Pena di morte per chi indossa jeans attillati. La nuova guerra di Kim Jong-Un contro l’occidentalizzazione

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In un mondo la cui logica è la non-logica anche indossare un paio di jeans può essere un reato punibile con la pena di morte. È questo uno dei nuovi folli provvedimenti del supremo imperatore della Corea del Nord Kim Jong-Un e che fanno parte delle disposizioni di legge contro il pensiero “reazionario” .

Una guerra contro la verità

Per il leader Nordcoreano la nemica assoluta, da combattere con le armi più potenti, è la verità. La sua paura più grande? L’ Occidente. Verità e Occidente rappresentano le due più potenti minacce per un sistema costruito sulla menzogna e sull’illusione che quella vita sia l’unica vita possibile.

Anche indossare un paio di jeans attillati, avere un piercing, ascoltare musica pop sudcoreana, portare un taglio di capelli all’occidentale, guardare un film straniero (soprattutto le soap opera sudcoreane), utilizzare slang stranieri, possono rivelare che esiste un altro mondo, forse più libero, forse più eterogeneo, forse più desiderabile. Un mondo del quale cancellare ogni traccia.

È questo quello che tenta di fare Kim Jong-Un con la nuova legge varata nel mese di maggio contro “il pensiero reazionario”, per proteggere i giovani dal vento del capitalismo e dal pericoloso veleno della cultura occidentale che potrebbe diffondere condotte sgradevoli, individualiste e antisocialiste.

Una legge che si inserisce, dunque, in uno scenario più ampio: quello della guerra permanente contro la verità.

Cosa è vietato in Nord Corea – Fonte: www.tgcom24.it

Le dure pene previste

Il dittatore ha inviato una lunga lettera alla Lega della gioventù nordcoreana preannunciando le nuove strette, rivolte in particolare al mondo dei giovani nordcoreani che abbracciano sempre più le tendenze della moda occidentale.

Chiunque adotterà usi e costumi considerati occidentali o verrà sorpreso in possesso di contenuti multimediali della Corea del Sud, Stati Uniti o Giappone rischierà una condanna fino alla pena di morte. Il minimo previsto dalla legge è di 15 anni di reclusione in un campo di internamento.

A questo proposito, secondo il Daily NK, sito di news basato a Seul e specializzato sulle vicende del Nord, a tre adolescenti dello Stato-caserma colpevoli di essersi acconciati i capelli alla maniera dei gruppi sudcoreani K-pop e di aver indossato pantaloni corti sopra le caviglie, sarebbe stato imposto il campo di rieducazione.

La repressione non si limita ai soli trasgressori: se un ragazzo viene considerato “colpevole”, anche i genitori possono essere processati; se un lavoratore viene arrestato la punizione può ricadere anche sul direttore della fabbrica in cui è impiegato.

Le sanzioni non risparmiano neanche i piani alti. Infatti, secondo l’intelligence di Seul, pochi anni fa lo stesso Choe Ryong-hae, il vicepresidente del Partito dei lavoratori della Corea, decise di passare alcuni mesi in un campo di rieducazione per placare l’ira del leader, dopo che suo figlio era stato sorpreso con un cd-rom di film sudcoreani.

Blocco di internet, dei social network e il canale Youtube Echo of Truth

Fa parte del quadro della guerra condotta in nome della menzogna anche il blocco di internet e dei social network. Infatti, in Corea del Nord è vietato utilizzare i social media o la VPN, una rete virtuale privata che ha anche la funzione di proteggere l’identità online. Tutti i contenuti di informazione politica pubblicati nel Paese sono creati dalla Korean Central News Agency (KCNA), l’unica fonte autorizzata a pubblicare notizie.

Alla rimozione della verità, si associa la fabbricazione di nuove verità-menzogna. Ne è un esempio il canale YouTube Echo of Truth, uno strumento di propaganda che diffonde dei video realizzati e promossi (seppur non ufficialmente) dal governo, che raccontano momenti di vita quotidiana per trasmettere l’immagine di un paese pacifico e tranquillo.

Uno dei video più visti è quello che riguarda la gestione della pandemia e che racconta che nel paese, grazie alla costante vigilanza, la gente ha potuto riprendere a trascorrere le proprie giornate, mentre il governo ha potuto dedicarsi alla costruzione del nuovo ospedale generale di Pyongyang. Un racconto in perfetta armonia con quanto sostenuto da Kim Jong-Un sul Corona virus: in Corea del Nord non si sarebbero registrati decessi.

La storia della Corea del Nord è quella di una menzogna che si regge sull’oppio diffuso e permanente, di cui l’arrivo di informazioni, di usanze, di pratiche dall’estero potrebbe rappresentare l’antidoto.

Chiara Vita