Hunters: la vendetta ai nazisti è servita

Redazione Recensioni
REDAZIONE RECENSIONI
Recensioni
#caccia #cacciatori #ebrei #hunters #nazisti

Amazon Studios con Hunters si dimostra, ancora una volta, principale competitor di Netlix nel settore dei contenuti originali.

La serie sui cacciatori di nazisti, prodotta da Jordan Peele (sceneggiatore premio Oscar di Get Out) e nata dalla penna dell’esordiente David Weil, ci riporta nell’America degli anni Settanta minacciata da un’ondata di razzismo antisemita.

Fonte: Ciakclub.it

Jonah Heidelbaum (intepretato dal giovanissimo Logan Lerman) è un diciannovenne ebreo che vive con la zia Ruth (Jeannie Berlin) sopravvissuta agli orrori dell’Olocausto e ad una serie di tragedie familiari che l’hanno portata ad essere la sola tutrice del nipote.

Il turning point della serie è indubbiamente l’omicidio della zia che accende il desiderio di vendetta (motore dell’intera storia) di Jonah che sceglie consapevolmente di farsi giustizia da solo.

Il ragazzo scopre che l’omicida è un ex nazista, uno degli incubi della zia nel campo di concentramento.

Jonah viene così a conoscenza di un gruppo clandestino che dà la caccia ai nazisti emigrati negli Stati Uniti dopo le atrocità della guerra.

I Cacciatori sono capitanati dal carismatico Meyer Offerman (Al Pacino), che ha condiviso con Ruth la segnante esperienza dei campi di concentramento.

Fonte: Movietime.it

Sulla scia emotiva della vendetta, Jonah è sempre più attratto da Meyer, sempre più affascinato dal passato controverso e difficile che viene narrato mediante frequenti flashback, espediente narrativo che funge da collante empatico tra i due protagonisti.

Parallelamente allo snodo delle vicende drammatiche dei due ebrei, la trama nazista si sviluppa nell’ombra della malvagità più subdola: dare vita al Quarto Reich e riportare pericolosamente in auge l’ideologia ariana.

L’indagine federale condotta dall’agente donna afro-americana Millie Morris (incarnata da una convincente Jerrika Hilton) si intreccia inaspettatamente con la dimensione narrativa principale.

Emergono le scomode verità del caso Paperclipp, celate per troppo tempo dal Governo Americano che aveva dato protezione e nuova identità a tantissimi nazisti inseriti in importanti programmi governativo-scientifici della Nasa.

La show targato Amazon prova a dare delle risposte a temi complicati, così come è complesso il rapporto che Jonah instaura col sentimento di vendetta.

La spinta nichilista di Meyer, che mira ad annientare i nazisti per vendicarsi ed espiare al tempo stesso le proprie colpe, è bilanciata dal temperamento di Ruth più riflessivo per quanto concerne le delicate questioni dell’anima e della propria coscienza, che non vanno di certo gestite trasformandosi nel mostro che si combatte.

Sarà questo precario equilibrio a guidare le azioni di Jonah e a forgiarne la tempra combattiva.

Vivere “bene” è la miglior vendetta. Ma volte è altrettanto vero che la vendetta è la miglior vendetta.

Fonte: Skycinema.it

Hunters mostra, fin dalla primissima scena, un clima pop surreale attraverso una fotografia accesa, che colora l’ordinarietà di un inizio che è tutto fuorché normale: il senatore Biff Simpson stermina tutti i presenti, moglie e figli compresi, e ricorda all’ebrea (con un sadismo crudele che solo i nazisti più convinti possono avere) che il Quarto Reich è più vivo che mai e che i suoi componenti sono disposti a tutto per difenderne la causa.

La costruzione di un fantomatico Quarto Reich, la purezza della razza e la loro infiltrazione nelle istituzioni diventano occasione narrativa per esplicitare stereotipi, che più che a minacce somigliano a riferimenti fumettistici.

L’eccezione che conferma la regola è impersonata da Travis (Greg Austin), un americano (imprevedibilmente folle e malvagio, che conferisce alla serie alcuni riferimenti pulp) fedele all’ideologia nazista che rappresenta l’unica concreta minaccia per Jonah e per gli altri Cacciatori.

Fonte: Hallseries.it

David Weil esordisce con Hunters nelle vesti di showrunner e di unico sceneggiatore.

La serie nasce dall’urgenza comunicativa di Weil di raccontare una storia che onorasse la memoria della nonna Sara, sopravvissuta ai campi di concentramento di Auschwitz e Bergen-Belsen.

Infatti, gli elementi più validi dello show risultano essere il rapporto tra Jonah e la nonna Ruth, i flashback sull’Olocausto e la rappresentazione forte della cultura ebraica che pervade l’intera stagione.

Rimane il fatto che la maggior parte dei personaggi pare indossare senza efficacia maschere prese in prestito che non instillano la scintilla necessaria a creare alchimia tra spettatore e trama.

La seconda stagione, che dovrebbe arrivare sulla piattaforma di Jeff Bezos, dovrà essere  più convincente della prima, sicuramente buona, ma colpevole di non aver saputo soddisfare le aspettative.

Antonio Mulone