Colpo di Stato in Sudan: l’esercito arresta il primo ministro e spara alla folla

Redazione Attualità
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È stato messo in atto, lunedì 25 ottobre, un colpo di Stato in Sudan. Artefici del golpe alcuni generali militari che hanno arrestato il primo ministro sudanese, Abdalla Hamdok, il ministro dell’Industria, Ibrahim al Sheikh, il ministro dell’informazione, Hamza Baloul e uno dei consiglieri del primo ministro, Faisal Mohammed Saleh. Successivamente al loro arresto, il generale a capo dell’operazione, Abdel Fattah al-Burhan, ha affermato che la presa di potere da parte dei militari è la conseguenza di una seria crisi che ha portato a una continua instabilità politica. Al-Burhan ha, inoltre, dichiarato lo scioglimento del Consiglio Sovrano e degli organi locali, insieme allo scioglimento del governo. Al loro posto, un consiglio militare che governerà nel Paese fino all’estate del 2023. Il Consiglio Sovrano del Sudan è l’organo collettivo civile e militare che ha sostituito, nel 2019, il Consiglio Militare di Transizione, ponendo fine al governo trentennale del dittatore Omar al-Bashir (che si trova attualmente in prigione). A capo del Consiglio Sovrano c’era proprio il generale al-Burhan ed era stato il Consiglio stesso a scegliere Hamdok come primo ministro. Al-Burhan continua il suo intervento affermando che i militari “continueranno la transizione democratica del paese”.

Il generale al-Burhan, al centro (fonte Ilpost.it)

La democratizzazione mancata

Il principale obiettivo della rivoluzione sudanese del 2019, che ha rovesciato la dittatura di al-Bashir, era quello di avviare e portare a compimento un delicato processo di democratizzazione nel paese africano. Alla base del processo c’era un’alleanza tra civili rivoluzionari e militari dell’ex regime. I rapporti tra le due parti erano molto instabili: da un lato i civili rivoluzionari, desiderosi di democrazia, dall’altro i carnefici a capo dell’ex dittatura. In merito alla questione era intervenuto anche il primo ministro, Hamdok, che l’aveva definita “alleanza paradossale”. Con l’arresto di quest’ultimo, i militari hanno posto fine al paradosso.

Come succede per ogni colpo di Stato, anche in Sudan gli attentatori hanno cercato di rendere impossibile qualsiasi forma di comunicazione, interrompendo le trasmissioni televisive e bloccando l’accesso a Internet. Le uniche emittenti attive erano quelle musicali che trasmettevano canzoni popolari nazionaliste. Il popolo sudanese non è però rimasto a guardare. Le ultime parole pubbliche di Hamdok sono state:

“Andate in piazza, non permettete ai nemici della democrazia di uccidere la rivoluzione del popolo”

In migliaia hanno seguito le sue parole, occupando le strade delle città sudanesi di Karthoum e Omdurman per arrivare al quartier generale dell’esercito e manifestare contro i militari. L’esercito ha però risposto sparando contro la folla che invocava la democrazia e la libertà, causando sette vittime e circa 140 feriti.

La manifestazione in Sudan (fonte globalist.it)

Il popolo diviso e le parole del ministro Yusif

La manifestazione del 25 non è stata la sola e unica. Nei giorni precedenti, migliaia di persone avevano protestato, a Khartoum, invocando l’istaurazione di un regime militare che secondo loro avrebbe posto fine alla crisi politica e economica nella quale il Paese si trova da anni. La situazione si è aggravata, appunto, proprio nel 2019, in seguito alla fine della dittatura di Bashir. I civili che avevano guidato le proteste contro Bashir, due anni fa, arrivarono a un accordo con i militari. L’accordo prevedeva la formazione di un nuovo governo, composto da civili e militari, e presieduto da Hamdok. Nonostante i buoni propositi, però, l’alleanza non ha dato i risultati sperati e la situazione di crisi è degenerata ancor di più.

Ad esprimersi in merito alla situazione è stato anche il ministro per gli Affari, Khalid Omer Yusif, che si trova, per il momento, agli arresti domiciliari. Yusif ha così commentato l’arresto di Hamdok:

“Hamdok non rassegnerà mai le dimissioni per lasciare la guida del Paese ai generali. Il suo è un atto di coraggio che non può rimanere inascoltato”.

Yusif  ha inoltre aggiunto che:

“Solo pochi giorni fa il golpe in corso era previsto, le avvisaglie erano chiare. I militari stanno utilizzando la profonda crisi economica e il malcontento di una parte della popolazione sofferente per creare il caos e soffocare la transizione democratica civile”.

Beatrice Galati