No al referendum sulla cannabis. Per la Corte Costituzionale è “inammissibile”

Redazione Attualità
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La Corte Costituzionale ha respinto il referendum sulla Cannabis legale, dopo che la stessa ha respinto nella giornata di martedì il quesito sull’eutanasia. Il presidente Giuliano Amato, nel corso di una conferenza stampa, ha dichiarato che «il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti». Un’affermazione che ha destato molto scalpore tra i firmatari del referendum, in particolare una delle associazioni promotrici del referendum, Meglio Legale, sui social ha scritto che:

«Questa non è una sconfitta nostra e delle centinaia di migliaia di cittadini e cittadine che hanno firmato per la cannabis legale. È il fallimento di una Corte che non riesce a garantire agli italiani un diritto costituzionale, di un Parlamento che da trent’anni non riesce a mandare in fumo gli affari delle mafie.

Giuliano Amato durante la conferenza stampa (fonte: ansa.it)

Le considerazioni della Corte Costituzionale

Secondo la Corte, l’approvazione del referendum avrebbe portato a una «violazione degli obblighi internazionali dell’Italia», perché avrebbe consentito la coltivazione anche di «droghe pesanti». Il Presidente Amato ha dichiarato che

«Il quesito è articolato in tre sotto quesiti ed il primo prevede che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono neppure la cannabis ma includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti.».

 

La seconda ragione della bocciatura del referendum, è che il quesito aveva problemi di formulazione, poiché non avrebbe consentito una depenalizzazione completa. Durissima la replica del presidente del comitato, Marco Perduca, che dice

«Non c’è stato alcun errore nella formulazione del quesito. Il quesito non viola nessuna convenzione internazionale, tanto è vero che la coltivazione è stata decriminalizzata da molti Paesi, ultimo tra questi Malta. Il riferimento del presidente alle tabelle è fattualmente errato, dall’anno della bocciatura della Legge Fini-Giovanardi (2014) il comma 4 è tornato a riferirsi alle condotte del comma 1, comprendendo così la cannabis.».

Inoltre, nella stessa giornata, la Corte Costituzionale ha approvato cinque quesiti della riforma della giustizia, ossia l’abrogazione delle disposizioni in materia di insindacabilità (comunemente nota come legge Severino), la limitazione delle misure cautelari, la separazione delle funzioni dei magistrati, l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Csm, il voto degli avvocati sui magistrati.

Gli obiettivi del referendum

Scendendo nel dettaglio del referendum, come si apprende dal sito del comitato, il quesito propone «di depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi pianta», specificando che «la detenzione di piante, foglie e fiori a fini di spaccio e le attività di fabbricazione, estrazione e raffinazione, necessarie ad esempio alla cocaina e l’eroina» avrebbero continuato «a essere punite», dimostrando a detta dei promotori il contrario di quanto affermato dalla Corte Costituzionale.

Inoltre, il referendum prevedeva anche di eliminare il carcere per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis, con eccezione dell’associazione finalizzata al traffico illecito. L’intento più importante infatti, era quello di togliere potere alle mafie. Stando alla Relazione annuale del Parlamento sulle tossicodipendenze del 2021,  il mercato delle sostanze stupefacenti  muove attività economiche per 16,2 miliardi di euro, di cui circa il 39% attribuibile al mercato nero dei cannabinoidi, all’incirca pari a 6,3 miliardi di euro.

La cannabis in Europa

In alcuni stati dell’Unione Europea, la cannabis è legalizzata sia dal punto di vista della produzione, che del consumo. In Germania è stato depenalizzato il possesso entro i 10 grammi. Nei Paesi Bassi non è presa in considerazione la vendita di quantità sotto ai 5 grammi per persona al giorno nei coffee-shop autorizzati, mentre in Repubblica Ceca è consentito coltivarla per uso personale ma non per la vendita.

Le reazioni dei firmatari e della politica

 

Riccardo Magi e Marco Cappato (fonte: ilfattoquotidiano.it)

 

Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, commenta la decisione della Corte su Twitter, scrivendo:

 

E sulle tabelle, ha affermato in un’intervista rilasciata ai microfoni del Fatto Quotidiano:

«Errore sulle tabelle? No, il clamoroso errore è di Giuliano Amato. Ha affermato il falso. Non sono stati nemmeno in grado di connettere correttamente i commi della legge sulle droghe. Non è stato letto correttamente il combinato disposto degli articoli che invece secondo noi riguarda esattamente la cannabis.».

Un giudizio decisamente negativo che vede il sostegno anche di alcuni esponenti politici, come il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni:

«Emerge un’idea conservatrice del Paese, molto lontana dalla vita reale, che quei due referendum volevano superare e che la Consulta con le sue scelte e con molti peli nell’uovo, ha consolidato.».

 

Tuttavia, in molti ritengono che il quesito presentava molte contraddizioni. Vero o no, rimane l’amarezza per quel numero esorbitante di firme raccolte in questi mesi, a cui si aggiunge l’indignazione per la promozione del quesito che abroga la legge Severino, la quale nello specifico vieta l’incandidabilità, ineleggibilità e decadenza dei parlamentari, membri del governo, sindaci e amministratori locali in caso di condanna definitiva per reati di mafia, terrorismo e corruzione. C’è da chiedersi se la democrazia in Italia esiste ancora, e se a trent’anni da Mani Pulite è cambiato qualcosa. La risposta è nella coscienza della nostra onestà intellettuale.

 

Federico Ferrara