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Mese della consapevolezza dell’endometriosi: le nuove speranze dal mondo della ricerca

Attualità
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Solo in Italia, secondo il Ministero della Salute, le donne affette da endometriosi sono almeno tre milioni, ovvero tra il 10 e il 15% tra quelle in età fertile, e nel 30-40% dei casi la patologia è causa di sub-fertilità o infertilità. Eppure, la maggioranza della popolazione è all’oscuro della sua esistenza. Una limitata consapevolezza della patologia è infatti causa del grave ritardo diagnostico. La diagnosi arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso, il più delle volte vissuto con gravi ripercussioni psicologiche. Al contrario, una pronta diagnosi e un trattamento tempestivo possono migliorare sensibilmente la condizione e prevenire l’infertilità.

Punto di riferimento italiano nella ricerca è la Fondazione Italiana Endometriosi, nata nel 2007 con “il preciso scopo di implementare la ricerca sulla malattia” che attualmente ha, nel mondo, fondi destinati “circa 200 volte inferiori ad altre malattie croniche”. La community presente su Facebook, che oggi conta quasi 33 mila membri, assicura un importante spazio virtuale in cui le donne affette da questa malattia possono confrontarsi tra loro per sciogliere i propri dubbi.

Il problema della scarsa conoscenza non è solo italiano, ma anche all’estero la malattia non è conosciuta come si dovrebbe. Tra le voci più autorevoli che si sono spese in favore di questa battaglia quella della scrittrice e attrice americana premio Oscar Whoopi Goldberg: “L’endometriosi purtroppo è una di quelle cose che accadono alle donne e di cui nessuno vuole parlare”. Tra le star che hanno ammesso di aver dovuto convivere con l’endometriosi anche Pamela Anderson e Marilyn Monroe.

Quest’anno, in occasione del mese della consapevolezza (marzo 2021), anche l’Università di Messina ha aderito all’iniziativa della Worldwide EndoMarch Inc. L’iniziativa “Facciamo luce sull’Endometriosi – L’Italia si illumina di giallo” richiede di illuminare di giallo per tutta la durata del mese un monumento. Per questo, al fine di sensibilizzare la cittadinanza messinese, per le prossime settimane la sede centrale dell’Ateneo sarà illuminata di giallo.

  1. Endometriosi: di cosa si tratta?
  2. Prospettive di trattamento
  3. Novità dal mondo della ricerca
  4. Cosa comporta la mutazione di ARID1A?
  5. Ipotesi terapeutica e speranze per il futuro

Endometriosi: di cosa si tratta?

L’endometriosi è una patologia insidiosa, a eziopatogenesi non ben definita, spesso sotto-diagnosticata. Ma di cosa si tratta esattamente?
L’endometriosi è la presenza anomala (in gergo medico ectopia) di tessuto endometriale in altre sedi che non siano l’utero. Gli organi più colpiti sono: ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestino.
Come nell’endometrio normale, anche in quello ectopico avvengono dei cambiamenti causati dagli ormoni durante il ciclo mestruale, con sanguinamenti e fenomeni di irritazione e cicatrizzazione anomala.
Questo causa dolore pelvico, spesso durante i rapporti sessuali, rigonfiamento addominale, infertilità, astenia, nonché un grave distress psicologico. Lentamente, il ciclo mestruale si trasforma in un inferno.
Il distress è dovuto anche a uno stigma che ancora permane nei confronti delle pazienti, ritenute da alcuni medici esagerate nel riportare il dolore, e al ritardo nella diagnosi (fino anche a 7 anni) e nella somministrazione delle cure.
Alcune donne trascorrono molto tempo credendo che sia normale rimanere confinate a letto, incapaci di muoversi o ripiegate su se stesse per il dolore, ma così non è.

Prospettive di trattamento

Solitamente il dolore cronico da endometriosi viene trattato con farmaci anti-infiammatori (preferibilmente FANS) al bisogno o si intraprende una terapia ormonale sostitutiva.
Gli ormoni sembrano dare un beneficio sia in termini di diminuzione del dolore che di aumento della fertilità nelle donne che ricercano una gravidanza.

Si può ricorrere, nei casi più gravi e refrattari alla terapia medica, al trattamento chirurgico con rimozione delle lesioni qualora esse vengano individuate.
In situazioni estreme, anche la menopausa chirurgica può essere un’alternativa per attenuare i sintomi, nonostante non sia quasi mai presa in considerazione nelle donne fertili, anche su richiesta della paziente stessa.

Novità dal mondo della ricerca

Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Cell Reports apre a nuovi orizzonti sul fronte della terapia per l’endometriosi, in particolare la variante causata da una mutazione del gene ARID1A, caratterizzata da una elevata gravità e da un impatto molto negativo sulla fertilità.
Questo gene è membro della famiglia SWI/SNF, i cui membri hanno attività di elicasi e ATPasi. Inoltre è coinvolto nel rimodellamento della cromatina (cioè la forma in cui DNA ed RNA si trovano nelle cellule) necessario per la trascrizione genica.

Cosa comporta la mutazione di ARID1A?

Essenzialmente, una mutazione di questo gene causa l’attivazione di alcuni enhancers. Si tratta di proteine che vanno a stimolare delle porzioni del genoma e correlano con la disregolazione della normale funzione endometriale.
Questa disregolazione può portare all’impianto in sede anomala del tessuto uterino e all’acquisizione da parte delle cellule di un fenotipo invasivo.
Tutto ciò può inoltre esitare, in alcuni casi sfortunati, in un processo di evoluzione neoplastica. La mutazione, in particolare, è stata ritrovata nel carcinoma ovarico a cellule chiare, nel carcinoma del pancreas e nel carcinoma dello stomaco.
Inoltre, è stata rilevata una associazione tra ARID1A e P300, un’altra proteina che regola la trascrizione genica, la maturazione e la crescita cellulare.

Ipotesi terapeutica e speranze per il futuro

Appare dunque evidente come, se si trovasse un farmaco capace di agire su questi enhancers, si riuscirebbe a mitigare, se non del tutto curare, l’endometriosi ARID1A correlata.
Qui viene in aiuto la target therapy, cioè una terapia creata ad hoc per agire su un determinato bersaglio molecolare.
In questo particolare studio il target era proprio P300, che una volta silenziato andava a bilanciare gli effetti della mutazione di ARID1A e della patologia.
Questo è solo il trampolino di lancio per ulteriori scoperte in campo farmacologico. Si auspica che le pazienti che soffrono di endometriosi possano ottenere al più presto il riconoscimento e le cure che meritano.

Maria Elisa Nasso
Filippo Giletto