La caserma degli orrori: torture, abusi, droghe e lesioni a Piacenza

Redazione Attualità
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Dopo mesi di indagini condotte dalla guardia di finanza per conto della procura della repubblica della cittá emiliana, é stato possibile ricostruire passo dopo passo l’esistenza di una vera e propria organizzazione criminale di cui facevano parte Giuseppe Montella, Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga, Daniele Spagnolo, Marco Orlando e Stefano Bezzeccheri. L’operazione denominata Odysseus ha portato alla luce all’interno della caserma Levante di via Caccialupo a Piacenza un sistema di corruzione, dallo spaccio di droga all’estorsione e lesioni personali. Sistema andato avanti nella vendita di droga anche durante la pandemia covid-19, nonostante la città di Piacenza fosse uno dei  centri più colpiti .FLASH Ndrangheta, 14 arresti tra Corsico e Reggio Calabria per ...

Operazione Odysseus

L’operazione Odysseus è nata a seguito del racconto di un militare, il quale durante una testimonianza alla polizia per un’altra inchiesta, si era ricollegato ad alcuni avvenimenti brutali della caserma Levante, raccontati da un uomo che li aveva subiti in prima persona. Le indagini durate sei mesi avevano riconosciuto tra le altre cose uno dei sei carabinieri accusati, a bordo di un auto con dei spacciatori al casello di Milano sud durante l’emergenza coronavirus. Questo è stato solo uno dei campanelli di allarme che hanno condotto la guardia di finanza a una maxi investigazione attraverso intercettazioni telefoniche.

Le intercettazioni

Un sistema di corruzione svelato grazie alle opere di intercettazione telefoniche e telematiche. Un captatore informatico installato sui dispositivi degli indagati, in modo da garantire l’accesso segretamente alle foto e alle conversazioni audio di quest’ultimi. Una rete di corruzione ruotante intorno allo spaccio di droga. Era Montanella stesso che si preoccupava di rifornire direttamente i pusher alle sue “dipendenze”acquistando ingenti quantitativi di stupefacente, chili in alcune occasioni, trasportati anche a bordo della sua auto fino all’abitazione degli spacciatori o in alternativa la droga sequestrata veniva presa dai carabinieri e data in parte all’informatore per compensarlo della soffiata e in parte agli spacciatori con i quali poi dividere i guadagni della vendita in piazza . Tra le intercettazioni si vede:

“Ho fatto un’associazione a delinquere ragazzi (…) in poche parole abbiamo fatto una piramide (…) noi siamo irraggiungibili”, aggiungendo: “Abbiamo trovato un’altra persona che sta sotto di noi. Questa persona qua va tutti da questi gli spacciatori e gli dice: “Guarda, da oggi in poi, se vuoi vendere la roba vendi questa qua, altrimenti non lavori” e la roba gliela diamo noi!”.

Riferimenti chiari che non lasciano spazio ad interpretazioni; è questo il quadro che si evince a seguito della maxi inchiesta ad opera della guardia di finanza.

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Modus operandi

Un modus operandi senza scrupoli che si conforma a ciò che dovrebbe reprimere, in virtù della divisa che si porta. Ed ecco che chi dovrebbe farci sentire al sicuro, far credere nelle istituzioni, ci lascia ancora una volta con l’amaro in bocca. Una lista lunga di reati, che non tiene conto di niente e nessuno, neppure una pandemia, che ha portato oltre un milione di morti; è riuscita a fermare i carabinieri di Piacenza. Mentre l’Italia era completamente bloccata quella che sarà denominata come la caserma degli orrori agiva liberamente fornendo autorizzazioni per gli spostamenti ai  fornitori, permettendo di raggiungere la piazza di Milano per comprare la droga. Droga che veniva depositata in un garage stando alle intercettazioni su Montanella. “Vabbè senti a me ascolta me, tu prendi questo, tanto v’ho messo il timbro”, dice il carabiniere. Era il 17 marzo quando l’autocertificazione è stata consegnata davanti alla stazione dei carabinieri di Piacenza Levante e il 19 marzo il galoppino è tornato con 3 chili di marijuana trasportati con la stessa auto con cui era partito.

Gli abusi di potere

Nell’ordinanza di arresto sono emersi oltre allo spaccio di droga, torture e lesioni all’interno della caserma. In particolare il pestaggio di un cittadino accusato e arrestato ingiustamente di spaccio di droga mediante prove false, organizzate appositamente per giustificare l’arresto. Emerse anche foto contenenti dei selfie con le persone che venivano maltrattate, oltre intercettazioni in cui si sente un carabiniere dare ordine agli altri di ripulire dopo un pestaggio. Sulle brutalità commesse dalla caserma emiliana è intervenuto anche il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, assumendo tutti i provvedimenti necessari e consentiti dalla legge nei confronti del personale  in questione.

 

Eleonora Genovese