Governo Draghi, si all’invio di armi in Ucraina e aumento fondi alla difesa ma la maggioranza si spacca

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Per quanto sia unanime il riconoscimento all’Ucraina dello status di vittima della politica espansionistica regionale di Mosca, negli ultimi giorni l’opinione pubblica italiana e la maggioranza di governo sono stati attraversati da numerosi dubbi circa il ruolo che il nostro paese deve svolgere nel conflitto. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua infatti a sollecitare i paesi occidentali chiedendo l’invio di armi, mezzi e strumenti per far fronte all’esercito russo rimproverando a questi ultimi di non avere ancora fatto abbastanza.

Zelensky in collegamento con il Parlamento, fonte: meteoweb.eu

L’appello in realtà è stato prontamente raccolto dal Presidente del Consiglio Mario Draghi che, nel discorso effettuato successivamente al collegamento di Zelensky con il Parlamento riunito in seduta comune, si è dichiarato pronto ad aiutare il popolo ucraino con l’invio di ulteriori aiuti militari. La maggioranza parlamentare a sostegno dell’esecutivo si è però dimostrata divisa sulla strategia e gli obiettivi prefissati: specialmente sull’aumento della spesa militare.

 

L’invio di armi italiane a sostegno degli ucraini

I principali dubbi sull’accoglimento dell’appello di Zelensky ricadono sulle implicazioni etiche derivanti dall’invio o meno di armamenti. L’esecutivo però si è dimostrato sin da subito favorevole e questo perché la guerra in Ucraina è stata riconosciuta essere innanzitutto uno scontro ideologico. Ad essere contrapposti non sono solo Russia e Ucraina, ma anche quei valori conquistati dall’occidente europeo nel secondo dopoguerra e gli interessi di pochi oligarchi ad est.

Rimanere impassibili, o almeno limitarsi all’accoglienza delle centinaia di migliaia di profughi provenienti dall’Ucraina, senza dare un concreto supporto significherebbe tradire la nostra identità. Questa almeno è la narrazione condivisa dai principali leader europei ed occidentali e ribadita anche da Mario Draghi mercoledì scorso durante un intervento alla Camera. Incalzato sulla questione, alla domanda se con l’invio di armi l’Italia contribuisse alla carneficina che si sta perpetrando in Ucraina ha risposto: “La carneficina non distingue le divise ma distingue i bambini. È un terreno molto scivoloso. Perché se noi sviluppiamo le conseguenze di questo ragionamento, dovremmo dire di non aiutare i Paesi che vengono attaccati. Dovremmo sostanzialmente accettare di difendere il Paese aggressore non intervenendo. Dovremmo lasciare che gli ucraini perdano il loro Paese e accettino la schiavitù”.

 

L’aumento del budget per la difesa

Un altro tema caldo sull’agenda del governo è quello dell’aumento del budget della difesa. Attualmente a tale voce l’Italia destina circa 27 miliardi di euro l’anno ma l’esecutivo vuole aumentare tale cifra a 37 miliardi, circa il 2% del Pil. L’ordine del giorno, con cui il governo di impegnava al raggiungimento di tale obiettivo, ha raccolto il favore di una larghissima maggioranza (391 voti favorevoli e 19 contrari) ma col susseguirsi dei giorni sempre più malumori e dubbi sono stati sollevati dalle compagini parlamentari. Dal centrodestra solamente Fratelli d’Italia è rimasta favorevole all’iniziativa mentre la Lega sembra essersi accodata agli scettici facendo sapere, per voce del suo leader Matteo Salvini, che “le armi non sono mai la soluzione”. Anche il Partito Democratico spera nella possibilità di una nuova riflessione sull’argomento prima della nuova votazione, attesa in Senato per questa settimana. Chi si è dichiarato invece contrario a qualsiasi aumento è Giuseppe Conte. L’ex premier ha detto che il MoVimento 5 Stelle non potrebbe mai “assecondare un voto che individuasse come prioritario l’incremento delle spese militari a carico del nostro bilancio nazionale”. “…in un momento come quello attuale di caro-bollette, dopo due anni di pandemia, e con la recessione che si farà sentire sulla pelle di famiglie e imprese, non si capisce per quale motivo le priorità debbano essere le spese militari”. L’obiettivo però sembra essere in cima alle priorità dell’esecutivo che, stando alle fonti di Palazzo Chigi, qualora non riuscisse a ottenere la disponibilità dei partiti sarebbe pronto a porre la questione di fiducia  e ad aprire un eventuale crisi.

 

Quartiere residenziale di Mariupol raso al suolo, fonte: tgcom24

Ucraina, crisi umanitaria e nuovi incontri con la Russia

Mentre in Italia e negli altri paesi si discute sugli aiuti da fornire, a Kiev la guerra prosegue. Le forze di Putin non sembrano più intenzionate ad avanzare, rimanendo stanziate nelle zone già occupate, ma i bombardamenti continuano. Obiettivo principale dei russi a questo punto è il controllo nell’area della regione del Donbass con la città di Mariupol assediata ormai da diversi giorni. Il proseguirsi dei bombardamenti rende impossibile l’apertura di alcun corridoio umanitario in sicurezza e Zelensky stesso ha definito quanto sta succedendo nella città una catastrofe umanitaria.

“L’Ucraina non può abbattere i missili russi con fucili e mitra. È impossibile salvare Mariupol senza altri carri armati e aerei”

Ma anche in altri luoghi del paese i bombardamenti non si sono arrestati. Stando alla Difesa ucraina nelle ultime 24 ore la regione di Kiev è stata bombardata quasi quaranta volte mentre quella di Kharkiv circa duecento. Gli scontri dunque proseguono ma anche la macchina diplomatica non si è mai arrestata: domani e dopodomani i rappresentanti di Russia e Ucraina sono attesi a Istanbul per un nuovo round di incontri. Il Presidente Zelensky ha fatto sapere che l’Ucraina, al fine di ottenere la pace, è pronta ad accettare lo status di paese neutrale, rinunciando di fatto alla possibilità di entrare nella Nato, ed un accordo sul Donbass in cambio delle garanzie di sicurezza e l’integrità territoriale.

 

Filippo Giletto