Patrick Zaki. (fonte: ilfattoquotidiano.it), copyright ANSA

Patrick Zaki sarà scarcerato, ma non assolto. Amnesty “Un passo avanti enorme nella direzione della giustizia”

Redazione Attualità
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Patrick Zaki verrà scarcerato nei prossimi giorni dopo 22 mesi di carcere, anche se non è stato assolto dalle accuse di “diffusione di notizie false, incitamento alla protesta e istigazione alla violenza e ai crimini terroristici”. È questa la decisione presa dal giudice monocratico di Mansura dopo l’udienza di oggi, 7 dicembre, che ha visto imputato il ricercatore dell’Università di Bologna, incarcerato in Egitto dal 7 febbraio 2020. La prossima udienza di Zaki si terrà il prossimo 1 febbraio e secondo quanto riportato da Ansa, non è stato imposto l’obbligo di firma. «Abbiamo appreso che la decisione è la rimessa in libertà, ma non abbiamo altri dettagli al momento», ha spiegato la legale Nasrallah. Seguendo le procedure, Patrick dal tribunale di Mansura dovrebbe essere riportato nel carcere di Tora, al Cairo, per sbrigare le ultime formalità e poi riportato a Mansura per il rilascio definitivo.

L’udienza

Poco prima dell’inizio della sentenza, il ricercatore dell’Università di Bologna, rinchiuso nella gabbia degli imputati, ha risposto ad un diplomatico italiano che gli chiedeva come stesse: “Bene, bene, grazie”, spendendo, nel corso del breve colloquio, parole di ringraziamento rivolte all’Italia e l’Ambasciata per quello che fino a questo momento hanno fatto per lui. Oltre ai rappresentanti diplomatici dell’ambasciata italiana al Cairo, in aula erano presenti anche rappresentanti canadesi, statunitensi e spagnoli, con una legale della delegazione dell’Unione europea.

L’udienza è stata sospesa dopo appena 4 minuti perché l’avvocata del giovane studente, Hoda Nasrallah, che ne cura la difesa per conto della Ong Eipr, aveva chiesto di avere accesso a tutte le prove, i filmati e i verbali che fanno parte dell’inchiesta a carico dello studente egiziano. Il legale, già nell’udienza dello scorso 28 settembre, aveva ottenuto di poter accedere agli atti, quindi studiare i documenti per preparare la difesa. L’avvocata di Zaki ha richiesto in particolare di poter visionare le registrazioni di telecamere di sorveglianza dell’aeroporto del Cairo, i verbali redatti da un agente della Sicurezza nazionale e da uno della polizia, oltre a copie di verbali di un processo civile. L’avvocata ha chiesto anche di poter convocare un testimone.

Amnesty International Italia

“Un enorme sospiro di sollievo perché finisce il tunnel di 22 mesi di carcere e speriamo che questo sia il primo passo per arrivare poi ad un provvedimento di assoluzione” ha dichiarato all’ANSA Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, al termine dell’udienza odierna in Egitto, anche se non assolto dalle accuse che lo riguardano. “L’idea che Patrick possa trascorrere dopo 22 mesi una notte in un luogo diverso dalla prigione ci emoziona e ci riempie di gioia. Inoltre dieci piazze italiane questa sera scenderemo con uno stato d’animo diverso dal solito e più ottimista“.

Amnesty International, che da sempre lotta per la scarcerazione del giovane ricercatore e che aveva in passato accusato l’Italia di essere rimasta in silenzio (ne abbiamo parlato qui) prima dell’udienza si era detta preoccupata “temendo il peggio”, ma appresa la notizia ha commentato con un tweet.

“Un passo avanti enorme nella direzione della giustizia”

L’arresto nel 2020

Patrick Zaki è stato arrestato il 7 febbraio del 2020 al Cairo, dove stava rientrando per le vacanze con la famiglia. Il giovane fu sottoposto a torture durante un interrogatorio su questioni legate al suo lavoro e al suo attivismo. I capi d’accusa formulati originariamente furono 3 e si possono riassumere nella formula di diffusione di notizie dannose contro lo Stato egiziano via Internet. Uno è stato aggiunto nei mesi scorsi, senza alcuna notifica: essere membro di un gruppo terroristico. Gli ultimi due sono quelli relativi all’articolo scritto nel 2019 sulla situazione dei copti in Egitto e pubblicato dalla rivista on line Darraj: diffusione di notizie false all’interno del Paese e all’esterno. Il rinvio a giudizio è avvenuto proprio per questi capi d’accusa e solo di questi ultimi Patrick era chiamato a rispondere a Mansoura.

 

Elidia Trifirò