Caso Vannini: con la sentenza d’Appello bis arriva la giustizia

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(Flavia Scalambretti / AGF – Marco Vannini. fonte: agi.it)

Si assiste ad un nuovo risvolto per l’enigmatico ‘Caso Vannini’ a cinque anni dalla morte. E’ giunta ieri, 30 settembre 2020, la condanna, avvenuta per opera della Corte d’Assise d’Appello, a 14 anni per Antonio Ciontoli, ex sottufficiale della Marina Militare, per omicidio volontario con dolo eventuale e a 9 anni e 4 mesi per la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico per concorso anomalo in omicidio volontario.

“Non c’è una condanna giusta, però dev’esserci un messaggio di giustizia”.

Queste le parole della madre Marina Conte pronunciate appena prima del processo d’Appello. Si tratta di un evento che fa presagire, forse, la fine di una triste storia della cronaca italiana. Tuttavia, i genitori di Marco non abbassano la guardia: ad aspettarli, il processo di Cassazione che deciderà definitivamente le sorti della vicenda.

Cosa accadde la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015

Marco Vannini, 20 anni si trovava nella villetta di Ladispoli (Roma) della fidanzata Martina quando venne raggiunto da un colpo d’arma da fuoco che gli trapassò il braccio bloccandosi nella schiena e provocando un’emorragia interna, avvenimento che risultò fatale solamente ore dopo. A spararlo, il padre della fidanzata Antonio Ciontoli. Secondo la versione di quest’ultimo, Marco si era dimostrato interessato alle armi che il soggetto aveva recuperato in bagno, ove si trovavano appunto la vittima con la fidanzata. Per errore sarebbe poi partito un colpo che, secondo l’imputato, avrebbe ferito Vannini al braccio.

La prima chiamata ai soccorsi avvenne una ventina di minuti dopo da parte di Federico Ciontoli e venne interrotta dalla madre Maria, solo per essere ripresa ancora una ventina di minuti dopo. Nel frattempo, la famiglia si adoperava ad estrarre il bossolo del proiettile dalla ferita e ripulire la scena del delitto con Marco ancora in vita ed agonizzante. Le sue urla verranno percepite ancora per un’ora. Sopraggiungerà infine l’elisoccorso per trasportare il ferito al Policlinico Gemelli: nulla da fare, Vannini muore alle ore 3 del 18 maggio.

(Marco Vannini con la famiglia Ciontoli – fonte: thesocialpost.it)

L’iter processuale

La sentenza di primo grado del 14 aprile 2018 aveva condannato Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale e la famiglia (esclusa Viola, fidanzata del fratello Federico presente quella sera ed assolta) a 3 anni per omicidio colposo. La volontarietà dell’omicidio sarebbe dipesa dall’omissione dei soccorsi e dal tentativo di ritardarne l’intervento, con la coscienza di causare la morte del ragazzo. La sentenza venne poi revisionata in grado d’Appello, ove i giudici dichiararono l’omicidio come colposo e ridussero la pena a 5 anni per il principale imputato. Tra le proteste della famiglia e dei manifestanti, la Cassazione decise di annullare la sentenza d’Appello il 7 febbraio 2020 ed ordinò un nuovo giudizio.

Si giunge così all’Appello bis, davanti alla Corte d’Assise, che ripristina l’originale condanna per Ciontoli e stabilisce una pena di 9 anni e 4 mesi per la famiglia con l’aggiunta del concorso anomalo, così come richiesto dal procuratore generale Vincenzo Saveriano durante la requisitoria del 16 settembre scorso. Si aspetta, infine, il giudizio di Cassazione.

(Marco coi genitori Valerio e Marina – fonte: thesocialpost.it)

Le parole degli avvocati

La settimana precedente al processo d’Appello Bis, l’avvocato difensore di Ciontoli, Andrea Miroli, ha indicato le richieste della famiglia come un tentativo di vendetta, “Ciontoli deve essere condannato per quanto ha fatto come richiede la giustizia”, ha aggiunto.

La risposta di Franco Coppi, difensore della famiglia Vannini, è giunta immediata: “Nessuna vendetta, non sappiamo che farcene del denaro. Per la difesa staremmo a speculare sul cadavere di Marco, per fare soldi sta scritto nell’intervento dell’avvocato Miroli che saremmo qui per vendetta. Strana lezione che viene da chi ha svuotato i conti, chi ha mentito fino alla morte di Marco, ha mentito ai familiari, ai soccorritori, strana lezione per chi ha tentato di corrompere il medico del pronto soccorso, inducendolo a commettere un reato”.

Il giudizio si è poi chiuso con la richiesta di perdono da parte di Antonio Ciontoli, non accordato dalla madre della vittima Marina che ha affermato che il perdono dovrebbe chiederlo a sé stesso.

“La giustizia esiste e non dovete mai demordere, dovete sempre lottare.”

E’ l’ultima dichiarazione rilasciata da Marina Conte, tra le lacrime di commozione, all’uscita dal processo.

 

Valeria Bonaccorso