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Coda – I segni del cuore meritava di vincere gli Oscar?

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Un film che parla della disabilità, proiettando allo spettatore ciò che provano i sordomuti. Voto UVM: 4/5

La notte degli Oscar si è conclusa qualche giorno fa: una serata magica tra abiti da sogno e “scene epiche”. Tutti erano incollati davanti alla televisione per assistere alle premiazioni, tra chi si è addormentato prima del finale, e chi è rimasto sveglio per vedere uno degli eventi mondani più attesi dell’anno.

L’Oscar per il miglior film e quello per “miglior sceneggiatura non originale” sono stati vinti da CODA – I segni del cuore, diretto dalla regista Sian Heder, arrivato nei nostri cinema ieri, 31 marzo, e disponibile su NOW e Sky Tv.

Un momento storico: è il primo film che trionfa con un cast composto da ben tre sordomuti, tra cui Troy Kotsur, che si è portato a casa la statuetta di “miglior attore non protagonista”, divenendo il primo attore sordomuto a vincere l’ambito premio.

Il cast di “CODA” sul palco degli Oscar. Fonte:StyleCorriere

Di cosa parla?

“Non posso restare con voi per il resto della mia vita!”

Nella cittadina di Gloucester, nel Massachusetts, troviamo la famiglia Rossi, un nucleo familiare abbastanza particolare,  composto da tre persone sordomute: il padre Frank (Troy Kotusur), la madre Jackie (Marlee Matlin) e il fratello maggiore Leo (Daniel Durant), mentre l’unica udente è la figlia Ruby (Emilia Jones) .

Ruby fin da piccola ha sempre aiutato la sua famiglia con la pesca e facendo loro da “uditrice”. Terminato il liceo, Ruby ha già deciso che svolgerà l’attività dei suoi familiari in modo permanente, perché non vuole lasciarli soli, perché sa che dipendono da lei in quanto l’unica udente.

La protagonista però ha una passione: quella del canto. Già a inizio film possiamo ascoltare la sua voce, mentre aiuta suo padre e suo fratello a lavoro. Nessuno dei due può sentirla, sono lì soli e attorno a loro c’è solo silenzio: i rumori delle onde del mare, i versi dei gabbiani non sanno cosa sono, così come la voce di Ruby. La ragazza sogna una carriera canora e perciò entra a far parte del coro della scuola dove incontra il maestro Bernardo (Eugenio Derbez). Quest’ultimo vedrà in Ruby qualcosa di magico, la aiuterà a migliorare nel canto e la spingerà verso questo mondo. Ma davanti alla protagonista si porranno due domande: abbandonare la famiglia? O proseguire verso un futuro diverso, lontano da loro?

Meritava l’Oscar?

A mio parere no. Coda – I segni del cuore ha vinto l’Oscar per un semplice motivo: perché emoziona. Guardando il film però non notiamo una trama completamente originale, ma ci vengono spesso riproposti i tipici stereotipi americani. Come quello della classica ragazza bullizzata da tutti che poi avrà la sua rivincita. La fotografia dai toni sdolcinati fa perdere punti all’opera, divenendo sinonimo di “banalità”: a primo impatto le scene sembrano uscite da qualche telenovela strappalacrime.

Il film ha funzionato per via del cast eccezionale: il lavoro svolto da Troy Kotsur è a dir poco sublime, mi sono commossa e divertita a guardare il suo personaggio, entrando in empatia con lui.

Ha funzionato perché la regista ha portato una storia di una disabilità, che ancora non comprendiamo del tutto perché spesso ci dimentichiamo che le persone che la vivono si sentono diverse dagli altri. Il paradosso in questo film è che sono proprio Frank, Jackie e Leo ad ascoltare e osservare tutti, mentre loro sono isolati.

C’è una scena in cui le musiche, i suoni e le voci scompaiono, e lo spettatore quasi si chiede se ci sia qualche problema con le casse o se il volume si sia abbassato da solo, ma non è così! La regista infatti abbassa i suoni di proposito, per far sentire la paura che può provocare il silenzio, mentre intorno a te tutti sorridono e parlano.

Da sinistra: Leo, Jackie e Frank mentre guardano Ruby cantare al concerto del coro della scuola. Fonte: Eagle Pictures

Nonostante alcuni cliché, il film mi ha fatto ridere e versare qualche lacrima. «Ogni famiglia ha il suo linguaggio» e il mio applauso va con la scrittura e nel linguaggio dei segni a questa famiglia.

Alessia Orsa