezza Ahmed Harun. Nonostante il golpe del 2019 a Khartoum che portò avanti l’ipotesi di un processo sudanese, l’instabilità politica rese difficile intraprendere questa via, permettendo altresì la loro latitanza. 

Giovanna Sgarlata