Polonia, nuove proteste sulla legge contro l’aborto. ONG e manifestanti scendono in piazza

Redazione Attualità
REDAZIONE ATTUALITÀ
Attualità
#Polonia aborto

In Polonia un’altra donna è stata vittima della legge anti-aborto introdotta nel gennaio 2021. Agnieszka T (così ribattezzata dalle testate giornalistiche per motivi di privacy) aveva 37 anni ed era incinta di due gemelli quando, in seguito a forti dolori addominali, il 21 novembre si è ricoverata in un ospedale di Częstochowa. Da quel momento un triste susseguirsi di episodi di mala sanità e l’applicazione di una legge senza senso hanno portato alla morte dei due bambini e della donna.

La ricostruzione dei fatti

Secondo la ricostruzione fornita dalla famiglia della vittima, la gravidanza di Agnieszka si è svolta in maniera assolutamente tranquilla per tutto il primo trimestre. Il ricovero si è però reso necessario in seguito a forti dolori addominali e al rapido peggioramento della salute della donna. Una volta in ospedale, successivamente alla constatazione dell’avvenuta cessazione del battito cardiaco di uno dei due gemelli, i medici si sono rifiutati di agire citando la controversa legge del gennaio del 2021. Questa impedisce di fatto ai medici di intervenire sulle pazienti in stato interessato al di fuori dei casi di gravidanze causate da stupro o incesto e pericolo di vita per la donna. Astensione che deve avvenire anche in caso di malformazione del feto, e così è stato. La donna è rimasta con in grembo il feto morto per oltre una settimana, quando anche il battito del gemello si è interrotto. Solo allora è stata programmato l’intervento di interruzione della gravidanza, non prima che passassero altri due giorni. Dal giorno dell’operazione è iniziato un secondo calvario per la donna, costretta in ospedale per i postumi dell’intervento ma in progressivo e rapido peggioramento di salute sia mentale che fisico. La triste vicenda di Agnieszka si è conclusa con la sua morte per setticemia avvenuta nei giorni scorsi. La ricostruzione degli eventi è stata fornita dai familiari che hanno documentato gli ultimi giorni della vittima con alcuni video successivamente pubblicati su Facebook. La struttura ospedaliera dal canto suo non ha ancora fornito una versione ufficiale, limitandosi fino ad adesso a dire tramite i suoi rappresentanti di avere “fatto di tutto per salvarla”.

Non la prima e nemmeno l’ultima

Come Agnieszka anche Izabela, 30 anni, è morta di setticemia a settembre in seguito al rifiuto di praticarle l’aborto da parte della struttura dove la giovane si era recata alla rottura delle acque alla 22esima settimana. Caso prontamente bollato come uno di “negligenza medica” e a cui ha fatto seguito una semplice multa nei confronti dell’ospedale ma che ha causato la mobilitazione di migliaia di polacchi e polacche scesi in strada a manifestare. Sia nel caso di Izabela che in quello di Agnieszka i destinatari delle proteste però non sono state le strutture sanitare. “L’attuale governo ha le mani insanguinate”, così scrive sempre su Facebook uno dei familiari di Agnieszka e non è l’unico a condividere tale pensiero.

Conferenza stampa di Kaczyński, presidente di Diritto e Giustizia dopo la vittoria all’elezioni, fonte: TheNewYorkTimes

Diritto, giustizia e radici ultra cristiane

A capo delle proteste attualmente in corso contro il governo di Morawiecki vi sono le ONG impegnate sul fronte dei diritti umani. Secondo i dati forniti da queste ultime in Polonia ci sono circa 200 000 aborti eseguiti illegalmente o all’estero, in Paesi come Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania e Ucraina. Un numero enorme se confrontato con i dati ufficiali diffusi dal governo ed a sostegno della campagna antiabortista sostenuta dal partito Diritto e Giustizia. È stato proprio quest’ultimo, di destra conservatrice e ultra cattolico, a varare la controversa legge del gennaio 2021, fondandone i principi sulla base di ideologie e ragionamenti considerati vetusti e anacronistici da tutto il mondo occidentale. Tra questi risaltano quelli aventi implicazioni religiose: la Polonia è un Paese in cui le radici cristiani hanno un forte impatto sulle istituzioni ed infatti già nel 2016 si parlava di vietare l’aborto per garantire il diritto del nascituro ad essere battezzato. Diritto che secondo le frange più conservatrici deve essere garantito non solo ai bambini sani ma anche a quelli affetti da malformazioni congenite e/o vittime di stupri proponendo, di fatto, di vietare l’aborto anche in queste ultime casistiche.

Manifestanti in piazza, fonte: CNN

 

Filippo Giletto