Stop allevamenti visoni in Italia. Ecco perché sono considerati pericolosi per la diffusione del Sars-CoV-2

Redazione Attualità
REDAZIONE ATTUALITÀ
Attualità
# paesibassi #nopellicce coronavirus ordinanza visoni

Il Ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un’ordinanza con cui ha disposto la sospensione delle attività degli allevamenti di visoni su tutto il territorio italiano fino a febbraio 2021. L’obiettivo: ridurre il rischio di ulteriore diffusione del coronavirus.

Ove vi sia una sospetta infezione le autorità sanitarie dovranno disporre «il sequestro dell’allevamento, il blocco della movimentazione di animali, liquami, veicoli, attrezzature e l’avvio di una indagine epidemiologica». In caso di conferma del contagio, i visoni dell’allevamento dovranno essere abbattuti.

(fonte: IlFattoQuotidiano)

Il ministero specifica che «pur essendo il numero degli allevamenti in Italia molto ridotto rispetto ad altri paesi europei si è valutato di seguire il principio della massima precauzione in osservanza del parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità».

La causa di questa decisione deriva dal pericolo di trasmissione tra questi animali e l’essere umano, infatti durante gli ultimi mesi sono state numerose le segnalazioni di avvenuti contagi tra i visoni. Sono sei i paesi che hanno comunicato all’OMS di avere rilevato casi di coronavirus tra i loro allevamenti: Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Spagna, Italia e Stati Uniti. La Grecia ha avviato alcune verifiche dopo avere ricevuto notizia di alcune morti sospette. Pochi ma comunque registrati i casi di trasmissione verso gli allevatori. Per precauzione fino adesso sono stati abbattuti milioni di visoni.

I primi contagi nei paesi e la mutazione del ceppo

I primi casi di infezione tra i visoni sono stati rilevati nei Paesi Bassi lo scorso aprile. Le analisi in alcuni allevamenti, adoperati per la produzione di pellicce, avevano portato alla scoperta di casi di trasmissione tra uomo e animale oltre che tra gli operatori negli stabilimenti.

Il governo dei Paesi Bassi optò quindi per l’anticipazione della già programmata chiusura degli allevamenti a marzo 2021. Prevista inizialmente per il 2024 date le difficoltà del settore per garantire la salute degli animali.

Il governo olandese ha anche richiesto l’abbattimento dei visoni negli allevamenti contagiati, garantendo agli operatori l’erogazione di un risarcimento per le perdite.

Tra i paesi europei in cui il problema interessa particolarmente vi è la Danimarca, il secondo più grande esportatore di pelliccia di visone del mondo dopo la Cina. Gli allevamenti nel paese scandinavo, come nei Paesi Bassi, soffrono da diversi anni di una crisi legata alla riduzione della domanda.

Da mesi, il Governo danese ha avviato un esteso programma di analisi e controllo degli stabilimenti: il 4 novembre la prima ministra danese Mette Frederiksen aveva annunciato che tutti i visoni di allevamento del paese (tra i 15 e i 17 milioni di esemplari) sarebbero stati uccisi, in via precauzionale.

(fonte: Euractive Italia)

Nei visoni danesi è stata trovata una nuova variante del virus(“Cluster 5”) che si è rivelata con una sensibilità ridotta ai nostri anticorpi neutralizzanti, tuttavia l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che la mutazione non sarebbe di un’entità tale da rendere inutili i vaccini già sviluppati.

Lo Statens Serum Institut, listituto danese che si occupa di malattie contagiose, ha comunque annunciato che i lockdown e i test di massa hanno probabilmente determinato l’estinzione di Cluster 5.

Coronavirus e animali

Le prime informazioni risalgono agli anni Sessanta, quando, alcuni ricercatori, hanno scoperto che diversi tipi di coronavirus colpiscono anche gli animali, nonostante ancora non si comprendano le dinamiche della trasmissione. La pandemia ha permesso di approfondire tali ricerche. L’attuale coronavirus (SARS-CoV-2) può infettare primati non umani, cani, gatti (e felini in generale), pipistrelli, pangolini, criceti e diverse specie di mustelidi (tra i quali i visoni).

I contagi negli allevamenti se da un lato stanno accelerando il declino dell’economia legata ai visoni, dall’altro costituiscono anche una preziosa occasione per studiare la diffusione del coronavirus tra specie diverse, nonché i rischi annessi per l’uomo. La raccolta di campioni viene condotta sia sui visoni malati, sia su quelli sani, per rilevare l’eventuale presenza di anticorpi; in questo modo si può per esempio comprendere se possano esservi esemplari asintomatici

(fonte: askanews)

I visoni sono molto sensibili al coronavirus perché le membrane delle cellule del loro apparato respiratorio hanno un recettore (ACE2), presente anche in diversi tessuti del nostro organismo, che viene sfruttato dal virus per agganciare le cellule dell’epitelio respiratorio; successivamente il virus inocula il suo materiale genetico (RNA) e, sullo stampo di questo, vengono sintetizzate le proteine dello stesso.

Avendo una versione dell’ACE2 simile alla nostra, possono in alcuni casi essere contagiati da un essere umano, e possono di conseguenza contagiare altri esseri umani.

La diffusione è stata oltretutto accelerata anche dalle condizioni di vita di questi animali, i quali convivono in gabbie piuttosto piccole e affollate.

Il passaggio del virus da uomo ad animale prende il nome di spillover inverso. Con spillover, infatti, si intende un salto di specie che un agente patogeno opera dall’animale all’uomo: in questo caso avviene il contrario.

Date le differenze biologiche tra visone ed uomo, il rischio è quello dell’accumularsi di mutazioni genetiche nell’RNA virale.

Un aspetto da prendere in esame è quello immunologico: infatti potrebbe essere minata l’efficacia del vaccino, soprattutto in virtù del fatto che ve ne sono tre (Pfizer, Moderna, AstraZeneca) quasi arrivati a traguardo.

Inoltre, un eventuale cambiamento genetico potrebbe avere ripercussioni anche sulla immunità conferita dall’avvenuto contagio sull’utilizzo di anticorpi monoclonali in terapia e sulla probabilità di reinfezione.

Ad oggi, comunque, è opportuno precisare, non risulta alcuno studio pubblicato su riviste scientifiche a sostegno di quanto detto, per cui le misure adottate in Italia, seppur prive di riferimento scientifico, hanno il mero valore precauzionale.

La presenza di questo recettore è considerata un valido indicatore per valutare il rischio di contagio, ma ovviamente ogni specie possiede caratteristiche diverse, per cui non tutte patiscono allo stesso modo la presenza del coronavirus, vi possono essere, dunque, animali contagiati ma che non sviluppino poi sintomi a causa dell’infezione.

Le analisi riguardano, infatti, anche gli animali domestici che vivono negli allevamenti e nei pressi, come cani e gatti: nei Paesi Bassi sono stati trovati gatti infetti. Gli studi hanno comunque garantito la non trasmissibilità da parte di questi “animali da compagnia”, a differenza dei visoni, nei confronti dell’uomo.

Fino ad oggi, comunque, sono stati in tutto il mondo circa 20 casi verificabili di gatti risultati positivi al coronavirus e solo uno di questi sembra sia morto; sporadiche invece le segnalazioni di infezioni tra i cani, senza gravi conseguenze.

Per quanto riguarda gli animali allevati per le loro carni, il rischio di contagio sembra estremamente basso: suini e pollame non sono sensibili al coronavirus.

Elena Allegra

Manuel De Vita

Bibliografia:

https://www.alimenti-salute.it/notizia/who-variante-cluster-5-visoni-danimarca

https://www.nationalgeographic.it/scienza/2020/05/un-visone-ha-trasmesso-il-coronavirus-alluomo-ecco-cosa-sappiamo

https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/da-non-perdere/covid-19-e-visoni-cosa-sappiamo-dellultimo-caso-di-spillover-inverso